Prosegue la lenta discesa dell'incidenza di casi da coronavirus ogni 100mila abitanti nelle Marche: nell'ultima giornata 1.271 positivi e incidenza che passa da 684,49 a 660,31.
Ancora vicina al 40% (37,3%) la percentuale di casi tra i tamponi del percorso diagnosi (4.962) . Resta la provincia di Ancona quella che fa registrare il maggior numero di positivi (396); seguono le province di Macerata (299), Fermo (193), Pesaro-Urbino (189), Fermo (165); 39 i casi da fuori regione.
Sono 215 i soggetti con sintomi, 519 i contatti stretti di casi positivi, 286 i contatti domestici, 6 i positivi in ambito scolastico formativo, 3 i contatti in ambiente di vita socialità, 233 i casi in fase di approfondimenti epidemiologico.
È ancora la fascia d'età 25-44 anni a registrare il numero più alto di positivi (348) seguita da 45-59 anni (293): da sole costituiscono la metà dei nuovi contagi fatti registrare nelle ultime 24 ore. Stabile, invece, il numero di nuovi casi nelle fasce 6-10 anni (99) e 14-18 anni (110).
(Servizio in aggiornamento)
Nell’ultima conferenza stampa, il Consiglio dei Ministri presieduto da Mario Draghi si è espresso condannando nuovamente le azioni del Cremlino nei confronti dell’Ucraina e assicurando che il nostro Paese sa già come reagire all’impatto economico che l’attuale crisi geopolitica avrebbe sulle tasche degli italiani per via del ‘caro bollette’.
La soluzione prospettata per il rincaro dell'energia? Maggiori investimenti nelle rinnovabili, per rendere l’Italia un paese più autonomo entro il breve termine.
Di fatto, però, le argomentazioni del premier non reggono. Consideriamo i tre assiomi principali sui quali queste si basano e che abbiamo già citato: il triangolo Ucraina, Russia e Ue, le sanzioni economiche, l’incremento degli investimenti nelle rinnovabili.
Draghi, nel suo appello, esordisce dicendo “l’Ucraina è un paese europeo”. No. L’Ucraina, almeno per ora, rimane uno Stato indipendente, conteso per ragioni di mercato dai due blocchi mondiali USA e Russia.
Quest'ultima, forte dell’esperienza pregressa della Crimea, era tornata già nei primi anni 2010 ad esercitare le sue pressioni. Nella fattispecie, di fronte alla proposta dell’Ue di un “accordo di associazione” – volto a favorire l’annessione dell’Ucraina con la formula del libero scambio – il Cremlino rilanciò alla fine del 2013 con l’Unione doganale. In caso di rifiuto, l’Ucraina si sarebbe vista chiudere i rubinetti del gas e i rapporti commerciali per i quali già dipendeva per un terzo dall'ex Unione Sovietica. I primi segnali, infatti, furono lo stop delle importazioni di acciaio, cioccolato e diversi altri prodotti.
Risultato: l’allora presidente ucraino Viktor Janukovyč fu costretto a cedere, e la scelta favorì ulteriormente i rapporti commerciali fra Kiev e Mosca, oltre alla graduale ascesa dei collaborazionisti filo-russi. Uno schema sostenuto anche dallo strumento della "battaglia mediatica" che – si pensi alla strage di Odessa del 2014 – alimentò la retorica politica attraverso l'utilizzo improprio di espressioni come “genocidio del popolo russo”.
La stessa formula di cui Putin si è servito negli ultimi giorni per giustificare l’inizio dell’operazione militare speciale. "Per liberare i popoli di etnia russa dal governo Zelensky".
Per quanto riguarda, invece, le famose sanzioni minacciate dall’Ue nei confronti di Mosca, anche qui il discorso non regge. La loro utilità, infatti, è già da tempo messa in discussione dalla presenza all'interno del mercato mondiale dei cosiddetti “cavalieri neri”. Si tratta di tutti quegli stati e imprenditori che, nonostante i provvedimenti, continuano ad avere rapporti commerciali con il paese sanzionato.
Non solo. Le sanzioni oggi sono l’espediente migliore per condurre una guerra senza doverla combattere, ma funzionano di fatto solamente in un paese democratico. Cioè, laddove una stampa e un’opposizione libera siano in grado di fare pressione sul proprio governo affinché cambino le azioni politiche in corso. Ragionamento che, quindi, non vale in un paese dove vige un regime autarchico, o comunque una dittatura.
Piuttosto, queste "multe" finirebbero con il colpire solamente le fasce più deboli della popolazione, con il risultato di impoverirla. E questa, per sentirsi al sicuro, non farà che stringersi ancora di più attorno alla figura politica da cui è governata. Poiché è l’unica a garantire in quel momento storico il minimo del sostentamento per sopravvivere.
In ultimo, l’auspicio del presidente Draghi è di "mettere in campo quasi 8 miliardi di cui 6 per l'energia, senza rincorrere a nuovi scostamenti, e utilizzando i margini di crescita e finanza pubblica ottenuti nel 2021". Questo per sopperire al ‘caro bollette’ e, quindi, agli effetti che il rincaro dell’energia avrebbe nei prossimi mesi sulle finanze degli italiani. Il problema è che questi 8 miliardi non si sa ancora da dove verranno pescati. Soprattutto alla luce del fatto che il fabbisogno energetico dell’Italia dipende per tre quarti dalle importazioni. Comprese le rinnovabili.
Non serve, in questo senso, nemmeno appellarsi a una maggiore importazione del GNL (gas naturale liquefatto) che, sebbene proveniente dagli Stati Uniti, è soggetto agli accordi fra questi e la Cina. A sua volta legata, come si sa, alla Russia - che peraltro in queste ore funge da àncora di salvezza rispetto alle sanzioni dell'Ue.
Persino le argomentazioni addotte in contemporanea dai ministri Cingolani e Giorgetti, se ben viste, non fanno ben sperare in questa “pezza” del Governo buona solo sulla carta. Gli interventi per accelerare la costruzione di impianti fotovoltaici, eolici, geotermici e produrre da sé gas naturale dovranno tenere conto dei costi e, quindi, degli investimenti da effettuare, oltre che della risposta che daranno le singole regioni a livello legislativo e di impatto ambientale.
E in merito a un ipotetico miglioramento delle esportazioni nostrane, anche qui bisognerà vedere come gli “Stati che contano sul mercato” risponderanno,alla luce dei nuovi, inevitabili accordi commerciali. Nulla di quanto discusso, insomma, potrà essere di fatto attuato nel breve termine, come il nostro governo. L’unica certezza è che persino l’attesa avrà un costo salato per gli italiani.
Continua la "costante regressione della curva epidemica nelle Marche" con un miglioramento degli indicatori che potrebbe, secondo ipotesi di stima della Regione, riportare già da oggi la regione entro i parametri da zona bianca.
In attesa dei dati su ricoveri e delle percentuali di occupazione Covid dei posti letto, intanto, si registra un ulteriore calo dell'incidenza dei positivi ogni 100mila abitanti: in 24 ore 1.268 casi e incidenza che scende da 720,79 a 684,49.
I tamponi analizzati nell'ultima giornata sono 4.928 (3.524 nel percorso diagnostico, in cui si registra il 36% di positivi, e 1.404 nel percorso guariti). Dai test antigenici sono emersi 1.081 casi di positività. Tra i nuovi positivi 288 persone con sintomi, 419 casi di contatti stretti di positivi, 322 contatti domestici, 31 in setting scolastico/formativo, 3 in ambiente lavorativo, 5 in ambiente di vita/socialità, 2 in setting assistenziale e 1 sanitario; approfondimento epidemiologico in corso su 193 casi.
A livello provinciale, 374 positivi ad Ancona, 289 a Macerata, 200 ad Ascoli Piceno, 180 a Fermo e 178 a Pesaro Urbino; 47 casi da fuori regione. Il numero più alto di positivi ancora nella fascia 25-44 anni (347), seguita da 45-59 anni (310), 14-18 anni (114), 60-69 anni (106), 6-10 anni (90).
Ancora il discesa il numero di ricoveri per Covid-19 nelle Marche: 10 degenti in meno nell'ultima giornata. Restano ricoverate nelle strutture marchigiane 239 persone di cui 26 in Terapia intensiva (-1), 50 in Semintensiva (-2) e 163 in reparti non intensivi (-7). Quattro le persone decedute, tutte con patologie pregresse: si tratta di un 82enne e una 84enne di Tolentino, un 80enne di Fano e un 61enne di Porto Sant'Elpidio.
La Russia di Putin ha dato il via all’invasione dell’Ucraina con i primi bombardamenti. Un'operazione militare speciale – così come l’ha definita il leader del Cremlino – volta a proteggere i separatisti del Donbass. Ma che nel frattempo ha già scatenato le reazioni dell’UE, intenzionata a riccorere a pesantissime sanzioni economiche.
Ma a chi convengono queste sanzioni? Non all’Italia, che ad oggi è costretta a compensare tre quarti del proprio fabbisogno energetico con le importazioni – e solo il 20% fornito dalle rinnovabili. Sintomo di una forte dipendenza dall’estero e dai combustibili fossili come petrolio, carbone e gas naturale.
Il rischio maggiore per gli italiani, dopo gli ultimi sviluppi della situazione geopolitica a Oriente, è di riuscire a usufruire del Decreto Bollette 2022 solo per poco tempo, poiché a fare la differenza sarrano i futuri accordi commerciali tra gli Stati più forti.
Non solo: secondo le ultime dichiarazioni del ministro dell’Economia Daniele Franco, le nuove impennate sui prezzi dell’energia potrebbero avere serie conseguenze anche sull’applicazione del Pnrr.
Quanto peserà, dunque, il 'caro bollette' nelle finanze di famiglie e imprese italiane nelle prossime settimane? Dipende dalla sorte dei prezzi all’ingrosso nel mercato energetico, che nell’ultimo trimestre (ottobre-dicembre 2021) ha segnato un aumento delle spese del +55% per l’elettricità e del 41,8% per il gas naturale. Con l'assenza dei bonus sociali.
Ciò è giustificato dalla forte crescita subita dalle quotazioni internazionali rispetto alle materie prime. Detto altrimenti, nel 2021 il prezzo all’ingrosso dell’energia elettrica è arrivato a un +400%, quello del gas naturale a un +500%. Se fino al 2020 la spesa per famiglie e aziende era di 30 euro al MWh, a fine 2021 si è arrivati a 180euro al MWh.
L’ultimo Decreto Bollette varato dal governo per fornire agevolazioni e crediti d’imposta dovrebbe rappresentare di per sé una garanzia, una sorta di 'botte di ferro'. Ma il rischio di scontrarsi con un nuovo quadro geopolitico mondiale rimette in discussione ogni aspettativa. Soprattutto se si considera che l’Italia importa quasi il 40% del gas naturale necessario al proprio fabbisogno direttamente dalla Russia. Per conto proprio, riesce a produrne solo il 4,4%, più il 13,1% di GNL.
Nel frattempo, gli Stati Uniti, la Cina, la Germania, la Francia (i paesi con il maggior peso nel mercato energetico, oltre alla Russia) continueranno a stabilire le regole del gioco e della concorrenza. L’Italia invece, in mancanza di azioni volte a una maggiore autosufficienza produttiva, può solamente restare a guardare e aspettare.
(dati ARERA - Autorità di regolazione per energia reti e ambiente)
Brusco abbassamento delle temperature e nevicate anche a quote collinari: nel prossimo fine settimana l'inverno tornerà a bussare prepotentemente alla porta. È quanto si evince dal bollettino meteo della Protezione Civile della regione Marche.
LE PREVISIONI - Dalla serata di venerdì il transito di un fronte freddo porterà un peggioramento delle condizioni meteorologiche e un abbassamento delle temperature che perdurerà per tutta la giornata di sabato. Domenica, invece, si avranno soltanto fenomeni residui nelle zone alto collinari e montane.
Andando nel dettaglio delle singole giornate, per la serata di venerdì si assisterà all'arrivo di forti venti nord orientali con conseguente rischio mareggiate lungo le coste esposte. Proprio in ragione di ciò, la Protezione Civile ha diramato un'allerta meteo valida dalle 18 alla mezzanotte, in tutta la regione.
A partire dal pomeriggio, inoltre, si avranno dapprima deboli piovaschi sparsi che si tramuteranno in serata in veri e propri rovesci con limite delle nevicate in repentino calo da 1400 metri fino a 500-600 metri.
Precipitazioni diffuse sono previste anche per la giornata di sabato. Limite delle nevicate fissato attorno ai 600 metri nel settore centro settentrionale della regione, e attorno ai 300-400 metri nei settori meridionali. Temperature in calo, in particolare nei valori massimi. Venti che potranno toccare raffiche sino a burrasca nel crinale appenninico. Diffuse gelate si avranno nelle zone collinari e montane.
Domenica 27 febbraio il cielo sarà irregolarmente nuvoloso per il transito di strutture cumuliformi in ingresso dal mare. Copertura in diminuzione nella seconda parte della giornata, nelle zone collinari e costiere delle Marche. Precipitazioni deboli, in esaurimento dal pomeriggio, con limite delle nevicate attorno ai 600 metri. Il mare sarà molto mosso o agitato, mentre le temperature non avranno variazioni di rilievo.
Ancora giù l'incidenza di positivi al coronavirus ogni 100 mila abitanti nelle Marche: da 765,88 di ieri è passata nell'ultima giornata a 740,37. Sono stati rilevati 1.791 casi: 377 le persone con sintomi, 551 i contatti stretti di positivi, 458 i contatti domestici, 45 positivi in ambiente di scuola/formazione, 5 di vita/socialità, 3 in ambito lavorativo, due in ambito assistenziale e uno sanitario; 341 i casi su cui si sta svolgendo un approfondimento epidemiologico.
Resta alta la percentuale di positivi sui tamponi del percorso diagnostico: 41,9% su 4.273 analizzati; in tutto eseguiti 6.180 test che comprendono 1.907 tamponi del percorso guariti. Dai test antigenici sono emerse 1.456 positività. A livello provinciale 538 positivi in provincia di Ancona, 411 a Macerata, 292 a Pesaro Urbino, 262 a Ascoli Piceno e 233 a Fermo.
Sopra 100 casi giornalieri le fasce d'età 25-44 anni (537), 45-59 anni (346), 14-18 anni (156), 60-69 anni (142), 6-10 anni (126) e 19-24 anni (119).
(Servizio in aggiornamento)
Per quanto la percezione reale di un possibile conflitto tra Russia e Occidente possa essere relativo, esistono varie ragioni per cui ci si dovrebbe cominciare a preoccupare seriamente della crisi in Ucraina e dei suoi prossimi sviluppi. Soprattutto perché, nell’ipotesi peggiore, a rimetterci saranno soprattutto le tasche degli italiani.
Le conseguenze di un peggioramento dei rapporti fra Putin e l’Ue avrebbero, infatti, un grave impatto sull’economia nostrana, che molto dipende tanto da Kiev quanto dal Cremlino. Ad aggiungersi ci sarebbero anche le sanzioni “minacciate” dal presidente Ursula von der Leyen e - in maniera più timida - dallo stesso Mario Draghi. Sanzioni che, a conti fatti, farebbero solo male a noi.
Basti considerare che la Russia possiede alcune delle più grandi riserve mondiali di gas naturale e fornisce dal 1968 (ovvero 50 anni) l‘Europa occidentale e il nostro Paese. Più precisamente, il nostro primo fornitore è il colosso pubblico Gazprom, proprietario del gasdotto da 11 mld di dollari "Nord Stream 2". Lo stesso che nelle ultime ore la Germania ha ben pensato di chiudere – come sorta di “avvertimento” - dopo che Putin ha voluto riconoscere l’indipendenza delle repubbliche separatiste del Donetsk e del Luhansk, oltre che del Donbass.
Il problema è che, già all’alba della crisi Ucraina a fine gennaio, la fornitura di gas metano dalla Russia all’Italia era scesa del 43%, con conseguente impennata dei prezzi dell’energia e che ad oggi le famiglie italiane conoscono meglio come “caro bollette”.
Non solo. Le nostre regioni – comprese le Marche – sono al primo posto in Europa per importazione di gas naturale: circa il 42,5%, a differenza ad esempio di Germania (26%) e Francia (17%). Il prezzo da pagare per essere in ritardo sulle energie rinnovabili rispetto ai cugini d’oltralpe. Soprattutto perché ad aggiungersi ci sono anche i circa 2 miliardi di spesa import per i prodotti siderurgici.
E il paese principale dal quale dipendiamo per la fornitura di gas – dopo Azerbaijan (2%), Africa (5%), Paesi Bassi (5%) e Norvegia (19%) - è ancora una volta la Russia: circa il 30%, di cui il 26% passa direttamente dall’Ucraina. E non è ancora l’ultimo dei motivi per cui l’Italia non può permettersi una guerra mondiale – comunque la si guardi.
L’ultima analisi di Coldiretti ha evidenziato come, nelle ultime ore, siano volate anche le quotazioni internazionali del grano: + 5% in una settimana. Un dato pesante, visto che dalla sola Ucraina (già al terzo posto a livello mondiale come esportatore) noi ne importiamo annualmente 120 mln, più altri 100 dalla Russia (che da sola copre circa 1/3 del commercio mondiale).
Il tutto per sopperire a un Made in Italy che, di suo, copre a malapena il 36% della produzione. Un altro settore nel quale il nostro Paese si dimostra ancora una volta deficitario.
Uno scenario economico drammatico, che nei prossimi giorni potrebbe persino peggiorare e costarci più di 40 mld di euro. Tutto dipende da come l’Ue deciderà di contrastare l’avanzata del Cremlino, deciso a compiere nuove azioni con l’intento conclamato di voler sgretolare la Nato.
Insomma, l’ennesima guerra geopolitica combattuta – più che dai soldati sul campo – dalle Potenze Mondiali a colpi di prezzi, forniture e accordi.
"Siamo tornati 'gialli', abbiamo i numeri quasi da zona bianca ma dobbiamo evidenziare il fatto che in questo momento è assolutamente superato lo schema dei colori". Lo ha ribadito il presidente della Regione Marche Francesco Acquaroli rispondendo ai giornalisti a margine del Consiglio regionale.
"Le terapie intensive, l'area medica e gli accessi nei pronto soccorso - ha aggiunto - sono assolutamente sotto controllo. Credo che dobbiamo restituire alla nostra popolazione, già sotto pressione sotto molti punti di vista, un po' di serenità, di tranquillità dopo due anni difficilissimi".
"Sono stati due anni molto duri - ha aggiunto Acquaroli - nei quali, oggettivamente, in tante fasi, abbiamo visto una difficoltà nella quotidianità, negli accessi ai pronto soccorso, nelle strutture ospedaliere, nelle restrizioni, nelle difficoltà di tante attività economiche, nella socialità...però cerchiamo di guardare con ottimismo questa fase - ha detto ancora il presidente -, almeno per quanto riguarda la pandemia. Speriamo di aver lasciato alle spalle il periodo più brutto".
La Guardia di Finanza di Ascoli Piceno, al termine di accertamenti sui contributi erogati da un Comune della provincia, ha accertato responsabilità per danni erariali di oltre 286mila euro per presunte irregolarità riguardanti l'indebita percezione dei contributi.
In particolare, il Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria, su delega della Corte dei Conti-Procura Regionale presso la Sezione Giurisdizionale di Ancona, ha approfondito l'erogazione di contributo di autonoma sistemazione (Cas) a 23 persone, sgomberate dalle abitazioni a causa del sisma dell'agosto e dell'ottobre 2016.
Anomalie importanti erano emerse sin dai primi accertamenti finalizzati ad appurare la residenza: in particolare erano emersi consumi molto bassi di energia elettrica delle utenze degli immobili sgomberati, relativi all'anno precedente il sisma 2016.
Precise violazioni amministrativo-contabili sono state individuate in capo ai soggetti percettori dei benefici e oggetto di contestazione per la mancanza della stabile e continuativa residenza sul territorio comunale in data antecedente agli eventi sismici del 2016.
All’indomani de “il giorno della libertà” proclamato in Gran Bretagna dal premier Boris Johnson, anche l’Italia si prepara ad allentare ancora di più le ultime restrizioni. In molti domandano come nelle prossime settimane il governo Draghi – rispettando le direttive del Ministero della Salute – si comporterà nei confronti delle misure di sicurezza ancora vigenti e in fase di scadenza insieme allo stato di emergenza, fissato al 31 marzo.
Al momento, l’attenzione resta ancora alta in tutte le regioni, per le quali la valutazione finale dell’ultima campagna vaccinale e il progressivo calo dei contagi saranno fondamentali rispetto alle nuove decisioni. Il 1° aprile, dunque, potrebbe a tutti gli effetti essere il “freedom day” italiano, e segnare il definitivo percorso di ritorno alla normalità che vedrebbe come termine ultimo il 15 giugno – giorno in cui scade l’obbligo vaccinale per gli over 50.
Nel caso in cui il Consiglio dei Ministri non dovesse procedere al rinnovo dello stato di emergenza, ecco gli aggiornamenti sulle misure restrittive in scadenza il 31 marzo.
L’ultima ordinanza del Ministro Roberto Speranza ha confermato l’obbligo della mascherina Ffp2 anche per i prossimi mesi. Questo vale principalmente per gli spettacoli al chiuso, i teatri, i cinema, le sale da concerto, tutti i locali di intrattenimento e ovunque si svolgano competizioni sportive (come piscine e palestre).
L’obbligo, però, decade negli spazi all’aperto, soprattutto per quel che riguarda le consumazioni presso bar e ristoranti, per i quali il Ministero sta valutando l’ipotesi di abolire il green pass e di riconsiderare le misure in materia di distanziamento sociale.
Dal 1° aprile gli stadi potranno tornare alla capienza massima del 100%, mentre per alberghi, strutture ricettive, sagre, fiere e centri congresso scadrà il vincolo della certificazione verde rafforzata. Con la possibilità – secondo l’ala paerturista del governo – di revocarla del tutto allo scopo di favorire il turismo locale e iinternazionale in vista dell'estate.
La stessa formula, infine, potrebbe valere anche per il trasporto pubblico urbano e a lunga percorrenza (come i treni).
Sono 1.858 i nuovi contagi oggi nelle Marche (ieri 560), con i tamponi del percorso diagnosi-screening che sono stati 4.549 (ieri erano stati 1.330). La percentuale di positività oggi è del 40,8% (da 41,9%) e il tasso di incidenza cumulativa scenda a 820,16 (da 888,30). Questo quanto emerge dai dati giornalieri diffusi dall’Osservatorio epidemiologico, che confermano il trend di discesa dei contagi, dopo il ritorno - a partire da ieri - delle Marche in zona gialla.
Resta sempre Ancona la provincia con il maggior numero di positivi: 497. Seguono nell'ordine quelle di Macerata con 362 casi, Fermo con 340, Pesaro Urbino con 319 e Ascoli con 263. Sono 77 i nuovi positivi di fuori regione. Le persone con sintomi sono 408; tra i casi 547 contatti stretti di positivi, 414 contatti domestici, 38 in ambiente scuola/formazione, 6 in ambiente di vita/socialità, 3 in ambito lavorativo, due ciascuno in ambito assistenziale e sanitario; su 429 contagi è in corso un approfondimento epidemiologico.
Permangono ancora le classi di età 25-44 e 45-59 anni quelle in cui il virus continua ad infettare di più. Nelle ultime 24 ore hanno registrato rispettivamente 513 e 455 nuovi contagi: più della metà del totale. Tra gli under 18, il maggior numero di positivi continua a registrarsi tra gli alunni delle scuole elementari (bambini dai 6 ai 10 anni) che contano 173 casi.
Scende sotto quota 300 il numero di ricoveri per Covid-19 nelle Marche: nell'ultima giornata -9 degenti che porta il totale a 294 di cui 31 in Terapia intensiva (invariati), 65 in Semintensiva (+1) e 198 nei reparti non intensivi (-10); molto alto il numero di dimessi: 38.
Si registrano sette decessi correlati (persone con patologie pregresse) che fanno salire il totale di vittime nella regione a 3.568. Tre dei deceduti erano residenti in provincia di Ancona (un 69enne e una 98enne di Ancona, una 89enne di Camerano), due nel Maceratese (una 89enne di Civitanova Marche, un 92enne di Sant'Angelo in Pontano) e due in provincia di Pesaro Urbino (un 84enne di Fossombrone e un 87enne di Mondolfo).
Gli ospiti di strutture territoriali sono 186 e 20 le persone in osservazione nei pronto soccorso. Sale di poco il totale di positivi (23.073; +5) mentre è sensibile il calo dei casi e contatti in isolamenti domiciliare (22.499; -932). Intanto i guariti/dimessi arrivano a 292.364 (+1.846).
In tre distinti interventi eseguiti nelle aree portuali di San Benedetto del Tronto e di Porto San Giorgio, i finanzieri della Sezione Operativa Navale di San Benedetto del Tronto hanno sequestrato 180 chili di vongole pronte per essere commercializzate, benché prive della necessaria documentazione sanitaria.
Durante l'attività di controllo i militari hanno individuato nel porto di San Benedetto, un uomo che stava nascondendo nella propria auto 60 chili di vongole irregolarmente detenute, già confezionate in 7 retine.
Nel prosieguo dell'attività, a Porto San Giorgio, le Fiamme Gialle hanno sequestrato altri 70 kg di vongole detenute da due persone e anche in questo caso prive della prevista documentazione igienico-sanitaria.
Nella stessa zona portuale, nei pressi della banchina di sbarco dei molluschi bivalvi, i finanzieri hanno rinvenuto 50 kg di vongole prive di etichettatura o documentazione necessaria per la tracciabilità.
In tutti e tre i casi, le vongole erano pronte per essere immesse illegalmente in commercio, verosimilmente destinate alla vendita al di fuori del circuito ufficiale del mercato ittico nazionale.
Ai tre responsabili sono state elevate sanzioni amministrative da mille a 6.000 euro. Il prodotto ittico sequestrato è stato reimmesso in mare, previa certificazione da parte dell'autorità sanitaria veterinaria, per favorire il ripopolamento marino.
Arrivano altri 61 milioni euro dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (Pnrr) per la sanità marchigiana. Lo prevede la delibera approvata oggi dalla Giunta Regionale che riguarda la Missione M6C2: Ammodernamento del parco tecnologico e digitale ospedaliero, che comprende Grandi Apparecchiature e Digitalizzazione.
“La deliberazione della Giunta Regionale – ha detto l’assessore alla Sanità, Filippo Saltamartini – porta a completamento un processo di ammodernamento che proietta nel futuro il Sistema Sanitario Regionale: non solo strutture ma anche apparecchiature di ultima generazione e un sistema veloce in grado di supportarle”.
Nel dettaglio 27 milioni euro andranno a finanziare l’acquisto di 57 apparecchiature di ultima generazione in grado di effettuare esami sempre più approfonditi non solo in termini di cura ma anche di prevenzione.
Altro capitolo importante è quello dei 33 milioni di euro destinati alla digitalizzazione: serviranno a creare sistemi che siano più fruibili ai cittadini anche da remoto come Cartelle Cliniche Elettroniche, Prescrizione e Somministrazione Farmaci, Telemedicina.
Le interfacce utilizzate dai Sistemi Informativi Sanitari diversi saranno rese sempre in grado di comunicare tra di loro. Verranno introdotti ulteriori Sistemi Amministrativi Contabili anche per agevolare i pagamenti elettronici. A livello infrastrutturale verranno installati o potenziati Server, Network, Licenze, ma anche Sicurezza Informatica e Cybersecurity.
“Questi ulteriori investimenti serviranno a dare una risposta anche al problema delle liste di attesa per esami diagnostici e strumentali – conclude Saltamartini – uno degli impegni che abbiamo assunto con i cittadini marchigiani”.
La settimana dedicata alle eccellenze marchigiane è iniziata in anticipo questa sera, grazie a Marco Spinosi, AD dell’omonima azienda di pasta marchigiana di Campofilone che - nella splendida location dello Shangri La Hotel di Dubai - alla presenza del Vice Presidente della Regione Marche Mirco Carloni e del Ministro delle Politiche agricole alimentari e forestali Stefano Patuanelli, ha omaggiato i suoi ospiti con uno show cooking dedicato alla promozione degli “Spinosini”, uno dei prodotti d’eccellenza della produzione Spinosi.
In una splendida coreografia di musica e colori, gli invitati sono stati trasportati in un suggestivo viaggio sensoriale durante il quale il gusto della pasta, abilmente preparata davanti agli sguardi dei commensali, si è unito alla splendida cornice della magica Dubai, dove Spinosi è riuscito a coniugare sapientemente l’avanguardia ed il futuro con la tradizione e la storia.
L’evento è stato realizzato in collaborazione con le società YaYa, CEO Marco Virgili ormai da anni residente a Dubai ed Acanto, referenti in loco della Regione Marche per la settimana che inizierà ufficialmente con la conferenza stampa di domani mattina al Padiglione Italia di Expo 2020.
Di seguito, il video:
"Oggi è la Giornata Nazionale del personale sanitario, sociosanitario, socioassistenziale e del volontariato, da due anni in prima linea nella lotta alla pandemia - si legge nell'ultimo post Facebook pubblicato dal presidente della Regione Marche, Francesco Acquaroli.
Il numero uno di Palazzo Raffaello ha voluto in questa modalità rendere omaggio a tutti gli operatori sanitari che si sono distinti nell'arco della pandemia per l'assistenza e l'abnegazione nei confronti della società. Nonostante le molte difficoltà che hanno messo a dura prova la Sanità tutta.
"Fin dai primi momenti pieni di incertezza e di paura, senza risparmiarsi, con grande impegno, professionalità e sacrificio, sono stati determinanti per assicurare assistenza alla popolazione - prosegue il messaggio di Acquaroli - A tutti loro vanno la nostra riconoscenza e la gratitudine".
"Se il governo non ascolta la richiesta dei territori andiamo a sbattere - ha dichiarato in un comunicato l'ex assessore regionale Angelo Sciapichetti -. Il parere negativo espresso all'emendamento inserito nel decreto milleproroghe in cui alcuni parlamentari del Pd (Morgoni, Morani, Pezzopane, Verini ecc.) chiedevano la sospensione dei mutui a carico degli enti locali lascia stupefatti e rischia di mettere in ginocchio definitivamente i comuni del cratere sismico.
Il grido di allarme fatto proprio dai sindaci del cratere di ogni colore politico va preso per quello che è: un grido di dolore che non può cadere inascoltato. Non basta il rinvio del termine di presentazione (dal 31 marzo al 31 maggio) del bilancio di previsione.
Se il governo non ascolta la richiesta che viene dal territorio, molti comuni si troveranno di fronte nelle prossime settimane, al dilemma di non chiudere i bilanci o di fare tagli con la conseguente riduzione dei servizi in in momento drammatico come quello che stiamo vivendo per famiglie ed imprese relativo soprattutto all'aumento delle bollette di luce e gas.
Draghi e i suoi ministri debbono sapere che qui si rischia la rivolta sociale - conclude Sciapichetti -. Se la richiesta di inserire nel Decreto energia fatta dai nostri parlamentari locali circa la sospensione dei mutui a carico dei comuni per i prossimi tre anni non dovesse essere accolta il Pd è pronto alla mobilitazione perché non è pensabile che i nostri territori vengano trattati in maniera differente da quelli colpiti da altre calamità naturali come quelli dell'Emilia Romagna. Chiediamo quindi con forza che al nostro territorio venga riconosciuta la stessa dignità".
“Inammissibile”. Con questa espressione il presidente della Corte Costituzionale Giuliano Amato ha voluto bocciare il referendum sull’eutanasia legale. Si temeva una depenalizzazione totale del reato di ‘omicidio del consenziente’. Detto altrimenti, in caso di approvazione “si sarebbe aperta la strada all’immunità penale - sostiene Amato - per chiunque uccida qualcun altro con il consenso di quel qualcun altro, sia questo malato oppure no, che soffra oppure no”.
Argomentazioni lapidarie e incontrovertibili, che vorrebbero far credere a un qualche inganno nascosto fra le righe del referendum, e magari sfuggito agli 1,2 milioni di cittadini italiani che lo hanno sottoscritto. Argomentazioni sulle quali il leader del Popolo della Famiglia Mario Adinolfi non ha potuto che compiacersi, oltre che della débâcle in sé subita dai pro-eutanasia.
Eppure, prendendo in esame il famigerato art. 579 del Codice Penale, il comma 3 recita: “Si applicano le disposizioni relative all’omicidio (art.575-577) se il fatto è commesso: contro una persona minore degli anni diciotto; contro una persona inferma di mente, o che si trova in condizioni di deficienza psichica, per un’altra infermità o per l’abuso di sostanze alcooliche o stupefacenti; contro una persona il cui consenso sia stato dal colpevole estorto con violenza, minaccia o suggestione, ovvero carpito con inganno”.
Dunque, tutta una serie di casi che non rientrano nei parametri stabiliti della “buona morte” promosso in primis da Marco Cappato, tesoriere dell’Associazione Luca Coscioni.
Inoltre, la cosiddetta “completa depenalizzazione dell’omicidio consenziente” addotta da Amato non sarebbe nemmeno possibile. La normativa, infatti, gode della vigenza della legge 219/2017 - secondo cui il consenso del richiedente deve rispondere alle caratteristiche nell’ambito di un percorso di fine vita – e della sentenza della Corte costituzionale 242/2019 - che individua le circostanze per le quali si possa legittimamente chiedere la morte volontaria.
Strafalcioni e falsità, quelle del presidente Amato. Oggi si parlerebbe di “fake news”, di manipolazione della realtà, di discorso puramente politico. Si tratta di un errore di giudizio o di autentica malafede nei confronti del quesito referendario, considerando che la Corte Costituzionale ne avrebbe anche “rivisitato i titoli a livello interpretativo”?
Una cosa è certa: l’abrogazione, seppur parziale, del referendum sull’eutanasia legale – insieme a quello sulla cannabis – segna di fatto una dura sconfitta per la volontà popolare.
E un’altra occasione persa per la nostra democrazia, dato che i governanti hanno preferito voltarsi ancora una volta dall’altra parte, lasciando piuttosto che la Corte Costituzionale accogliesse senza indugio i quattro quesiti meno influenti relativi alla giustizia. Annullamento delle disposizioni in materia di incandidabilità, limitazione delle misure cautelari, la separazione delle funzioni dei magistrati e l’eliminazione delle liste di presentatori per l’elezione dei togati Csm. Misure che non renderanno la giustizia più efficiente, ma piuttosto più controllabile e asservita.
A questo punto bisognerebbe domandarsi: è da ritenersi buono un governo che tollera le manifestazioni non autorizzate dei no vax (fra i principali artefici della vaccinazione rallentata), e poi non esita a manganellare gli studenti, rei di voler rivendicare un futuro migliore?
Un governo che si professa garante di un Paese democratico, ma di fatto priva chi soffre della possibilità di avere uno straccio di controllo sulla propria morte?
E in ultimo, è sano un Paese politicamente fermo e il cui governo guarda al futuro solo in termini di produttività, senza considerare adeguatamente le possibilità di una nuova stagione di crescita umana e culturale?
La quarta dose si farà. A confermarlo è l'Agenzia italiana del farmaco, che si è espressa in favore di Pfizer o Moderna. Con una nota inviata al Ministero della Salute, la commissione tecnico scientifica dell'Aifa ha evidenziato la necessità di ricorrere al doppio booster per soggetti gravemente immunodepressi.
Alla base della decisione, ci sarebbe la risposta bassa alla terza dose dei pazienti con patologie immuno-degenerative. Già nel mese di gennaio 2022, l’immunologo e divulgatore scientifico prof. Alberto Mantovani aveva dichiarato: «Per i pazienti fragili non responsivi, si pone il problema di una quarta dose, da valutare in un contesto di ricerca rigorosa e in relazione al trattamento poiché alcune terapie interferiscono con una corretta immunizzazione».
Resta ancora da capire se sarà necessario anche per il resto della popolazione – ancora coinvolta nella campagna per la terza dose – ricorrere a un ulteriore richiamo nell’arco di 4 mesi o a cadenza annuale. A seguito dei dati raccolti due mesi fa sugli effetti del secondo booster in Israele – primo Paese al mondo ad aver adottato la soluzione per operatori sanitari, over 60 e fragili – è emerso che la protezione fornita da una quarta dose aumenterebbe ulteriormente i livello degli anticorpi, ma senza fornire sufficiente protezione contro i contagi da variante Omicron.
«Non servirà la quarta dose di vaccino anti Covid, ma piuttosto un richiamo che auspichiamo annuale e con il quale dovremo fraternizzare» - aveva dichiarato a inizio febbraio il direttore generale di Aifa Nicola Magrini - Il dato con cui erano registrati i vaccini era del 95% di efficacia e questo dato è stato confermato, in molti Paesi, nel primo trimestre di uso reale. Poi c’è stata una graduale e lenta perdita di efficacia nel secondo trimestre che ha portato quindi alla dose booster, anche in presenza di una variante su cui il vaccino aveva perso efficacia. A livello globale la comunità scientifica ha concordemente visto lo straordinario beneficio dei vaccini».
«Per le persone gravemente immunocompromesse che ricevono una serie primaria di tre dosi di vaccino a mRna, una quarta dose è già raccomandata» - aveva affermato gennaio il responsabile Vaccini e Prodotti Terapeutici dell’Ema Marco Cavaleri. In direzione opposta a inizio febbraio il sottosegretario alla Salute, Pierpaolo Sileri: «Escludo categoricamente che serva una quarta dose a breve». Stessa linea per Sergio Abrignani, membro del Comitato tecnico scientifico: «Immunologicamente non serve e non si sa quando servirà. Ad oggi è ragionevole dire che per anni non serviranno richiami».
Sono 1.813 (ieri erano 1.873) i nuovi positivi nelle Marche su 4.575 tamponi esaminati nel percorso diagnosi-screening (ieri 4.744). L'incidenza, oggi, si attesta a 953,77 casi settimanali ogni 100mila abitanti (ieri 989,47). Questo quanto emerge dai dati giornalieri diffusi dall’Osservatorio epidemiologico delle Marche dopo la notizia del ritorno, da lunedì 21 febbraio, della regione in zona gialla.
Viene confermato, dunque, un calo costante e generalizzato dei contagi in tutte le province, sebbene le proporzioni cambino leggermente, con un incremento dei casi in provincia di Fermo. È sempre Ancona, comunque, quella che fa registrare il maggior numero di positivi (508), seguita da Macerata (395), per l'appunto Fermo (330), Pesaro Urbino (274) e Ascoli Piceno (259); sono 77, inoltre, contagi provenienti da fuori regione.
Restano le consuete classi d'età intermedie le più colpite dai contagi, con quasi la metà del totale: 477 casi tra i 25-44enni e 447 tra i 45-59enni. Tra i più giovani si segnalano 489 contagi tra gli under 18: 180 casi tra i bambini delle scuole elementari (6-10 anni) e 110 per i ragazzi delle scuole superiori. I soggetti con sintomi sono 421, i contatti stretti di casi positivi 511, i contatti domestici 453, i positivi in ambito scolastico formativo 24, i casi in fase di approfondimento epidemiologico 391.
Continuano a scendere i ricoveri legati al Covid nelle Marche: in 24 ore ne sono stati segnalati 10 in meno, facendo arrivare il totale a 308. I pazienti in terapia intensiva sono 32 (-1 su ieri), quelli in semi intensiva 64 (+1), quelli in reparti non intensivi 212 (‐12), e ci sono ben 38 dimessi.
Dieci i decessi legati al Covid, che fanno salire il totale a 3.553: una 102enne di Porto San Giorgio, un 82enne di Monte San Pietrangeli, una 86enne di Monteprandone, una 89enne e un 93enne di San Benedetto del Tronto, una 87enne di Fermo, un 95enne di Fano, una 93enne di Pesaro, una 85enne di Osimo e un 63enne di Porto Recanati (si tratta di Leandro Scocco).
"Con il 12,8% di ricoveri in terapia intensiva e il 27,7% in area medica, da lunedì prossimo 21 febbraio 2022, la nostra regione tornerà in zona gialla". Con un post sulla propria pagina Facebook, il presidente Francesco Acquaroli ha voluto confermare l'ordinanza del Ministero della Salute che svincola, dopo due settimane, la Regione Marche dalla zona arancione.
L'inversione di marcia è stata giustificata dal graduale calo delle tarapie intensive e dei contagi riscontrato negli ultimi giorni, favorendo dunque anche un allentamento delle restrizioni per i non vaccinati - inizialmente limitati negli spostamenti fuori i Comuni di residenza e negli ingressi ai locali poichè necessario il possesso del green pass base - tramite tampone, vaccino o guarigione - e di quello rafforzato rilasciato con il booster.
Nelle ultime 24 ore sono stati 1.873 i nuovi positivi nelle Marche con l'incidenza del virus ch escende a 989,47 casi settimanali ogni 100mila abitanti (1.038,96). Contemporaneamente, i ricoveri sono scesi a -22 rispetto al giorno precedente, con 33 in intensiva e 285 in area medica. Quattro in tutti i decessi: due uomini (85 e 82 anni) rispettivamente di Chiaravalle e Ancona, e due donne (92 e 82 anni) di Fano e Vallefoglia.