Nel primo giorno che inaugura le feste natalizie, l’8 dicembre, ambulanti da tutta Italia riempiono le piazze della penisola, anche delle Marche. Le loro storie, come quelle della piazza di Macerata, raccontano l’Italia dell’ennesimo anno di crisi, quella che, nonostante tutto va avanti o torna indietro. Ognuno di loro, infatti, fa il suo bilancio, cerca di esprimere con le proprie impressioni dati e cifre che nel 2015 sono al centro di continue polemiche: non c’è mai un’interpretazione unica dell’andamento dell’economia italiana.
Angela Boerio, musicista disoccupata che vende bambole da collezione e che dice di aver fatto “qualsiasi cosa per vivere”, racconta un’Italia divisa a metà. “Ci sono persone che comprano l’oggetto che costa tanto perché ne restano colpite e possono permetterselo – spiega Angela – e poi c’è chi acquista solo cose commerciali e a bassissimo costo. Non esiste la via di mezzo”. Vivere di bambole e quadretti non è proprio facile soprattutto se, oltre alla scarsa propensione delle persone all’acquisto, si aggiungono i costi di viaggio, l’alloggio e la tassa per l’occupazione di suolo pubblico. “Ci sono città, non è il caso di Macerata – dice Angela – dove il prezzo chiesto per stare in piazza è inaccettabile”.
Lo sa bene Enrico Criscuolo che di notte fa il vigilante e di giorno vende piante grasse in giro per i mercatini d’Italia. “Non si può pagare dieci euro di parcheggio per una sola giornata, come ho fatto io ieri – si sfoga Enrico – poi mettici 20 euro di viaggio e 24 di tassa per avere la bancarella in piazza. Alla fine della giornata non rimane niente”. In totale ieri Enrico ha pagato 54 euro, in meno di 24 ore, solo per poter vendere le sue piante grasse.
Lui non ha dubbi: “Quest’anno la crisi si sente di più dell’anno scorso e tra quattro anni so cosa fare”. Arrivato il momento della pensione “me ne vado in Indonesia, lì con mille euro posso vivere bene, qui farei la fame”.
Non va meglio a Gennaro Sallusti, anziano signore di Roccavivara, in provincia di Campobasso, venuto a Macerata a vendere castagne, pannocchie, cipolle e altri prodotti della sua terra in compagnia del figlio.
Quest’uomo dalle mani consumate dalla terra, che negli anni ’70, come tanti italiani, emigrò in Germania per cercare fortuna, divide l’anno tra la campagna e la città. Coltiva i suoi tre ettari in affitto nei mesi del sole e poi d’inverno passa le sue giornate, non vicino al focolare, ma nel freddo delle piazze italiane. “Me la cavo – dice Gennaro – a fine giornata riesco a guadagnare 30-40 euro”.
Accanto a quest’Italia che arranca e che fa sacrifici ogni giorno, c’è anche un’altra che riesce ad andare avanti con meno disagi, ma pur con difficoltà. E’ quella del comparto agroalimentare, dei prodotti tipici e a chilometro zero. La signora Daniela Bruschini della Premiata cantina del vino cotto di Loro Piceno espone le sue delizie nello stand della Coldiretti. “Le persone conoscono il prodotto, sanno che è di qualità e hanno fiducia”. Per lei le vendite quest’anno “vanno bene”. L’agroalimentare della zona è cresciuto nell’ultimo anno, come in tutta Italia, del 20-25 per cento. “Tutto sommato l’alimentare va ancora, – aggiunge un altro commerciante, Raimondo Fuselli di Recanati – la qualità è apprezzata e le persone acquistano i nostri prodotti”.
(Foto Si.Sa)
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