Green Pass, ecco come i giovani marchigiani falsificano le certificazioni
"Per entrare nei locali della movida utilizziamo dei Green Pass falsi, nessun ristoratore può verificarne l'identità". Questa la denuncia fatta da alcuni ragazzi e raccolta ai microfoni di Picchio News sulla truffa che consente loro l'accesso ai club e ai ristoranti più in voga della città e della riviera.
Dopo l'intervento dello scorso agosto da parte della Polizia Postale per la chiusura di 32 gruppi Telegram e i truffatori del Green Pass truffati a loro volta da alcuni hacker che promettevano il rilascio di un fac-simile della certificazione divenuta obbligatoria anche sul posto di lavoro dallo scorso 15 ottobre, i furbetti continuano a imperversare.
E se alcuni medici tra Roma e Genova risultano indagati in seguito alle operazioni dei Nas per il rilascio di certificati falsi, i giovani cercano di adattarsi al sistema nella sua forma più incancrenita. Non per andare al lavoro, in questo caso, ma per uscire e divertirsi. Con Green Pass falsi.
"Il gioco è semplice - racconta Matteo, nome di fantasia - basta fare uno screenshot di un Green Pass dei nostri genitori o di nostri amici. Al momento della richiesta nel locale di turno, lo esibiamo al ristoratore e riusciamo ad accedere all'interno anche se non siamo vaccinati. E sinceramente non mi sento in colpa per questo".
Ma sembra essere una abitudine diffusa tra tanti ragazzi, che giustificano questo reato con le restrizioni alla socializzazione: "A scuola ne parliamo parecchio tra di noi - spiega Alice, nome di fantasia - ma se ho paura di vaccinarmi allora devo rinunciare ad avere una vita sociale e pagare tamponi ogni due giorni? Questo è il motivo principale per il quale usiamo Green Pass falsi".
Cosa rischiano davvero? Chi viola l’obbligo di esibire la certificazione verde può incorrere in severe sanzioni amministrative (da 400 a 1000 euro, sia per il singolo cittadino che per l'esercente) o in un processo penale. Chi falsifica il Green Pass rischia di incorrere nel reato di falsità materiale commessa dal privato, che prevede la pena della reclusione da sei mesi a tre anni, ridotta fino a un terzo.
"Si tratta di una abitudine che potrebbe effettivamente essere in voga tra alcuni gruppi di ragazzi - conferma il comando dei Carabinieri di Macerata - ma stiamo intensificando i controlli in tutti i locali della provincia per evitare il reiterarsi di un reato che mette a rischio la salute pubblica".
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