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Cronaca Macerata

Macerata, Procura: "Ergastolo per Oseghale: ha ucciso Pamela perché voleva fuggire"

Macerata, Procura: "Ergastolo per Oseghale: ha ucciso Pamela perché voleva fuggire"

La penultima udienza prima della sentenza di primo grado nei confronti di Innocent Oseghale si è aperta con l'accoglimento, da parte della Corte d'Assise, dell'istanza della difesa volta alla richiesta di accesso, per esigenze difensive, all'appartamento in via Spalato a Macerata. 

Quello di oggi è il giorno delle requisitorie del PM Stefania Ciccioli, del Procuratore di Macerata Giovanni Giorgio, della parte civile della famiglia Mastropietro, della parte civile Villa Potenza e della parte civile del Comune di Macerata. È stato presente in aula anche il Questore di Macerata, il Dottor Antonio Pignataro. 

Il Pm, nella sua arringa, dopo aver ripercorso le ultime ore di vita della 18enne romana, come è stato possibile stabilire, nel corso delle indagini, dalle testimonianze e dalle telecamere della città e dei luoghi pubblici in cui Pamela ha avuto accesso, è passato poi alle conclusione della propria tesi. 

"C'è la presenza inequivocabile, sui resti della vittima, di lesioni inferte in vita - ha spiegato la Ciccioli -: le due lesioni nella parte basale dell'emitorace destro. Secondo le risultanze medico-legali che si sono succedute durante le udienze del processo nei confronti di Oseghale, la morte di Pamela Mastropietro è da attribuirsi, per certo, alle due lesioni da arma bianca di punta e taglio che hanno interessato il decimo e il nono spazio intercostale. Una tesi avvalorata dai segni di infiltrazione emorragica e dall'assenza del diaframma, utile a comprendere i termini di tali lesioni, e che l'imputato ha volutamente fatto sparire. Tali lesività hanno svolto un ruolo determinante ed essenziale nelle cause della morte di Pamela Mastropietro."

"Ci sono caratteri macroscopici e microscopici che dimostrano il fatto che le ferite siano state inferte in vita - ha proseguito il Pm -. Le due lesioni interessano una zona vitale che causa una emorragia, per la quale, nel giro di 20 minuti, si raggiunge la morte per schock ipovolemico se non si viene curati. A livello microscopico, l'attuazione del funzionamento dei leucociti neutrofili testimonia uno stato del corpo umano che avviene quando un corpo esterno è introdotto nello stesso, ancora in vita. Caratteri che sono stati confermati da tutti i medici legali che sono entrati in contatto con il cadavere, anche dallo stesso Dottor Cacaci, medico della difesa che si è deciso di non sentire in aula - ha proseguito la Ciccioli -. Le indagini immuno istochimiche con i tre marcatori hanno ancora evidenziato la reazione vitale delle ferite."

"Parliamo di una robustezza scientifica duplice della diagnosi di vitalità delle ferite inferte a Pamela e possiamo escludere con serena certezza la morte per overdose - ha proseguito il pm -. L'intossicazione letale da eroina, che è un derivato della morfina, deve raggiungere dei valori che portino a una soppressione respiratoria. La letteratura utilizzata dal Dottor Froldi per risalire alla quantità di morfina nel sangue, indica una concentrazione della morfina stessa talmente bassa da essere incompatibile con l'idea dell'overdose in quanto si attesta su quelle che sono le dosi farmacologiche, le quali non possono provocare reazione tossica." 

"Tale tesi che esclude l'overdose, è esclusa anche da elementi macroscopici in quanto non ci sono organi che sono stati intaccati da un edemapolmonare - ha proseguito la Dottoressa -: i polmoni di Pamela erano rosei e con un peso normale; i visceri non erano congesti e il cervello non era ematoso. Non vi è stata quindi overdose."

L'arringa del pm si è poi concentrata nel dettaglio sulle due ferite, "due lesioni avulse, che non hanno nulla di logico e coerente con l'attività di depezzamento che lo stesso Oseghale ha confessato di aver eseguito - ha spiegato -. Le due coltellate sono state infatti inferte nel raptus omicida di Oseghale e non sono da attribuirsi al momento della disarticolazione, eseguita nel dettaglio. Una tesi avvalorata dalle immagini fotografiche proiettate in aula nel corso delle udienze. Il deprezzamento consta di tagli da sezione mentre le lesioni mortali sono dei tagli da infissione, cioè penetranti."

"L'imputato ha anche fatto sparire l'unica parte che poteva ricostruire i tramiti dei fendenti e cioè il diaframma - ha spiegato la Ciccioli -. Pamela è morta dissanguata, non ricevendo alcun tipo di soccorso e Oseghale ha cercato di nascondere le prove della sua responsabilità in vari modi: eliminando tutto il sangue e lavando tutto con la varechina. Una attività manipolatoria posta in essere dall'imputato sul cadavere."

"Attività eseguita dalla stesso anche nelle intercettazioni ambientali in carcere a Marino del Tronto e Montacuto, durante le quali Oseghale ha sempre cercato di sviare le indagini con dichiarazioni contraddittorie - ha spiegato la Dottoressa -. Pamela è stata inoltre costretta con violenza ad avere un rapporto sessuale con l'imputato, che ha anche contattato Desmond e Awelima chiedendo loro se fossero interessati ad avere un rapporto con una donna bianca, come dimostrato dalle intercettazioni. Il rapporto sessuale è stato infatti acclarato dai tamponi vaginali, sulla bocca e sul cavo orale della vittima."

"Pamela era sotto l'effetto della sostanza inoltre e quindi non ha mai potuto esprimere un valido consenso sull'atto sessuale - ha proseguito il pm -. La ragazza è stata uccisa perché voleva sottrarsi a tutto ciò che stava avvenendo nell'appartamento di Oseghale,  che ha anche negato di aver avuto rapporti con lei all'interno dell'abitazione. La violenza è stata compiuta abusando della inferiorità psichica della vittima, che l'imputato conosceva bene. Oseghale ha infatti approfittato della condizione di bisogno dell'eroina per avere da lei dei favori sessuali. Pamela ha rifiutato il rapporto e Oseghale non gli ha permesso di uscire, l'ha segregata addirittura in casa, quando lei voleva tornare a Roma." 

"Non ci sono purtroppo testimonianze dirette di quanto accaduto ma solo quella di Oseghale, il quale più volte ha cambiato le sue versioni, mentendo - ha esordito il Procuratore Giorgio durante la sua requisitoria -. Abbiamo però la dichiarazione di un ex collaboratore di giustizia che non è condizionata da interessi per benefici."

"Oseghale ha negato di aver visto il corpo nudo della vittima, ma al Marino confessò che la 18enne romana aveva molti nei sui seni e sulla schiena - prosegue Giorgio -. L'imputato durante gli interrogatori disse anche di aver avuto un solo rapporto con Pamela a Fontescodella. Anyanwu confessò invece che l'imputato gli aveva riferito di aver avuto un rapporto sessuale completo con la vittima nella sua abitazione.  L'imputato ha sempre visto la vittima come uno strumento per soddisfare la sua voglia sessuale. Ha modificato, nel corso del tempo, le sue versioni, pensando di sottrarsi ai capi a lui imputati e mettendo in atto, insieme anche ad Awelima, una "cultura omertosa."

"Le modalità sadiche inoltre sono poco compatibili con tale delitto in quanto il cadavere di Pamela è stato tagliato in modo difensivo (a voler cancellare le tracce del reato) e non offensivo (testimonianza di un odio profondo e di uno spirito aggressivo)" - ha aggiunto il Procuratore. 

"Oseghale ha avuto un rapporto sessuale in casa con la vittima dopo che la stessa ha assunto eroina ed era quindi in uno stato di torpore, come raccontato dal Marino - ha continuato Giorgio -. L'imputato è poi uscito di casa, chiudendo a chiave la porta e lasciando la giovane vittima in casa mentre dormiva. La vittima si è quindi svegliata e, accortasi di essere stata chiusa in casa, verosimilmente ha reagito e una volta trovatasi faccia a faccia con l'imputato, rientrato in casa, è iniziata la colluttazione. La diciottenne romana ha detto a Oseghale che se non l'avesse fatta uscire, lei lo avrebbe denunciato. È quindi iniziata una colluttazione e lei ha graffiato sul collo l'imputato (il DNA di Oseghale è stato trovato sotto le unghie della mano destra di Pamela Mastropietro). Lui a quel punto ha inferto la prima coltellata alla ragazza. Come poi raccontato dal Marino, Oseghale ha iniziato a fare a pezzi Pamela ma accortosi che era ancora viva le ha inferto la seconda coltellata, che, insieme alla prima, è stata la causa della morte della 18enne romana." 

La Procura, in conclusione, ha richiesto l'ergastolo per l'imputato e 18 mesi di isolamento diurno, senza le attenuanti generiche in quanto l'imputato "è stato protagonista di mandaci dichiarazioni, scaricando all'inizio la colpa su Lucky Desmond è accusando anche gli agenti di polizia penitenziaria di averlo picchiato."

 

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