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Alessandra Matteuzzi, un altro caso di femminicidio tra vuoti normativi e difficile attuazione delle prescrizioni esistenti

Alessandra Matteuzzi, un altro caso di femminicidio tra vuoti normativi e difficile attuazione delle prescrizioni esistenti

Un altro nome, Alessandra Matteuzzi, un'altra donna uccisa dall'ex compagno. La storia era finita ma lui non si era rassegnato. Minacce, pedinamenti, agguati. Lei comincia ad avere paura, teme per la sua incolumità. Trova il coraggio di denunciarlo per stalking. Ma ciò non è stato abbastanza. Perché? Perché l'uomo cui era stato imposto il divieto di avvicinamento, di fatto ha continuato a mettere in atto comportamenti persecutori nei confronti della donna. E quella misura cautelare per lui era tale e quale non fosse stata ordinata.

Alessandra nel tentativo di proteggersi è ricorsa persino al sostegno delle vicine di casa, raccomandando loro di non aprire mai il portone qualora lui avesse suonato per cercare di entrare. C'è chi parla di mala giustizia. Il ministro Cartabia ha chiesto agli uffici dell'ispettorato di "svolgere con urgenza i necessari accertamenti preliminari, formulando all'esito valutazioni e proposte". C'è chi parla di vuoti normativi, perché dopo aver denunciato, alla vittima non é assicurata un'efficace tutela.

Il procuratore di Bologna ha sollevato a questo proposito il problema sull'utilizzabilità del braccialetto elettronico, dichiarando: "Il problema è quello dei costi. Già oggi potremmo utilizzarli per alcuni reati, ma quando li vai a richiedere non si trovano. Quindi ci vuole la norma, ma poi anche la forza di poter creare dal punto di vista economico gli strumenti che quella norma la fanno funzionare".

Il tema non è tanto trovare la falla del sistema, dopo che le aggressioni sono avvenute, dopo che lo stalker è divenuto tale, dopo che si è consumato l'omicidio. L'argomento dovrebbe essere affrontato in via preventiva: interventi sociali educativi e formativi ma anche e soprattutto certezza della pena.

Sul primo versante si è già autorevolmente espressa anche la Convenzione di Istanbul, uno dei trattati più incisivi a livello mondiale per il rispetto dei diritti umani, dal punto di vista giuridico, culturale e politico. Oltre a condannare ogni violenza sulle donne, riconosce "la natura strutturale della violenza contro le donne in quanto basata sul genere" chiarendo l'essenzialità dell'elemento culturale da porre alla base dei piani di intervento.

Quanto alla certezza della pena, La risposta dello Stato al crimine dovrebbe essere immediata. Già Cesare Beccaria, giurista, filosofo, economista dell'Illuminismo italiano, la cui opera principale è il trattato "Dei delitti e delle pene" (1764), aveva espresso questo concetto “il primo fattore di deterrenza è la certezza della punizione; esiti disastrosi si devono attendere da un sistema che, all’opposto, produce nei destinatari una convinzione prossima alla certezza che le pene minacciate non saranno eseguite”.

Il codice rosso, in materia di tutela delle vittime di violenza domestica e di genere, con i suoi 21 articoli e successive modificazioni ha l'indubbio merito di: aver inasprito le pene per alcuni reati, aver introdotto nuovi delitti, aver introdotto nuove aggravanti su misura delle vittime; aver previsto la fondamentale obbligatorietà dell’arresto in flagranza per chi violi le misure cautelari dell’allontanamento dalla casa familiare e del divieto di avvicinamento alla persona offesa.

Tuttavia nella sostanziale attuazione molti sono i punti critici su cui dovrebbe aprirsi il dibattito politico, tra questi: una stretta sulla concessione delle misure alternative alla detenzione, il miglioramento applicativo dell'uso del braccialetto elettronico, la tutela e la protezione, fisica e psicologica, delle donne nel momento immediatamente successivo alla denuncia e per tutto l'iter giudiziario che le attende.

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