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Covid Marche, Chiodera: “Il virus non andrà mai via, quarta dose per raggiungere immunità di gregge”

Covid Marche, Chiodera: “Il virus non andrà mai via, quarta dose per raggiungere immunità di gregge”

Secondo gli ultimi dati Istat, ad oggi sono circa 3800 i deceduti nelle Marche a causa del Covid. L’attuale fase di circolazione del virus, nella nuova sottovariante Xe (+10% contagiosa), deve essere letta anche in rapporto alla ridotta pressione sugli ospedali. La diminuzione dei casi del 6,4% cui stiamo assistendo in Italia è dovuta anche ai sempre meno tamponi eseguiti (-6,5%), dato che rende più complesso il monitoraggio su base nazionale.

Da qui il recente annuncio di Aifa nel voler estendere la quarta dose – più il richiamo annuale – oltre che ai soggetti cosiddetti fragili, anche agli over 50. A questo si aggiunge il via libera ufficiale anche per i medici di base alla somministrazione dei nuovi antivirali. “L’obbiettivo rimane quello di raggiungere al più presto l’immunità di gregge”, afferma il direttore di Malattie Infettive dell’Ospedale di Macerata, Alessandro Chiodera, invitando alla cautela rispetto all’allentamento delle restrizioni.

Stiamo effettivamente andando incontro alla fase endemica del coronavirus? Dobbiamo capire che questo virus non se ne andrà mai via: bisogna prenderne atto e imparare a conviverci il prima possibile. Soprattutto perché ancora non sappiamo se avrà le medesime caratteristiche di un’influenza stagionale.

Come dovremo comportarci rispetto alla nuova sottovariante? Questo virus sta semplicemente continuando a fare quello che gli riesce più naturale, ovvero replicarsi. Se finora la nuova Xe non ha avuto un impatto maligno è perché abbiamo una buona percentuale di popolazione vaccinata. Ma bisogna stare attenti: le persone continuano a morire di Covid. I soggetti fragili sono i più esposti, ma è bene che anche i soggetti più forti a livello immunitario non abbassino la guardia.

Per raggiungere l’immunità di gregge basterà il vaccino? Continueremo anche con la somministrazione di antivirali e monoclonali. Di queste ultime siamo arrivati a quota 200, e la loro copertura arriva fino all’80%. Ma non abbiamo ancora dati certi sull’efficacia a lungo termine: sappiamo solo che in pochi vanno incontro alla fase più grave della malattia. Ciononostante, ho assistito personalmente alla morte di una paziente lo stesso giorno che aveva iniziato al terapia, forse troppo tardi. Il 100% di successo non può essere mai garantito.

Per quanto riguarda la quarta dose, sarà necessario estenderla a tutta la popolazione? Per ora sembra di no, ma se vogliamo raggiungere al più presto l’immunità di gregge è probabile che si debba fare in autunno. Mi rendo conto però che in giro ci sia molta stanchezza riguardo la vaccinazione: per ora pensiamo a concentrarci unicamente sui più fragili.

È saggio secondo lei procedere con l’allentamento delle restrizioni? Bisogna comunicare un messaggio chiaro a tutti i cittadini, che è quello di “non liberalizzarsi troppo”. Credo che mantenere ancora le mascherine al chiuso sia un’ottima scelta.

In questi due anni e mezzo di pandemia i marchigiani come hanno risposto alle misure anti Covid? Le statistiche hanno comunque reso testimonianza di un comportamento non proprio brillante da parte della Regione e i suoi abitanti, rispetto alla vaccinazione. Diciamo che si è agito meglio più per quanto riguarda le mascherine, il distanziamento ecc.

Cosa non ha funzionato secondo lei nella comunicazione scientifica? Si è creata troppa confusione. Se è vero che le conoscenze del virus sono venute fuori un poco alla volta con conseguente variabilità di opinioni, è stato allo stesso tempo un errore confondere le varie figure professionali: epidemiologi con infettivologi, semplici medici con luminari ecc. Le informazioni sono state chieste alle persone sbagliate con conseguente esasperazione da parte delle persone.

Durante la pandemia avete ricevuto adeguata assistenza anche da parte della Regione? Per i farmaci siamo stati in linea col resto del mondo: monoclonali e antivirali sono arrivati da noi quasi subito. Il supporto al personale all’inizio c’è stato con la somministrazione di incentivi, come le borse di studio. Poi però questi incentivi si sono fermati.

La Sanità poteva essere più preparata? Se avessimo mantenuto aperti almeno i reparti di malattie infettive nati negli anni ’80 – per via dell’AIDS – avremmo potuto isolare molti più casi e contenere contagi e ricoveri. Ma si tratta di un discorso generale tutto italiano: invece di mantenerla, si è scelto di rinunciare a un’ottima rete infettivologica non appena è cessato l’allarme HIV.

 

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