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Cronaca Attualità Camerino

La denuncia di un ex detenuto: “A Camerino eravamo in 13 in 19 metri quadri"

La denuncia di un ex detenuto: “A Camerino eravamo in 13 in 19 metri quadri"

“Vivendo per tre mesi nel carcere di Camerino, ha rimpianto il carcere di Poggioreale.” Lo dice il signor Giuseppe, ieri sera in collegamento telefonico con “Radio Carcere”, la trasmissione di “Radio Radicale” condotta da Riccardo Arena.

Trentasette anni, ex tossicodipendente, Giuseppe ha trascorso tre mesi nel carcere di Camerino ed è uscito di prigione lo scorso 23 dicembre. La sua testimonianza arriva a una settimana dalla relazione sulla giustizia del Ministro Andrea Orlando, in cui ha affermato che in Italia “nessun detenuto è sistemato in uno spazio inferiore ai 3 metri quadri previsto dalle raccomandazioni europee”.

Giuseppe non la pensa proprio così. “Sono stato per un periodo in una cella di 19 metri quadri con 13 persone, poi in un’altra che aveva una capienza per due persone, ma eravamo in quattro”. Giuseppe ha vissuto, quindi, in circa un metro quadro e mezzo su letti a castello di tre piani, che spesso arrivano fino al tetto e da cui più di un detenuto nelle carceri italiane spesso cade provocandosi ferite.

Come si vive in una cella sovraffollata? Giuseppe racconta che non si vive proprio bene.

Le ore d’aria in cui Giuseppe aveva più di un metro quadro e mezzo erano 9, le altre 15 le passava in cella. “La sera dopo cena ti sentivi male perché  non potevi fare niente, e non facevi niente nemmeno il giorno, perché nelle ore d’aria potevamo solo passeggiare nel corridoio del carcere, nell’ozio più totale”.

Stare in una cella stretta e non poter nemmeno respirare: “Io non fumo ma mi hanno messo in una cella fumatori anche se soffro d’asma.” E non solo: mangiare o lavarsi, tutto diventa un problema. “Il cibo era zero, scadente e tutte le sere solo brodo e chi non ha soldi di cucinarsi in cella fa la fame. Per lavarsi avevamo 4 docce, ma ne funzionavano due e l’acqua era sempre fredda”.

Le celle del carcere di Camerino sono non solo strette, ma anche umide e vecchie, e soprattutto prive di luce. “Le celle sono buie perché le finestre sono alte e oltre alle grate ci sono le reti metalliche che non fanno arrivare la luce. Vivevamo con la luce sempre accesa che ci faceva male agli occhi.” Sembra che il sole sul carcere di Camerino non sia mai arrivato. “Anche il cortile dell’ora d’aria era molto piccolo - racconta Giuseppe - e non entrava il sole perché le mura sono alte, non ci andava quasi nessuno tranne 4 persone a giocare a biliardino.”

Il tempo nel carcere di Camerino, come in tanti altri istituti italiani, non passa mai. “Tenevano le celle aperte ma stavamo tutto il giorno a fare nulla - racconta Giuseppe - non esisteva un’attività lavorativa utile e così quando esci dal carcere sei arrabbiato più di quando entri, perché non c’è niente che ti aiuti a reinserirti nella società.”

Il carcere di Camerino è un carcere piccolo e vecchio. Secondo gli ultimi dati del Ministero della Giustizia, aggiornati al 31 dicembre 2015, ospita 52 detenuti su una capienza regolamentare di 41 posti. E’ stato ricavato dalla struttura di un ex convento e ne ha ereditato gli spazi umidi e angusti. Ha una struttura a “L” con un corridoio interno su cui si affacciano 7 celle della sezione maschile, mentre al piano superiore sono situate 5 celle destinate alle donne.

Anche il Garante dei Detenuti della Regione Marche, Andrea Nobili, riconosce che “a Camerino ci sono problemi di carattere strutturale: mancano gli spazi per le attività fondamentali dal punto di vista dell’aspetto trattamentale”. Delle attività a Camerino esisterebbe anche, “ci sono corsi come teatro o yoga, ma resta il problema degli spazi - spiega Nobili - spesso la cappella dove viene celebrata la messa viene usata per tutto”.

Il Garante dei Detenuti delle Marche proprio questa mattina ha fatto visita al carcere di Camerino, insieme a una delegazione composta dall’Assessore regionale all’Ambiente, Angelo Sciapichetti, e ai consiglieri regionali Sandro Bisonni del Gruppo Misto, Marzia Malaigia della Lega Nord e Elena Leonardi di Fratelli d’Italia.

Sul fronte del sovraffollamento, denunciato da Giuseppe, il Garante parla di “una situazione adeguata dal punto di vista della popolazione carceraria di Camerino, con un leggerissimo sovraffollamento, ma niente di patologico”. Per Nobili “Orlando è nel vero nel dire che quasi nessuna realtà registra situazioni di vivibilità inferiori ai tre metri quadri. Anche nelle Marche con gli ultimi provvedimenti la situazione è migliorata.”

Ad oggi, non esisterebbero dunque problemi di sovraffollamento a Camerino. L’unico punto debole di cui parla il Garante, oltre al problema strutturale, è rappresentato dal sottodimensionamento del personale. “La polizia penitenziaria, al di sotto del numero regolare di 10 unità, - spiega il Garante - a fronte di 46 agenti che dovrebbero essere presenti nella struttura, e anche gli psicologi, che sono in sottorganico, come in quasi tutte le carceri italiane.”

Anche Giuseppe a “Radio Carcere” ha denunciato le difficoltà incontrate a Camerino dal punto di vista dell’assistenza psicologica. Lui, un ex tossico, come trattamento psicologico aveva ricevuto solo cure farmacologiche. “Quasi tutti nel carcere di Camerino avevano problemi di tossicodipendenza. - racconta - Mi hanno dato solo psicofarmaci come Tavor, gocce e tranquillanti, ma io li ho rifiutati perché stavo malissimo, invece gli altri detenuti si drogavano con gli psicofarmaci, che ti fanno dormire dalla mattina alla sera.”

La cura delle malattie dei detenuti diventa più difficile se la malattia è fisica, in questo caso a causa di problemi burocratici e organizzativi, non sempre le cure adeguate alle persone che vivono in cella riescono ad essere garantite. “Se una persona sta fuori dal carcere può scegliersi il medico specializzato in una determinata patologia - spiega Samuele Animali di Antigone Marche - invece un detenuto deve aspettare che la Regione assegni un medico al malato”.

E sempre Giuseppe a testimoniare quanto sia difficile curarsi in carcere: “Mi si era infiammata l’ernia al disco e mi hanno curato con la tachipirina, me ne davano 3 al giorno, ho chiesto altro ma mi hanno risposto che ‘le punture non le facciamo perché è vietato’.”

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