Banca Marche, e così sia...
Con la benedizione corale della stampa di regime, si conclude la prima parte della vicenda di ex Banca Marche. Nel corso dell’ultima settimana c’e' stato infatti un profluvio di opinionisti, pareri e articolesse che ci spiegavano come e qualmente gravava su ciascun azionista l’onere del rischio di impresa a che essi azionisti – alla fine della fiera, vieppiù gabbati - dovevano sapere gli azzardi che correvano. Tutto vero se si trattasse di broker professionali o incalliti speculatori, ma il dettaglio che la stragrande maggioranza di questi azionisti fossero piccoli risparmiatori o poveracci, che alla richiesta di un mutuo sono stati persuasi alla sottoscrizione delle azioni, è stato trascurato. Pazienza. Dura lex sed lex. L’importante è che si sappia da che parte sta la libera stampa.
Grande spazio allora agli emergenti manager appena nominati. In una conferenza stampa l’ex direttore generale e ora amministratore delegato di Nuova Banca Marche (a proposito: adesso che ci penso lui è l’unico che ci ha guadagnato), ha espresso tutto il suo rammarico per l’infausta circostanza che vede azzerare il valore delle azioni sottoscritte. Colpa dell’Europa e del destino cinico e baro. Tuttavia dice che rimedierà offrendo condizioni di miglior favore a quanti volessero restare clienti del neo istituto. Io, fossi in lui e per tranquillità, offrirei pure un’agendina del 2016 in similpelle ed il libro di ricette di suor Germana. Non si sa mai e di questi tempi, con la cucina di si va sempre sul sicuro…
Dello stesso tenore la dichiarazione del pluripresidente Nicastro affidata all’ANSA e rilanciata per ogni dove. Peccato manchino parole di rassicurazione sul futuro degli oltre tremila dipendenti. Ma non stiamo qui a spaccare il pelo in quattro con argomenti stucchevoli e poco interessanti. Il superpresidente ha parlato e guai a molestarlo con domande irriguardose. Chiude infine il cerchio il presidente di ABI, Patuelli il quale addossa tutte le responsabilità alla commissione europea, anche se lascia intendere – come nel caso della banca tedesca da me segnalata nel precedente articolo (autocitarsi non è carino lo so, ma io lo faccio lo stesso) - che da Trento in giù le regole si applicano, mentre da Trento un su si interpretano. Sipario. Fine del primo atto.
Adesso il boccone grosso sono le spese pazze in Regione. Dopo tre anni di pazienti, laboriose e certosine indagini, è stata inoltrata la richiesta di rinvio a giudizio per tutti i 66 indagati. Ce n’è per tutti i gusti: assessori, consiglieri, segretari di partito ex presidenti e funzionari. Con i politici, poi si va sempre sul sicuro. Come buttare un prosciutto in mezzo ad un branco di squali. Ma per capire meglio lo stato dell’arte della giustizia nella nostra regione debbo ricorrere ad un episodio che attiene ancora a Banca Marche. C’è un tizio, un commercialista pesarese, detto mister 5% che sarebbe pure un revisore contabile dell’istituto di credito, il quale è accusato di favorire l’accensione di mutui a patto che il beneficiario gli consegni sottobanco il 5% dell’ammontare del prestito. La guardia di finanza lo mette sotto indagine. Un giornalista avvicina l’avvocato del revisore dei conti sotto inchiesta il quale tranquillo e beato gli risponde: “sticazzi”. “Come, scusi?” replica interdetto il giornalista. “Sticazzi nel senso che sono tutti fatti destinati a prescriversi. A livello di indagini non è stato fatto quasi niente. Non mi sembra che questa inchiesta abbia un grande sprint. Altre domande? No? Grazie, buonasera…” Verosimilmente il revisore contabile di ex Banca Marche continuerà a sgommare, immacolato, a bordo della sua Porsche. A noi ci toccherà, viceversa, sorbirci chissà per quanto la storiella delle mimose comprate dai politici regionali con i soldi dei contribuenti.
Che ci volete fare? Così va il mondo…
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