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E se il vero racket fosse dello Stato?

E se il vero racket fosse dello Stato?

Qualche giorno fa stavo scrivendo davanti al mio solito the', nel mio solito bar, a Porto Recanati. Entra un mio conoscente, che so aver avuto diversi problemi, e mi chiede gentilmente 70 centesimi. Glieli do e mi rimetto a scrivere. Dopo qualche minuto noto che esce da una stanzetta appartata e se ne va via, in silenzio. Il gestore mi fa una faccia strana e mi chiede se gli ho prestato dei soldi, per poi rivelarmi che il tizio ha usato i miei 70 centesimi per unirli ai suoi 30 e poter buttare un euro alle slot, così come è solito fare con tutto il denaro che ha per le mani, da mesi.

È una situazione tragica e sono in molti ad essere messi così. Lascio le pagine di Heidegger e mi immergo in una realtà dalle dimensioni e dalle dinamiche, per me ma credo per molti, inimmaginabili. Faccio due conti con il barista e dopo pochi minuti, considerando l'incasso delle slot, il loro numero a Porto Recanati, le percentuali di guadagno stabilite per legge, la quota degli incassi che va allo stato, quella che va al barista e quella che va a chi gestisce le slot, ho tutto chiaro nella sua enormità. In una stima molto al ribasso, solo a Porto Recanati, che è una briciola, la gente spende 15 milioni di euro all'anno solo nelle slot machines. L'ho scritto a parole "milioni" proprio per evitare che qualcuno pensasse che mi fossi sbagliato con gli zeri. Solo in quel bar gli avventori ogni anno portano in quella stanzetta un milione di euro dei quali 250 mila, per legge, rimarranno nelle macchinette infernali. Solo in quel bar lo stato, e lo scrivo con la minuscola, rastrella per l'erario 35 mila euro.

Sono numeri enormi se tradotti in stipendi, ore di lavoro, libri non comprati e non letti, sport non praticati, film non visti, cene fuori non consumate... Se libero è il tempo di cui disponiamo al netto delle necessità, si tratta di libertà buttata. Se rapportiamo quelle cifre alle somme che una comunità cittadina dedica al sociale, alla cultura, all'innalzamento della qualità della vita, sono un mare di fronte ad uno stagno. Ora non è questo il luogo nel quale disquisire sull'opportunità o meno per lo Stato di interferire con le libertà individuali e in che misura, ma qualche riflessione va fatta. Come può essere permesso a persone deboli o dichiaratamente indigenti, tanto da godere di sussidi pubblici, di entrare nelle sale slot? Quanta ipocrisia c'è in uno stato che affigge manifesti circa la pericolosità del gioco d'azzardo e poi rastrella cifre enormi dalla stessa schifosa piaga? Dopo questa mia ricostruzione vi sarà più facile farvi un'idea del perché decine di miliardi di euro sono stati condonati alle ditte che gestiscono il gioco d'azzardo. Tristezza. E se il fenomeno slot non è l'unico, perché è in compagnia di calcioscommese lotterie e grattaevinci, certamente è il più deleterio. Negli altri c'è da parte del giocatore la presunzione di controllare l'evento anche solo statisticamente, in questo c'è solo l'ipnosi delle luci e delle musichette, connesse alla ripetitività del gesto del pigiare il dito sui tasti. Siamo ancora al panem et circenses, signori, ma non si tratta di evergetismo e quindi il panem invece di darcelo, coi circenses ce lo tolgono. Ultima, drastica considerazione: riporre le proprie speranze di riscatto economico in una macchinetta è una coazione possibile solo in tempi di crisi. Siamo sicuri che lo stato abbia come obiettivo il benessere dei sudditi?

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