Così il videogame influenza la nostra società
Il settore dell’intrattenimento sta diventando sempre più importante e il suo impatto nei confronti della società non può più essere trascurato. I videogiochi, in particolare, sono divenuti ormai espressione culturale e il fenomeno è alimentato dal continuo progresso tecnologico. Le attrazioni videoludiche non sono pensate più semplicemente per divertire, ma si rivelano utili anche per l’apprendimento e addirittura per l’agonismo, tanto che negli ultimi anni hanno preso piede anche i cosiddetti esports, che mettono i videogame al centro di vere e proprie competizioni professionistiche. L’esperienza interattiva ha favorito nel giro di pochissimi anni lo sviluppo di un nuovo tipo di linguaggio, che non viene utilizzato solo dai giovani e che a poco a poco viene assimilato anche in altri contesti.
A livello puramente economico i videogiochi rappresentano una miniera d’oro. Da circa un decennio console e controller fatturano più di musica e film, arrivando ad una cifra totale di oltre 100 miliardi di dollari ogni 12 mesi. Inutile negarlo: si parla di un fenomeno di massa, che ha sempre saputo trovare il modo per conoscere una nuova espansione. Anche le piattaforme che dopo un po’ sono passate di moda hanno lasciato un segno fondamentale nella storia del videogame. La platea generale si è immensamente allargata e, come intuibile, l’età media degli utenti si è elevata. Sono sempre di più i padri che giocano in compagnia dei loro stessi figli. In tutto il mondo si contano ormai più di 2,5 miliardi di gamer, a prescindere dalla frequenza con cui impugnano il pad.
Va da sé che il proliferare dei dispositivi portatili ha contribuito a diffondere il verbo. Oggi basta scaricare qualche app a tema per approcciare al mondo videoludico, senza dover acquistare una specifica console. Non solo i giochi più moderni, ma anche le attrazioni di una volta vengono proposte di continuo in salsa digitale, motivo per il quale non sorprende se sul web vengano organizzati tornei di poker, si effettuino le estrazioni della tombola o si possano consultare le varie regole del ramino, della scala 40 o di altri numerosi giochi di carte prima di iniziare una partita a distanza. Gli stessi videogame un tempo si giocavano solo dal vivo, ma ora come ora non ha più senso pretendere che un amico ci venga a trovare a casa per una sfida a FIFA o a Tekken. In pochi resistono alla comodità dell’online.
Il modello standard di videogioco, comunque, è radicalmente cambiato. Fino a qualche anno bastava comprare una cartuccia o un cd da inserire nella console per avere a disposizione un titolo completo, oggi invece i cosiddetti DLC (downloadable content) fungono da linfa vitale per numerosi giochi, estendendone la longevità. A pagamento. Quando inizia la partita, la questione non è più tra il giocatore e la cpu, perché dietro ad ogni videogame esistono ormai community internazionali e puntualmente spunta fuori qualche streamer o influencer col quale interfacciarsi.
Non mancano comunque i giochi free-to-play, che riescono in incassi ingenti grazie a microtransazioni interne che sono prevalentemente opzionali. Il successo economico di Fortnite, ad esempio, è stato dovuto proprio a questo stratagemma. Di fronte a queste notizie c’è pertanto chi storce il naso quando si parla di videogiochi come possibile forma d’arte, ma è ormai innegabile che le attrazioni di questo tipo facciano parte della cultura contemporanea, raggiungendo nuove frontiere del coinvolgimento sociale. Insomma, l’esperienza non termina quando si chiude un’app o si spegne la console, ma prosegue ben oltre…
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