Il distacco d'intonaco nel Duomo antico di San Severino rischia di danneggiare il coro ligneo dell'Indivini
Un immenso patrimonio di arte e di fede danneggiato dalle scosse di terremoto di queste settimane. Le chiese di San Severino Marche fanno i conti con il sisma. Gran parte di esse risulta inagibile. Difficilissima la conta dei danni perché al momento l’emergenza, che è ancora in atto, consiglia anzitutto di tentare di salvare il salvabile e cioè le tele, i polittici e le tante opere custodite in edifici scampati per miracolo alla furia devastatrice del 1997.
La minaccia di crolli è ovunque evidente e se le strutture, di cui è disseminato il territorio settempedano, dovessero collassare il rischio è che nel cumulo di macerie possano finire anche opere d’arte e arredi di valore inestimabile. Piccoli crolli proprio in questi giorni hanno interessato, miracolosamente sfiorandolo, il prezioso coro ligneo intarsiano da Domenico Indivini e custodito all’interno del Duomo antico di Castello al Monte. Il distacco di parte dell’intonaco dalla navata centrale, proprio dietro l’altare, è però assai evidente.
Riaperto nel giugno del 2010, dopo un lungo restauro durato praticamente vent’anni, il Duomo è stato subito chiuso al culto in via precauzionale e il coro verrà presto messo in sicurezza. Altissimo è il suo valore visto che è considerato dagli esperti un manufatto di riferimento per la comprensione dell’evolversi dell’arte dell’intarsio in area umbro marchigiana al passaggio fra Quattrocento e Cinquecento.
“Il primo documento d’archivio in cui compare il nome di Domenico Indivini quale artefice del coro della chiesa di San Severino - come racconta lo storico settempedano Raoul Paciaroni in una pubblicazione dedicata proprio all’antico manufatto - risale 1483. Il maestro a quella data aveva alle spalle un’affermata attività di intagliatore e gestiva un’avviata bottega”.
Il coro dell’Indivini ha subito, attraverso i secoli, trasferimenti, mutilazioni e restauri: “I diversi interventi del passato hanno contribuito a rendere estremamente difficoltosa la lettura del manufatto che nella storia critica è sempre stato considerato come organismo ligneo unitario. Quantunque non possa gareggiare con quello della chiesa superiore di San Francesco in Assisi – conclude comunque Paciaroni nel suo studio – il coro sanseverinate rivela tuttavia il progresso e la maturità spirituale dell’artista e rappresenta uno dei momenti più felici della sua arte, improntata al nuovo spirito del classicismo, ma attaccata ancora per alcuni aspetti all’arte gotica.
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