Ieri sera, venerdì 21 ottobre, si è aperta la stagione concertistica maceratese organizzata dall’ormai nota associazione musicale “Appassionata”.
Gli undici appuntamenti previsti, distribuiti nel periodo ottobre 2016 - aprile 2017, non prevedono nomi altisonanti come in passato (Lupu, Leonskaja, Brunello, Sokolov, Zimerman, Aškenazy) ma, come ha precisato la presidentessa Daniela Gasparrini in apertura di concerto, costituiscono un cartellone volto a dar spazio e valorizzazione ai giovani.
E giovani sono i componenti del Colibrì Ensemble, l’orchestra da camera pescarese, capitanata dal Maestro Alessandro Moccia, che si è esibito sul palcoscenico del Lauro Rossi di Macerata.
Molto meno (ma non nello spirito!) coloro che hanno assistito, devo dire attentamente, all’esibizione. Purtroppo non è stato fatto il tutto esaurito come gli anni precedenti: platea quasi piena, sparute persone sui palchi di prima e seconda fila.
Peccato! Si sa… la serata umida e fredda scoraggia il maceratese che, cogliendo al volo l’occasione, evita di uscire nonostante il programma preveda, nella seconda parte, la sinfonia n. 7 Op. 92 di L. v. Beethoven, vero capolavoro che dalle nostre parti non è dato spesso di sentire.
Pochi i giovani; pensare che una convenzione, con sconti per gli studenti universitari, tra Appassionata all’Ateneo cittadino abbia proprio lo scopo di avvicinare i ragazzi alla musica classica.
La prima parte della serata prevede il concerto n.1 per violino e orchestra di Joseph Haydn e la sinfonia n. 34 in do maggiore K338 di Mozart.
Il Colibrì Ensemble è una compagine che suona spesso senza direttore collaborando con importanti solisti. I suoi elementi, davvero talentuosi, hanno un bel suono, musicalità e notevole affiatamento.
Ci sono altri esempi di gruppi che suonano senza la figura del direttore, penso alla Spira Mirabilis, orchestra nata nel 2007 nella città di Formigine in provincia di Modena, che suona anche in Europa. In realtà il Colibrì si pone in una situazione intermedia. Si non c’è il direttore ma siamo alla presenza di un solista che, in realtà, traina il gruppo suonando egli stesso.
Fino a tutto il Settecento era lo stesso compositore a dirigere l'esecuzione di solito sedendo al clavicembalo e suonando la parte del basso continuo. A volte compositori come Haydn o Mozart scrivevano concerti solistici per i bravi strumentisti che avevano a disposizione.
Diciamo pure che il mantenimento di un certo contradditorio presente tra compositore ed esecutore (del tutto normale visto la musica eseguita era sempre composta ex novo) porta nell’Ottocento, quando si propongono musiche del passato e le compagini orchestrali aumentano i loro organici, alla nascita della figura del direttore d’orchestra il quale studiando la partitura da tutte le indicazioni (interpretative, dinamiche, agogiche etc.) al gruppo e alla presenza di un solista ha comunque una visione del pezzo che non è mai del tutto univoca con quella di quest’ultimo.
Il Maestro Moccia da esperto qual è, ricopre il ruolo di primo violino (la cosiddetta spalla) nell’Orchestre des Champs Elysées di Parigi ha letteralmente trascinato i musicisti del Colobrì con veemenza e brillantezza.
Come di consueto si è posto, nel concerto di Haydn, al centro del gruppo, dando un’interpretazione anche fin troppo energica con spunti più vicini al tecnicismo di Paganini che non al bel suono che caratterizza lo stile classico haydiano.
Poi nelle due sinfonie si è messo con una sedia sul podio spostato a fianco del primo violino così da essere ben visto anche dai fiati e dagli ottoni. Confesso di non aver mai assistito a una cosa del genere.
I due brani sinfonici, caratterizzati da una forte impronta ritmica, agevolano l’assenza del direttore. La sinfonia beethoveniana è un vero cavallo vincente tanto riesce a entusiasmare qualsiasi pubblico.
Tuttavia piccole precisazioni devono essere fatte.
Nel passaggio tra il Poco Sostenuto e il Vivace del primo movimento, la presenza del direttore si rende necessaria tant’è che, nonostante i validi elementi, si è verificato un po’ d’incertezza ritmica. Abilmente debellata, non ha portato nessuna conseguenza.
Alla presenza di ritmi serrati e ripetuti in maniera ostinata l’orchestra, quasi in modo fisiologico, tende inevitabilmente a rallentare. Beethoven con l’utilizzo spasmodico di tali materiali mette a dura prova soprattutto le compagini che suonano senza direzione. Con maestria e mestiere il M° Moggia, alla ripetizione di episodi già sentiti, ha sempre ripreso il tempo tuttavia, non si è potuto evitare il procedere un poco a “singhiozzo”. Anche in questo caso la presenza di un bravo direttore avrebbe reso, sfruttando le differenze agogiche, il passaggio da un episodio all’altro molto naturale ed indolore. Anche la qualità del suono ne avrebbe beneficiato. Diciamo che poco si sono sfruttati i “piano” e i “pianissimo” pur presenti in partitura e che magari avrebbero fatto la differenza confermando quello che Richard Wagner, grande estimatore della Sinfonia, ha elogiato con “l’apoteosi stessa della danza, la danza nell’essenza più sublime”.
Ho un debole per le orchestre per cui ben vengano serate del genere che possono solo arricchire lo spirito dei partecipanti. Non c’è cosa migliore che fare musica insieme e l’orchestra è lo strumento più ampio e con più materiale umano che possiamo avere a disposizione.
Per chi volesse risentire il concerto questa sera, sabato 22 ottobre ore 21, il Colibrì Ensemble inaugura la sua stagione sinfonica all’Auditorio Flaiano a Pescara con lo stesso programma.
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