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Sara Marcelli racconta il risveglio del lago di Pilato: "Uno spettacolo fragile da rispettare"

Sara Marcelli racconta il risveglio del lago di Pilato: "Uno spettacolo fragile da rispettare"

Nel cuore dei monti Sibillini, a quasi duemila metri di altitudine, il lago di Pilato torna timidamente a mostrarsi, rompendo il silenzio dell’inverno. Nonostante la siccità e le scarse nevicate degli ultimi anni, le sue acque iniziano ad affiorare tra le rocce, segno che la stagione del disgelo è cominciata, anche se la celebre forma a “occhiali” – generata dall’unione dei due bacini – tarda ancora a ricomporsi. A testimoniare questo lento e affascinante ritorno alla luce è stata Sara Marcelli, esperta scalatrice del Club Alpino Italiano di Ascoli Piceno e profonda conoscitrice dei Sibillini, che nella giornata di ieri, 2 giugno, ha raggiunto il lago durante un’escursione documentata in esclusiva dall'Ansa.

«Siamo partiti da Foce di Montemonaco – racconta Sara – un piccolo borgo incastonato tra la magica Sibilla e il monte Vettore. È una delle vie d’accesso più affascinanti e selvagge per arrivare al lago». Il sentiero, lungo e impegnativo, richiede almeno tre ore e mezza di cammino. «Ma il paesaggio – sottolinea – ripaga ogni passo. Si attraversano faggete, radure, il Piano della Gardosa, fino alle celebri “svolte”, una serie di tornanti che annunciano la conca del lago».

Quando finalmente si arriva in quota, l’emozione è sempre la stessa. «Oggi il lago non ha la sua forma piena – spiega la scalatrice – manca l’acqua per unire i due bacini, ma resta comunque uno spettacolo. È come se il paesaggio fosse in attesa, come se il lago stesse trattenendo il fiato prima di tornare a vivere davvero».

Sara si è avvicinata con cautela al bordo di uno degli invasi, dove una recinzione segnala la presenza di un abitante unico al mondo: il chirocefalo del Marchesoni, un minuscolo crostaceo preistorico che vive solo qui. «Le sue uova sono tra i sassi – racconta – e basta un piede fuori posto per distruggerle. È fondamentale rispettare le regole e restare sui sentieri tracciati».

Il monte Vettore, per lei, è molto più di una cima. «È il mio luogo del cuore – confessa – ci sono salita più di duecento volte. Qui sento di appartenere a qualcosa di più grande». E anche questa volta, nonostante il lago non fosse al massimo del suo splendore, Sara ha voluto esserci: «Perché è proprio in questi momenti fragili che i luoghi vanno visitati con rispetto, ascoltati e compresi».

Un messaggio di attenzione e amore per la montagna, che ci ricorda quanto siano preziosi e delicati gli equilibri della natura. E che anche un lago incompleto, in attesa di tornare pienamente sé stesso, può raccontare storie indimenticabili.

(FOTO ANSA)

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