"Caro Adriano, la vita corre più dei sogni di un ragazzo": Machella ricordato dagli amici
La scoperta del corpo di Adriano Machella giovedì scorso alle grotte di Santa Sperandia, totalmente carbonizzato, ha lasciato profondamente addolorate le tante persone che lo conoscevano. Oggi pomeriggio sul cadavere dell'uomo si è svolto l'esame autoptico condotto dal dottor Antonio Tombolini: la salma sarà presto restituita alla famiglia per poter predisporre i funerali.
Il farmacista maceratese che si è dato fuoco per farla finita era molto conosciuto ma da tempo soffriva di una depressione che non lo lasciava più vivere. Un post sui social di un amico di infanzia, ha toccato l'animo dei tanti amici che, attoniti di fronte a tale gesto, ora si chiedono se si potesse evitare una fine così tragica.
Il ricordo che ci accingiamo a pubblicare è un ricordo profondamente razionale quanto struggente, dipinge un Adriano ragazzino taciturno e molto intelligente. Ricorda i tempi spensierati in cui insieme raccoglievano ciliegie dall'albero e i tempi in cui Adriano si era avvicinato all'atletica leggera e aveva scoperto di essere forte. Parole leggere e delicate dedicate da un amico per un amico, ma pesanti come mattoni.
"Nel tempo delle ciliegie Adriano è morto, si è dato fuoco. Era un compagno della banda dei ragazzini delle case popolari, una banda vivacissima, chiassosa, giocosa, intraprendente, fantasiosa.
In questi giorni si partecipava regolarmente al “mese di maggio” che si recitava in uno dei garage dei cinque palazzi popolari, scelto a turno anno per anno. Al termine dell’orazione, col favore delle tenebre, si andava a ciliegie, quelle che rimanevano perché non resistevamo a farle fuori già dalla prima decade del mese, quando appena prendono colore.
Nella banda Adriano, che aveva un paio d’anni in più della media, era il più misurato, acuto, taciturno, come fosse già grande. Non faceva mai questione con nessuno, invece tra noi altri ragazzini i cazzotti si sprecavano così come l’amore.
I nostri padri erano tutti, come si dice, “proletari”, faticavano, tanto, e noi figli eravamo la loro unica ricchezza. Suo padre era falegname, bravissimo, (quando ero ormai grande a me fece in legno il primo mixer luci nel quale l’amico Pino impiantò i cursori).
Adriano scoprì che era forte nella corsa, ricordo una delle sue prime gare, noi ragazzi avevamo organizzato la festa rionale nella quale c’era anche una corsa che partiva dalle case popolari andava giù per Pisciacavalli e poi Villa Potenza, risaliva su per la Corta per ritornare in via Panfilo, io seguivo la corsa come giuria col mio dingo giallo. In partenza Pascocci detto l’Etrusco scattò come per una volata dei 100 metri, dopo 25 metri, dietro la curva, si fermò esausto.
C’erano molti concorrenti, ma Adriano a Pisciacavalli già falcava solitario al comando, aveva una falcata ampia e potente. Adriano continuò a vincere tante e tante gare, divenne il nostro esempio sportivo, si allenava e vinceva. Studiò farmacia, roba tosta.
Poi la vita corrente, che corre talvolta più dei sogni di un ragazzo.
Caro Adriano ti lasceremo qualche ciliegia sulla pianta in questa fine di maggio."
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