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Genitore "no vax" rifiuta le cure necessarie per il figlio malato: cosa dice la legge

Genitore "no vax" rifiuta le cure necessarie per il figlio malato: cosa dice la legge

Torna, come ogni domenica, la rubrica curata dall’avv. Oberdan Pantana, "Chiedilo all'avvocato". Questa settimana, le numerose mail arrivate hanno interessato principalmente la tematica riguardante le cure mediche in generale ed in particolare il consenso informato ed il rifiuto alle stesse.

Ecco la risposta dell’avv. Oberdan Pantana, alla domanda posta da una lettrice di Macerata che chiede: "Se il genitore 'no vax' rifiuta le cure necessarie per il figlio minore ammalato, a chi spetta la decisione?". 

Il caso di specie ci porta ad affrontare una tematica molto sensibile ma allo stesso tempo importante in quanto riguarda la salute degli individui. A tal proposito di recente la Suprema Corte ha affrontato una vicenda nella quale i genitori di un bambino per il quale era stato programmato un intervento chirurgico con elevata probabilità di trasfusione rappresentavano ai sanitari un consenso condizionato alla trasfusione, ponendo ad essa delle condizioni fondate essenzialmente su convinzioni di natura religiosa e su infondati convincimenti scientifici, smentiti dalla letteratura scientifica.

L'azienda ospedaliera, dopo aver rappresentato ai genitori che non era possibile garantire che i donatori non avessero ricevuto i vaccini Covid-19, né aderire alla richiesta di ricorrere a donatori non vaccinati, aderendo essa a protocolli conformi alle linee guida dettate dalle raccomandazioni del Consiglio d'Europa sulla donazione periodica anonima, propose ricorso al Giudice Tutelare chiedendo di autorizzare con urgenza la prestazione del consenso all'intervento e all'eventuale trasfusione, proponendo la nomina di un curatore speciale nella persona del direttore.

Il Giudice Tutelare, rilevando che il consenso condizionato è un "non consenso", nominò il direttore generale dell'ospedale curatore. Il provvedimento tutelare venne reclamato dinanzi al Tribunale dei Minorenni, che lo respinse dando atto di essere intervenuto nel frattempo sulla stessa linea con un provvedimento di sospensione della responsabilità genitoriale, che fu poi revocato.

I ricorrenti quindi adirono la Corte di Cassazione, la quale rigettò il ricorso presentato dai genitori ritenendo che il provvedimento impugnato non fosse privo di motivazione e che l'unione degli atti - ovvero quelli del Giudice Tutelare con quelli relativi alla sospensione o limitazione della potestà genitoriale avanti al Tribunale dei Minorenni - non avesse comportato per le parti alcun pregiudizio difensivo.

Tutto ciò tenendo in considerazione che, la legge Dat (Direttive Anticipate di Trattamento) è diretta a tutelare, nel rispetto dei principi di cui agli articoli 2,13 e 32 della Costituzione e degli articoli 1,2 e 3 della Carta dei Diritti Fondamentali dell'Unione Europea, il diritto alla vita, alla salute, alla dignità e all'autodeterminazione della persona.

Stabilisce che nessun trattamento sanitario può essere iniziato o proseguito se privo del consenso libero e informato della persona interessata, tranne che nei casi espressamente previsti dalla legge. Il consenso informato deve essere inteso come espressione della consapevole adesione del paziente al trattamento sanitario proposto dal medico e si configura come un vero e proprio diritto della persona.

Nel consenso informato si incontrano quindi l'autonomia decisionale del paziente e la competenza, l'autonomia professionale e la responsabilità del medico. Nell'ambito di questa responsabilità rientra il dovere del medico di indirizzare il paziente verso il trattamento sanitario adeguato alle sue condizioni.

Nei trattamenti sanitari della persona minorenne, il consenso informato è espresso o rifiutato dagli esercenti la responsabilità genitoriale o dal tutore, tenendo conto della volontà del minore in relazione alla sua età e al suo grado di maturità, avendo come scopo la tutela della salute psicofisica della vita del minore nel pieno rispetto della sua dignità.

La legge Dat prevede che nel caso in cui il rappresentante legale della persona minore rifiuti le cure proposte e il medico ritenga invece che queste siano appropriate e necessarie, la decisione venga rimessa al Giudice Tutelare su ricorso del rappresentante legale della persona interessata o dei soggetti indicati negli articoli 406 e seguenti del codice civile o dal medico o dal rappresentante legale della struttura sanitaria.

La legge Dat stabilisce quindi una procedimentalizzazione per la formazione e manifestazione del consenso riferibile ai minori e agli altri soggetti deboli e pone anche un rimedio nell'ipotesi in cui queste regole procedimentali vengano disattese, prevedendo un meccanismo di controllo che opera in relazione al determinato compito genitoriale presumibilmente non adeguatamente assolto.

La norma consente infatti al Giudice Tutelare, adito dai medici o dagli altri soggetti indicati dalla norma, di decidere se un certo intervento o trattamento possa avere luogo anche senza il consenso dei genitori, comprimendo così il diritto di costoro di autodeterminarsi in merito alle scelte da fare nella cura dei figli minori e di provvedere direttamente in tal senso in un settore dove le scelte comportano effetti potenzialmente irreversibili nella vita del minore.

Tale intervento del Giudice Tutelare, tuttavia, non incide - come accadeva prima dell'entrata in vigore della DAT - sulla responsabilità genitoriale sospendendola o limitandola temporaneamente; si riferisce solo alla specifica situazione relativa al mancato consenso al trattamento sanitario ritenuto necessario e finalizzato al best interest del minore.

Pertanto, in risposta alla nostra lettrice risulta corretto affermare che "la DAT regolamenta il conflitto tra il rappresentante legale dell'incapace e il medico in relazione alle cure proposte da quest'ultimo. Pertanto, se il paziente ha un legale rappresentante, la legge - pur disponendo che sia quest'ultimo ad esprimere o negare il consenso - impone una procedimentalizzazione nella formazione del consenso stesso, dando ampio spazio al parere dei sanitari e rimettendo alla coscienza e alla responsabilità del medico che ritenga le cure appropriate e necessarie la scelta di sollecitare la verifica giudiziale in merito".

"L'iter stabilito dalla legge prevede di: (a) tenere conto della volontà del minore; b) avere come scopo la tutela della sua salute psicofisica; da cui ne consegue anche che occorre considerare il parere oggettivo medico volto ad assicurare che la soluzione scelta sia quella che realizzi il miglior interesse dell'incapace. Il rispetto di questo iter pone quindi dei limiti al potere di rappresentanza dei genitori in questa materia e rende altresì evidente che il rimedio giudiziale costruito dalla norma - ovvero il ricorso al Giudice Tutelare - non ha più nulla a che vedere con il controllo sul corretto esercizio della responsabilità genitoriale; ma si tratta piuttosto di valutare nel conflitto tra il parere medico e la volontà dei genitori quale sia la soluzione che meglio tutela la persona interessata" (Cass. Civ., Sez. I, Ordinanza del 03.02.2025, n. 2549).

Rimango in attesa come sempre delle vostre richieste via mail, dandovi appuntamento alla prossima settimana.                    

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