Ebbene sì, il segretario della NATO Rutte (nomina sunt omina) ha recentemente dichiarato, senza perifrasi, che "siamo tutti in pericolo". Ha spiegato che i missili russi potrebbero, da un momento all’altro, colpire Roma o Londra.
Continua, dunque, imperterrita la narrazione propagandistica incardinata sul terrore: terrore che, come ormai dovremmo ben sapere, rappresenta un vero e proprio metodo di governo, dacché le masse terrorizzate sono disposte ad accettare docilmente tutte le misure liberticide poste in essere, a patto che siano presentate come atte a garantire la sicurezza minacciata.
L’emergenza epidemica dovrebbe pur averci insegnato qualcosa. Governare mediante la paura rappresenta un punto cardinale dell’ordine neoliberale contemporaneo. Non più il nemico invisibile identificato con il patogeno, ma la Russia di Putin viene ora utilizzata come minaccia per giustificare le politiche emergenziali, secondo una narrazione propagandistica in accordo con la quale la Russia di Putin sarebbe in procinto di invadere e aggredire l’Europa: con la conseguenza per cui quest’ultima dovrebbe prepararsi bellicamente a reagire all’attacco.
Per questa via, l’ordine dominante può presentare il proprio riarmo (in specie, il folle piano del Rearm Europe) e magari anche il conflitto come se fosse dovuto alla Russia, quando in realtà, come sappiamo, allo stato dell’arte, è l’Europa che si sta riarmando fino ai denti e che sta provocando la Russia, quasi come se volesse trascinarla a tutti i costi nel conflitto.
In secondo luogo, non ci stupiremmo se, come già accadde con l’emergenza epidemica, venissero presto poste in essere misure liberticide e palesemente repressive, giustificate come necessarie per fronteggiare l’emergenza bellica cagionata dalla Russia di Putin. Insomma, cambia l’oggetto dell’emergenza, ma persiste lo schema operativo e narrativo di ordine emergenziale, utilizzato come ars regendi da parte del sinedrio liberal-atlantista per potenziare il proprio dominio.
Intanto, il guitto di Kiev, l’attore Nato Zelensky, prodotto in vitro di Washington se non di Hollywood, continua a fare la parte che più gli compete, quella dell’attore di second’ordine. E adesso inscena una tragedia greca in piena regola, piagnucolando in mondovisione e lagnandosi accoratamente del fatto che i suoi alleati non supportano adeguatamente l’Ucraina.
Con tutta evidenza, le cose stanno andando ben altrimenti rispetto ai desiderata del guitto di Kiev e del suo padrone a stelle e strisce. Non soltanto la Russia di Putin non accenna a crollare, come pure i professionisti dell’informazione ci avevano garantito sarebbe accaduto nel volgere di pochi mesi: la Russia sembra oggi più ringalluzzita che mai, forte economicamente e militarmente, aperta a un mare magnum di nuove relazioni commerciali e politiche. Oltretutto, nei giorni scorsi la Russia ha abbattuto ben 250 droni ucraini.
In difficoltà, semmai, sono l’Ucraina del guitto di Kiev, l’Unione Europea degli euroinomani delle brume di Bruxelles e, dulcis in fundo, la civiltà talassocratica dell’hamburger. Mentre l’occidente, anzi l’uccidente liberal-atlantista, affonda gradualmente come il Titanic, il veliero russo procede speditamente e, come avrebbero detto i latini, ventis secundis.
Che cosa vuole dunque di più dai suoi alleati il guitto di Kiev? Vuole altre armi e altri soldi? Non ne ha già avuti a sufficienza? Una cosa deve essere chiara al di là di ogni ragionevole dubbio: l’attore Nato non vuole in alcun modo che si giunga alla pace, anche perché nel momento in cui dovesse terminare il conflitto, egli dovrebbe rendere conto del proprio operato al suo popolo e siamo certi che il giudizio non sarebbe particolarmente benigno.
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