Civitanova, Graziano Colotti e il calcio come scuola di vita: gli "Amici" lo ricordano con un convegno
Si è svolto lunedì al teatro Conti di Civitanova il terzo convegno organizzato da “Gli Amici di Graziano” per ricordare la figura di Graziano Colotti, scomparso prematuramente tre anni orsono. L'incontro quest'anno ha visto la partecipazione di Fabio Benaglia, giornalista e scrittore, e di Stefano Braghin, direttore del settore giovanile e del settore femminile della Juventus. Guidati da Guglielmo De Feis, già calciatore ed oggi direttore sportivo e docente nei corsi FIGC, i due hanno presentato il loro lavoro ed hanno dialogato sul tema del calcio giovanile e della trasformazione che esso ha subito negli ultimi decenni.
L'incontro è stato introdotto dalla lettura di un massaggio inviato da Luigi Bolognini, anch'egli giornalista e scrittore, che ha ricordato Graziano giocando sulle parole “vigile” e “urbano”. “Vigile urbano. Due parole che si attagliavano a Graziano più di quanto si possa pensare. Anzitutto, certo, era il suo lavoro, quel che aveva scritto sulla carta d’identità. Ma vigile significa sveglio, attivo, pronto a intervenire. Pensiamo alla sua attività di allenatore di calcio e di organizzatore di eventi che dallo sportivo viravano spesso e volentieri nel culturale: chi c’era più vigile di Graziano? Quanto all’urbano, ovvero educato, civile, disponibile, simpatico, amabile... beh, chiunque l’abbia conosciuto sa bene che era uno degli aggettivi migliori per definirlo”.
Poi, alla presenza di una folta platea composta da allenatori, giovani calciatori e genitori, Stefano Braghin ha parlato del suo lavoro, della gestione di un settore giovanile molto importante come quello della Juventus e della recente nuova esperienza con il calcio femminile, sottolineando la grande novità che esso riveste non solo in senso sportivo, ma soprattutto culturale. È qui infatti che, come ha ben sottolineato De Feis, l’Italia è ancora indietro rispetto ad altri paesi, poiché è rimasta ancorata ad una cultura sportiva troppo spesso dominata da espedienti, furbizie, pregiudizi, faziosità. E secondo Braghin proprio la nascita dei settori giovanili professionistici in campo femminile ha iniziato a contrastare questa mentalità, aprendo nuove interessanti prospettive; poiché il calcio è universale e il mondo femminile propone molti lati decisamente positivi, come una passione ancora intatta, cultura del lavoro, meno interessi, meno esasperazione, ecc.
È poi intervenuto Fabio Benaglia, che nel suo ultimo libro intitolato “Falsari” ha raccontato, attraverso una notevole verve ironica, diversi aspetti poco edificanti del nostro calcio. La storia è centrata su un ragazzo brasiliano chiamato a giocare in Italia, che deve imparare dal suo procuratore (dal nome quanto mai significativo di “Lestofao”) alcuni comportamenti, che poco c’entrano con la bellezza e la gioia del gioco del calcio, ma che oggi sembrano necessari in quel gran circo che è diventato il calcio italiano. Nella sua presentazione Benaglia ha sottolineato soprattutto come oggi si educhino i giovani calciatori a convincersi fin da piccoli che non basta saper giocare bene, ma occorre curare soprattutto l’immagine. Il calciatore è prima di tutto un “personaggio” e dunque “l'apparenza supera la sostanza”. In questo senso non si può non concordare con la costatazione che il calcio è lo specchio del paese, poiché in ogni campo della vita sociale, economica, civile, le cose oggi sembrano stare proprio così.
Quando si affrontato questi temi viene spesso messa sotto accusa la figura del procuratore (con tutte le sue “variabili”), figura chiave nel calcio degli adulti e ormai sempre più presente ed invadente anche nel calcio giovanile. Sollecitato da De Feis, Braghin ha voluto ricordare come troppe volte questi intermediari presentino il calcio in maniera distorta rispetto alla realtà; e accade che i ragazzi, ma anche le famiglie e le stesse società, siano a volte vittime di questi personaggi. In questo campo occorre invece rispettare le regole, che dicono che l'agente può entrare in scena quando il ragazzo fa il suo primo contratto da professionista, e non prima.
Da tutto ciò emerge una verità molto importante, ben individuata e chiarita dall'ultimo intervento di Braghin: nella nostra società è saltato il patto educativo tra gli adulti, e dunque sono proprio questi ultimi i responsabili delle storture che vediamo anche tra i ragazzi, che sono, alla fin fine, le vittime di questa situazione. E allora tanti comportamenti sbagliati dei giovani, che tutti noi stigmatizziamo (e che il libro di Benaglia evidenzia molto bene), hanno origine nel mondo degli adulti di oggi. È la stessa conclusione a cui si era giunti nel convegno dell'anno scorso, con le riflessioni proposte da Mister Ezio Glerean: i ragazzi sono sempre gli stessi, con i loro sogni e le loro passioni, sono gli adulti che oggi li rovinano.
Ecco allora perché è importante ricordare e continuare il lavoro fatto da Graziano Colotti. Scrive ancora Bolognini: ”Dei ragazzi delle giovanili Graziano allenava anche il cervello e non solo il fisico. Cercava insomma di formare uomini e non solo calciatori, e scusate la frase fatta. Bellissima, in realtà, se non fosse il motto di tutti di quegli allevamenti di polli che sono le grandi scuole calcio. Risultato: i calciatori sono ultimamente sempre più di scarso livello, tattica inculcata fin da bambini, tecnica zero, etica non pervenuta. E gli uomini non sono immorali, ma a-morali, che è forse peggio.
Invece Graziano, e quelli come lui, perché non era certo il solo, pensava anche alla tattica, certo, ma privilegiando la tecnica e ancor di più l'etica. Del risultato guardava non il punteggio, ma come lo si otteneva, con lealtà e rispetto dell'avversario; certo, cercando la vittoria, provandoci fino all’ultimo, migliorandosi, ma se andava diversamente anche ammettendo che gli altri erano stati più bravi, o fortunati. Il paradosso è che viveva per il calcio, eppure non ragionava solo di quello, e lo spiegava ai suoi ragazzi. Il suo modello, altro paradosso, era di quei maestri di umanità che il grande calcio a parole loda, ma in realtà usa solo come copertura di brutture, senza mai coinvolgerli davvero, ascoltarli, dargli poteri. Solo nel calcio di provincia uno così poteva fare qualcosa, e infatti l’ha fatto, e chi ha incrociato la propria strada con lui non lo scorderà tanto presto. Alla fin fine non conta altro, in quell’arte dell’incontro che è la vita. E quindi, grazie, Graziano”.
Parole bellissime e che non hanno bisogno di ulteriori commenti. Gli organizzatori vogliono soltanto ringraziare i relatori, la famiglia di Graziano, tutti gli intervenuti e i tanti “Amici di Graziano” che hanno collaborato per la riuscita della manifestazione.
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