Nessuno tocchi Bankitalia..!
Tempo due mesi, non un giorno di più, ed alla fine sapremo il vero destino di Banca Marche. La notizia dell’intervento del fondo interbancario che molti politici avevano salutato con soddisfazione, si è rivelata per quello che era: una non notizia. Bastava fare il conto della serva per capire la realtà vera e con essa tutta la gravità della situazione. Banca Marche ha un portafoglio di 500 mila correntisti. Ammettiamo che 20 mila di essi (sono il 4%) detengano almeno 100 mila euro di deposito, fanno due miliardi tondi tondi. Tanto avrebbe dovuto liquidare, a norma di legge ed a risarcimento, il fondo interbancario di tutela dei depositi, in caso di fallimento dell’istituto. Non solo: questi due miliardi garantiti dal fondo interbancario non coprono solo le criticità di Banca Marche, ma anche di altri tre istituto di credito che navigano in pessime acque. La somma totale dei fondi garantiti (cioè quelli fino a 100 mila euro) fa la bellezza di dodici miliardi. Una cifra astronomica. Tanto è vero che il presidente del fondo si è affrettato a dichiarare le seguenti parole: “questi miliardi non li abbiamo e non li avremo mai.” Questo è quanto, al netto di ulteriori, verosimili inciampi che da qui a due mesi potrebbero concretizzarsi. Credo tuttavia che la vicenda di Banca Marche, sino a qui raccontata, sia stata presa solo per un verso, cioè quello della responsabilità degli amministratori. A scanso di equivoci dico subito che fosse stato per me, a costoro non avrei fatto amministrare nemmeno un pianerottolo dell’Hotel House. Però, ora che sono caduti in disgrazia, non trovo nemmeno giusto infierire, a senso unico, contro di loro. Ad onor del vero bisognerà pure ricordare a noi stessi la pressoché unanime deferenza nei loro riguardi. E già, perché dalla squadra di pallavolo fino alla sagra della castagna lessa, un po’ tutti hanno bussato a quattrini al portone di Banca Marche, traendone vantaggi. Il punto che vorrei invece venisse analizzato e sviluppato meglio è quello del ruolo della Banca d’Italia in questa vicenda. Tutte le inchieste giornalistiche, viceversa, danno per scontato la bontà del suo operato. Ora, in Italia, si può scrivere e parlar male di tutti; si può pure affermare che il papa ha un tumore al cervello, ma guai a mettere in dubbio l’operato di Bankitalia. Si scatena un fuoco di sbarramento e manca poco che ti mandino gli infermieri a casa a portarti via con la camicia di forza, come succedeva con gli oppositori in Unione Sovietica. Bankitalia è più che una torre d’avorio di cui non si conoscono i meccanismi e le pratiche, con trasparenza zero. Basti pensare che solo nel 2005, grazie ad un lavoro immane e certosino di pochi appassionati, è stata resa nota la lista e le partecipazioni degli azionisti. La questione che pongo è la seguente: è possibile che in circa quattro anni di crisi appurata e conclamata di un istituto bancario di media grandezza non vi sia stata alcuna possibilità di soluzione alternativa? Il Monte dei Paschi di Siena, per esempio è stato salvato in due giorni con decreto governativo (i così detti Moti bond). Oppure si è voluto con scienza e coscienza ed attraverso uno stillicidio, arrivare alla soluzione finale che – per combinazione – fa comodo a tanti altri istituti di credito concorrenti? I quali istituti di credito, attraverso il fondo interbancario, sono entrati nel capitale di Banca Marche. E, sempre per pura coincidenza, gli stessi istituti di credito sono i maggiori azionisti della Banca d’Italia. Tanto per capirci: Unicredit ed Intesa San Paolo sono i maggiori azionisti di Bankitalia, la quale forte del potere di vigilanza commissaria Banca Marche. La crisi di Banca Marche si prolunga, oltremodo nel tempo, fino a quando il Fondo interbancario a tutela dei depositi (di cui sono maggiori azionisti Unicredit e Intesa San Paolo) senza sborsare – di fatto – un euro entra nel capitale di Banca Marche. A questo punto basta allargare lo sguardo oltre i confini regionali e moltiplicare per tre, cinque o sette medesime situazioni, per realizzare che si sta ridisegnando radicalmente e repentinamente la politica del credito a livello nazionale. Nel frattempo Bankitalia continuerà ad affermare che formalmente ha messo in atto ogni strumento di vigilanza consentito. Ma nei fatti più che di vigilanza i suoi sono strumenti unilaterali di indirizzo. Sarebbe ora che qualche giornalista osasse di più e piuttosto che al dito guardasse alla luna…
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