Maria Elena Boschi e i quattro presidenti delle regioni terremotate per il dopo Errani
Sarà molto probabilmente Maria Elena Boschi a succedere a Vasco Errani, ma con poteri diversi rispetto a quelli dell'ex presidente della Regione Emilia. Secondo le indiscrezioni del Fatto Quotidiano, alla scadenza del mandato di Errani il prossimo 9 settembre, il Governo dovrebbe nominare la sottosegretaria alla Presidenza del Consiglio coordinatrice dei quattro presidenti della Regioni colpite dal sisma (Marche, Umbria, Lazio e Abruzzo) i quali, invece, vedranno accresciute le proprie competenze. In pratica, la figura del commissario alla ricostruzione dovrebbe essere bypassata.
Resta comunque molta confusione su cosa stia realmente accadendo fra Errani e il Governo. Da un lato sembra che Errani non sia intenzionato a dimettersi e che, quindi, alla scadenza del mandato sia il Governo a non rinnovargli l'incarico, considerando conclusa l'esperienza come commissario straordinario del sisma 2016. Uno dei portavoce di Errani, infatti, ha dichiarato al Fatto in merito alle paventate dimissioni: "Non sappiamo quale sia la fonte di questa notizia, non c’è nessuna volontà personale di Errani di abbandonare, siamo a una scadenza e con il governo e le Regioni si dovrà fare insieme un bilancio e valutare se e come proseguire”.
Resta fermo che nessuno ha smentito il fatto che dal 9 settembre, comunque stiano le cose, Errani non sarà più il commissario del sisma 2016.
A parte il sindaco di Arquata, quando si è diffusa la notizia non c'è stata propriamente una levata di scudi dei sindaci. I primi cittadini del terremoto puntano ad avere maggiori poteri sia per loro che per i presidenti di regione. Errani in questi dodici mesi ha voluto perseguire il modello Emilia che non poteva essere rapportato al sisma 2016. Qui, nelle zone specialmente dell'entroterra maceratese, i collegamenti sono difficili, le strade impervie e il terremoto ha spezzato letteralmente i collegamenti con parte dell'Umbria per la chiusura della Valnerina, fondamentale arteria di raccordo.
Errani, malgrado si fosse intuito da subito, ha insistito nel continuare a proporre ordinanze che poi, puntualmente, venivano corrette dopo qualche mese, creando una confusione inaccettabile non solo nei cittadini ma anche nei professionisti, lasciando inattese le richieste giunte quasi unanimi di un testo unico che raccordasse definitivamente tutta la struttura normativa della ricostruzione.
Certamente non tutte le responsabilità possono e devono ricadere sul Commissario, ma i numeri sono impietosi e coinvolgono inevitabilmente anche lui e la sua struttura: ad oggi solo il 10 per cento delle macerie è stato rimosso, di quaranta aree individuate per le casette ne sono state consegnate neanche un terzo, sono stati assegnati appena 400 moduli abitativi a fronte del quasi 3800 richiesti. Non se lo sono inventato i terremotati: dopo il sisma erano state fatte delle promesse. precise. Con tempistiche altrettanto precise. Tutte clamorosamente disattese. Sull’Espresso Fabrizio Gatti ha fatto il paragone col terremoto del ’97 nelle Marche e in Umbria, calcolando che rispetto ad allora i tempi di intervento sono aumentati del 366 per cento.
Certo. Ci sono stati più terremoti, in tempi diversi, che hanno aggravato una situazione già difficile. Ma chi gestiva l'emergenza (non Errani, in questo caso), non ha neanche immaginato che in montagna nell'entroterra maceratese d'inverno nevica. Nevica tanto. Non se n'è accorto nessuno e non sono arrivate le stalle.
I riflettori su questo terremoto si sono spenti quasi fin da subito. Nessuno ricorda la diaspora che sta avvenendo da paesi come Castelsantangelo, Ussita, Visso che rischiano di scomparire se non si fa qualcosa in fretta. Se non si riporta la gente a casa, è inutile fare le scuole o le sedi dei Comuni. A meno che quella dello spopolamento programmato non sia una strategia che qualcuno vuol perseguire sistematicamente.
Errani non ci mancherà. Non ci mancherà perchè in questi dodici mesi, francamente, la ricostruzione non è esistita. Speriamo solo che ci sia una svolta seria e decisa e che le prossime elezioni politiche non diventino un altro strumento per ritardare ulteriormente la ricostruzione e per fare sciacallaggio sulla pelle dei terremotati.
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