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Sanità, lettera di una donna che racconta la sua storia: “L’Area Vasta 2 e... George Clooney”

Sanità, lettera di una donna che racconta la sua storia: “L’Area Vasta 2 e... George Clooney”

Una storia vera raccontata da M.C., una donna di 44 anni della provincia di Macerata, che ha scritto e spedito la seguente lettera indirizzandola al Ministro della Salute Beatrice Lorenzin, al presidente della Regione Marche Luca Ceriscioli, a tutti i distretti sanitari e i direttori e i presidi ospedalieri del maceratese. Una lettera che spiega che la Sanità funziona ma la burocrazia no.

Avrei dovuto capirlo subito, tanti anni fa, quando il mio cartone preferito era Candy Candy. Vi ricordate quella dolce orfanella bionda con tante lentiggini che faceva l’infermiera? L’infermiera: quel mestiere dove devi contemporaneamente capire con uno sguardo il paziente, confortare i parenti, capire le indicazioni del dottore e fare a memoria incomprensibili calcoli sulle diluizioni dei medicinali. Già da allora avrei dovuto capire che in un qualche modo avrei frequentato molte volte gli ospedali. 

Andando avanti con gli anni poi, vista la predisposizione al ricovero oserei dire innata, ho visto ogni singolo “Medical Drama” su questa Terra: E.R., Grey’s Anatomy, Chicago Hope.  Guardando queste serie TV, sembra tutto possibile – o quasi – con marginali episodi di malasanità: ecco, adesso immagino commenti come “Non è reale”, “Sono solo film”, “È l’America, lì funziona tutto bene”, “Da noi i medici non valgono nulla” “Gli infermieri? Tutti scansafatiche”. 

Lasciatemi allora dire una sola cosa: avete torto.

 

Okay, è vero: purtroppo non mi è capitato mai di incontrare un dottore bello come George Clooney o Patrick Dempsey, però per quanto riguarda la professionalità non posso che elogiare la sanità marchigiana che conosco meglio e cioè la Zona di Jesi-Cingoli-Ancona. 

Va precisato che non lavoro in prima persona nel settore, né sono parente di medici. Io sono stata una paziente, una che ha usufruito del Servizio Sanitario Nazionale molte volte. Sono stata una figlia di un padre che ha avuto una malattia degenerativa come il morbo di Parkinson, che a sua volta è stato in ospedale sotto diverse circostanze.

Sono stata in vari reparti, anche per periodi prolungati, e posso dire che ho sempre avuto a che fare con un livello professionale medio-alto. Avevo 10 anni la prima volta che sono stata ricoverata, in uno stanzone da 8 letti: io giocavo con la palla sul muro e la vecchietta vicino al mio letto mi difendeva. Nell’agosto del 1994, quando sono stata un’urgenza nel reparto di Ginecologia di Jesi non conoscevo nessuno dei medici. Avevo 21 anni, in due giorni ho subito esami medici di cui non sapevo neanche l’esistenza e tutto il personale, dall’inserviente (che si chiamava così allora) al primario – il grande ed indimenticabile Prof. Grechi – non solo si sono dimostrati professionalmente validissimi ma hanno avuto cura anche della mia psiche. Sono rimasta in quel reparto per quasi due mesi: dopo poco conoscevo a memoria i turni di tutti ed il menù ospedaliero, e quando cambiava la compagna di stanza io dovevo fare gli onori di casa. Tutte le mattine il mio angelo personale, il Dott. Moroncini, mi veniva a trovare e mi diceva  sempre: “In gamba mi raccomando”.

Quel reparto poi diventò quasi una seconda casa tra il 1997 ed  il 1999. Nel frattempo però cambiavano gli infermieri ed anche i dottori, ma mai una volta mi sono sentita un numero o un semplice caso clinico da studiare. Sempre nello stesso periodo a mio padre venne diagnosticato il morbo di Parkinson, quindi iniziammo a conoscere i reparti di Neurologia nella zona, di Torrette in particolare, ricevendo stesso buontrattamento.

 

Era il 1999 ed io ero convinta che la nostra sanità funzionasse. Dal 1999 ad oggi ne ho girati tanti di reparti perché paziente in prima persona oppure perché avevo un familiare ricoverato: la clinica ginecologica del Salesi, le malattie infettive di Jesi, la clinica ortopedica di Torrette, la chirurgia di Jesi, la clinica chirurgica di Torrette, la neuro-riabilitazione di Torrette, il pronto soccorso di Jesi, la neurologia di Jesi e l’ospedale di Cingoli. Per ogni reparto o ricovero ho un ricordo, un aneddoto, ed anche se sarebbe piuttosto divertente e spassoso raccontarli, non credo di poterli raccontare tutti.

Ho mai visto OSS o infermieri scansafatiche? Sì, a volte, ma in percentuale non degna di nota. Ho visto dottori che battevano la fiacca o che non ci avevano capito nulla? Forse, ma poi c’era un’intera equipe di dottori a valutare: mai avuto problemi. Sono stata fortunata allora io? No, non credo. Oggi più che mai credo che la sanità, intesa come competenza di tutto il personale, funzioni perfettamente. Gli operatori sanitari funzionano anche troppo bene, quello che non funziona sono la parte burocratica ed economica. Insomma la Sanità funziona nonostante, passatemi il termine, i tanti burocrati.

 

Non funziona questo riassetto che si vuole fare. Io mi chiedo: voi, che avete il compito di riorganizzare la sanità, siete mai stati in un reparto di ospedale? E non come visitatori, ma come pazienti. Basta andare al pronto soccorso dell’ospedale di Jesi per quindici minuti per capire cosa non funziona: il personale lavora instancabile ma non può fronteggiare tutte le richieste che arrivano, non è matematicamente possibile. Sorvolando su come sia stata costruita la zona triage, che sembra quasi fatta per dispetto, il personale in servizio è troppo poco. Questo determina tempi di attesa eterni per tutte le prestazioni mediche giudicate “differibili”, cioè che non presentano rischi per la vita. Sì, attese interminabili per i pazienti non a rischio di vita, ma non mancanza di professionalità: per le prestazione mediche che presentano rischi per la vita sembra di essere finiti nel mezzo del set di E.R.

Del reparto di Neurologia di Jesi, con annessa Stroke Unit, avete mai avuto bisogno? Quando mio padre è stato ricoverato nella Stroke Unit ho visto esserci due infermieri per turno. Mi sono detta “Bene, hanno capito finalmente che una semi-intensiva deve essere adeguatamente presidiata”. Poi però nella corsia di reparto ho visto circa 15 letti  ed 1 infermiere. “Sì, però ci sono le OSS”: magra consolazione, sono poche. Le OSS sono 2 e coprono reparto e Stroke. Quanti pazienti ci sono in Stoke? Potessimo saperlo, purtroppo le emergenze non si possono prevedere.

A Cingoli siete mai stati? “Oh, Cingoli mia...” così inizia una vecchia canzone del gruppo folkloristico: oggi ti chiamano con i nomi più strani PAT, CI, DAP, PPI...neanche lo sceneggiatore di Grey’s Anatomy poteva arrivare a tanto! Cingoli, in barba alle sigle, funziona: riesce a gestire tutte le richieste di dimissione protette dell’ospedale di Jesi, i dottori e tutto il personale sanno gestire le emergenze. Ha una radiologia, dotata di TAC, con tecnici molto competenti: purtroppo da poco non ha più il medico radiologo, ed una soluzione va trovata al più ppresto. In questo modo, cioè senza dottore, si sta sprecando del denaro pubblico: è da pazzi avere a disposizione una struttura dotata di tutti i macchinari e non utilizzarla. Ad oggi non c’è il laboratorio analisi, ed è un gran male: ci sono degli apparecchi per fare le analisi di base e di emergenza per aiutare i medici in corsia e quelli del 118, tuttavia una macchinetta, oppure se preferite dispositivo POCT, non può sostituire un laboratorio analisi.“Ecco perché bisogna andare al Pronto Soccorso a Jesi!”: no, quel reparto non può coprire l’intero territorio: con i suoi 2 medici, di notte, copre già a malapena l’intera struttura del solo ospedale di Jesi. Anche il 118 funziona a Cingoli, non mi ricordo con che sigla lo chiamino oggi, ma la sostanza non cambia: medico ed infermiere ventiquattro ore su ventiquattro. Sono vestiti con quelle divise arancioni ricoperte di tasche e sono quelli che aspettano. Qualcuno mi ha detto se mi sembrasse giusto che “quelli” venissero pagati anche non lavorando. Io mi auguro sempre che quelli lavorino poco. “Quelli” quando suona il telefono della centrale non sanno mai cosa gli capiterà e sempre “quelli” in certi casi credo avrebbero volentieri pagato pur di non dover intervenire.

Cingoli, nonostante si stia facendo di tutto per non farla funzionare, barcolla ma non molla!

 

È mercoledì 20 settembre 2017, ore 18.55. Mio padre si sente male. Capiamo subito che non è una cosa da niente. Alle 19.05 chiamo il 118, intervengono da Cingoli. Alle 21.45 è ricoverato in Stroke Unit a Jesi con consulto telematico già fatto con la neurochirurgia di Torrette. Prognosi nefasta: emorragia cerebrale,  ma il personale sanitario è stato evidentemente efficientissimo ed il servizio del 118 insostituibile. Mio padre poi è morto all’ospedale di Cingoli il 19 ottobre per le complicanze dovute all’emorragia. È stato dimesso dalla Stroke e poi è andato in corsia a Jesi. Quindi trasferimento a Cingoli, perché essendo Cingoli un reparto di ospedale a tutti gli effetti può trattare pazienti in condizioni gravi come erano quelle di mio padre.

 Quindi Signori miei che state decidendo su questo riassetto della sanità, riflettete ed anche molto bene. Parlate con i dottori, con gli infermieri, con le OSS. Soprattutto parlate con i pazienti in reparto: fatevi spiegare da loro quello che potenzialmente è superfluo e quello che invece è indispensabile. Non ho purtroppo una ricetta magica, però non sono d’accordo sull’attuale politica che state attuando.

Accentrare tutto è spesso sbagliato: diventa tutto più difficile da gestire e da controllare. Su un’azienda di 100 persone se ho un’unica linea di montaggio, i furbetti di turno si nascondono meglio. Se invece quelle 100 persone vengono distribuite in 5 stanze diventa più facile controllare, e di conseguenza più difficile fare i furbi. A livello nazionale si parla sempre più di decentramento e invece in questo settore andiamo verso l’accentramento? Ben venga, come ho già detto l’alta specializzazione dell’ospedale Regionale di Torrette o del dipartimento materno- infantile del Salesi, ma senza servizi sul territorio efficienti e competenti, i pazienti in pericolo di vita, che potrebbero risiedere per esempio in località Valcarecce di Cingoli, non arriverebbero vivi anche solo a farsi visitare!

 Comunque anche senza essere in pericolo di vita un 118, un pronto soccorso efficiente, una radiologia ed un laboratorio analisi funzionante nei centri minori sono necessari. Inoltre se parliamo nello specifico di Cingoli tutto questo c’era ed è supportato anche da un reparto di ospedale vero e proprio. 

 

Concludo dicendo che altro punto focale sono i Medici di Medicina Generale, cioè i nostri medici di famiglia: sono fondamentali nella cura del paziente. A Cingoli siamo fortunati, tutti i medici hanno degli orari di ambulatorio spalmati su tutto l’arco della settimana  e con delle fasce di orario diverse ed a volte alla più brutta andiamo a suonargli il campanello di casa.

A Jesi , invece, oppure in altre città più grandi, non sono così fortunati ed a volte il Pronto Soccorso dell’Ospedale è preso d’assalto da pazienti che invece dovrebbero semplicemente andare dal proprio medico di famiglia.

In un mondo social come quello di oggi immaginerete che questa lettera verrà anche diffusa via Internet ed agli organi di stampa. Non prendetela a male: è solamente perché per essere perfetti io sto ancora cercando un dottore con il fascino di Clooney… e chissà forse questa è la volta buona.

 

 

 

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