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Fuga all'estero dalle città più ricche: tra queste anche Macerata. L'editoriale del "Corriere della Sera"

Fuga all'estero dalle città più ricche: tra queste anche Macerata. L'editoriale del "Corriere della Sera"

Potremmo definirlo un “paradosso” come spiegato anche nell'editoriale del “Corriere della Sera” che ha analizzato i dati del recente sondaggio condotto da YouGov per lo European Council of Foreign Relations. Dovremmo tornare alla seconda metà del 1800 per risalire all’origine dei fenomeni migratori che hanno interessato la popolazione italiana: fenomeni che hanno riguardato principalmente la popolazione del Meridione. Secondo i dati del sondaggio eseguito da YouGov, la società inglese di mercato e analisi dei dati online con sede in Gran Bretagna, la situazione oggi sembra essersi completamente ribaltata: gran parte di coloro che oggi vanno all’estero infatti, provengono dalle regioni più “ricche”. Treviso, Pordenone, Bolzano. Ma anche Trieste, Trento, Varese, Vicenza, Mantova, Como, Arezzo e, tra queste, Macerata.

C’è, come spiega il “Corriere della Sera”, una cosiddetta “mappa della crisi”. Macerata con le sue calzature, Pordenone con i mobili, Vicenza e Arezzo con l’industria orafa, Como con il tessile: “luoghi di antica ricchezza ma con alta intensità di ‘defezioni’ verso il resto del mondo, ancor più che verso il resto del Paese.”

Dai dati emerge inoltre che sei delle undici province che nel 2017 hanno conosciuto la più alta emigrazione verso l’estero sono state teatro, negli anni precedenti, di dissesti bancari (Imperia, Macerata, Vicenza, Teramo, Treviso e Arezzo). In altri termini, dopo i crac delle banche locali, da posti come Vicenza, Teramo, Arezzo o Macerata (Banca delle Marche, ndr.) la gente se n’è andata ancora più di prima, in proporzione a quanto accadeva nel resto del Paese.

L’inchiesta del “Corriere della Sera” parla anche di una “mappa dell’espatrio”. “Le cause profonde non sono solo economiche. Difficile spiegare altrimenti perché tanta gente se ne vada da decine delle città più ricche e gradevoli d’Europa. Le ragioni devono essere anche culturali e psicologiche. Di certo i giovani istruiti che tendono a lasciare il Paese hanno più energia, più capacità di usare la tecnologia e idee più fresche dei lavoratori di età avanzata che in Italia rappresentano la maggioranza. In azienda, lo scarto di mentalità fra i primi e i secondi diventa presto evidente. Le nuove generazioni istruite tendono a trovare il modello di piccola e media impresa italiana arretrato sul piano delle tecnologie, inadeguato nella prima linea dei manager, riluttante a dar loro spazi di crescita rapida. Chi gestisce le imprese, non solo le più piccole, può sentirsi messo in discussione dalle nuove generazioni e magari anche messo a nudo nella propria obsolescenza. La reazione difensiva si nasconde dunque dietro il paternalismo e lo spirito gerarchico. Ma ormai i ragazzi non aspettano, perché hanno un’alternativa: possono decidere che non vogliono più subire la lentezza, l’atrofia e la rigidità delle carriere. E se ne vanno." (Fonte Corriere della Sera).

 

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