Da Pietro Tapanelli, consigliere comunale indipendente di Camerino, riceviamo
Il 27 dicembre si è tenuto a Camerino un consiglio comunale sul tema “terremoto” che, alla luce del discorso del Presidente Mattarella e della recente proposta dell’amico Mario Cavallaro che suggerisce maggiore sinergia tra i comuni dell’entroterra, ha portato all’attenzione il fatto che le aree interne terremotate potranno riprendersi solo se la politica metterà al centro della propria agenda la priorità del lavoro.
Da anni ormai noi cittadini “montanari” stavamo percorrendo una china che lasciava poche speranze ad un futuro prospero e ricco di successi economici, ma precipitare così repentinamente nel burrone dell’oblio, francamente, pensavo non potesse mai accadere. Personalmente ho sempre creduto in un andamento ciclico dei trend economici e sociali, che avrebbe, prima o poi, fatto ritornare in auge i nostri territori martoriati dalla crisi, dallo spopolamento e dall’abbandono di una politica sempre troppo attenta solo ai problemi di zone più densamente popolate. Dal profondo del cuore spero che qualche politicante non approfitti della situazione per spolpare, ancora di più, i nostri territori, ma purtroppo già vedo qualche avvoltoio aleggiare nei cieli plumbei delle nostre aree interne.
Parlare di ricostruzione privata, come stiamo facendo oggi, non ha senso senza il primo passo della ripresa economica del territorio. La priorità, in questa fase, deve essere quella di rimettere in piedi le attività industriali, commerciali, artigianali e le partite iva, affinché la popolazione non sia costretta ad abbandonare la propria terra per assenza di prospettive occupazionali: problema già esistente ed acuito dalla catastrofe sismica. Anche mons. Battisti, arcivescovo di Udine, all’indomani della scossa di maggio del ’76 che colpì il Friuli, disse: “Prima le fabbriche, poi le case e poi le chiese.”
Camerino, Castelraimondo, San Severino, Matelica e Tolentino devono ora camminare insieme per fare da esempio agli altri centri più piccoli devastati (Visso, Pievetorina, Pievebovigliana, Ussita, Castelsantangelo, ecc.). Occorre abbandonare rivalità e campanilismi consunti ed unire, almeno politicamente, 55.000 cittadini che, insieme, faranno la differenza nelle decisioni politiche. Bisogna tornare ad essere attori veri e non meri esecutori di decisioni calate dall’alto.
Questa sinergia deve portare ad un documento ufficiale di sviluppo condiviso, che dia le linee guida per la ripresa da qui ai prossimi 15 anni, votato da tutti i consigli comunali e presentato agli organi di governo regionale e nazionale. Una “No tax” area per le imprese per 20 anni, il potenziamento della sanità e nuove facoltà per l’Università di Camerino, l’Università del territorio, sono solo alcuni punti focali da ufficializzare. Sempre dall’esperienza Friuli è bene ricordare che l’Università di Udine nacque proprio nel ’78 con i fondi stanziati dal Governo per la ricostruzione.
È il momento di pretendere e non di mendicare. Noi cittadini delle aree interne abbiamo diritto di vivere la nostra terra e non dobbiamo elemosinare le briciole del pantagruelico piatto delle decisioni politiche nazionali e regionali. I soldi si trovano solo per salvare le banche o anche per rilanciare le aree interne?
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