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Macerata, il futuro Sindaco? Rimetta la Chiesa al centro del villaggio

Macerata, il futuro Sindaco? Rimetta la Chiesa al centro del villaggio

Mentre il candidato del centro sinistra Narciso Ricotta, tra yoga e pedalate elettriche gioca “fuori casa” sul “green” dei Pentastellati, scatenando le ire del candidato M5S Roberto Cherubini, che invoca lo “ius primae electrics”, quello del centro destra, il parvenu della politica Sandro Parcaroli, scalda i muscoli giocando in casa dei commercianti, da sempre sul piede di guerra contro gli amministratori del Capoluogo.

Confronti a distanza, termine molto in voga nel post Covid, prime lievi schermaglie: piccole cose, orfane persino del suo assessore dedicato.

I candidati devono ancora mettere al centro del villaggio la Chiesa, secondo un vecchio proverbio francese (“On a remise l’église au milieu du village”), oggi in voga nell’ambito sportivo, che starebbe a significare “ottenere una vittoria che metta le cose al loro posto”, proprio come quando nell’antichità si edificavano intere città intorno ad una Chiesa, il cuore dell’intera comunità e non solo di quella religiosa.

I temi elettorali, invece, escono ed entrano confusamente come in una porta scorrevole, senza che la questione fondamentale prenda il sopravvento e si piazzi al centro della battaglia elettorale, mettendo nelle condizioni, da un lato, ogni singola compagine di comunicare i propri caratteri distintivi, e dall’altro lato, i cittadini elettori di scegliere al di là dell’appartenenza a questo o a quel partito.

E la questione fondamentale, la “Chiesa” appunto, ha un solo nome: sviluppo.

Cari candidati Sindaci, non ci frega nulla di cene nostalgiche o di pranzi presso cooperative che lavorano con le amministrazioni pubbliche, di mancanza di cultura politica, di nani, giganti e ballerine: i cittadini, le famiglie, i giovani maceratesi, le Partite IVA e chi tira su ogni mattina la saracinesca, desiderano conoscere quale idea di sviluppo ha chi vuole governare la città per i prossimi 5 anni, e soprattutto come metterà in pratica quell’idea con iniziative concrete e adeguate risorse.

Per dirla con Woody Allen: ci interessa “da dove veniamo, dove andiamo, ma soprattutto cosa mangiamo stasera”.

E non si può parlare di sviluppo oggi se non si parte dalla situazione in cui ci troviamo.

Per questo ci viene in soccorso il quotidiano economico Il Sole 24 Ore, che proprio lo scorso dicembre ha celebrato i 30 anni della sua classifica delle oltre 100 province italiane dove si vive meglio, la “bibbia” per chi ama capire il livello della qualità della vita in un determinato territorio.

La classifica generale per Macerata è impietosa: era al 12mo posto nel 1990 (l’anno delle notti magiche di Totò Schillaci), ed oggi è scivolata al 32mo, perdendo ben 20 posizioni.

Il Sindaco di allora era Carlo Ballesi, a cui subentrò nel 1992 Carlo Cingolani; poi, dopo la breve parentesi del Commissario Verrecchia, Gian Mario Maulo fino al 1997; seguì la breve esperienza di Anna Menghi, con parentesi commissariale, che aprì al ventennio dei Governi di centro sinistra e alla staffetta Giorgio Meschini (2000-2010) - Romano Carancini (2010-2020).

In questo “quarto e passa” di secolo, Macerata ha manifestato segni evidenti di un lento e inesorabile declino, registrando dati spesso al di sotto la media nazionale e smentendo la sua innata vocazione all’aurea mediocritas, un valore ambiguo ma che ci attestava dignitosamente fra gli “ultimi dei primi”, tra piccolo è bello, benessere diffuso e modello di sviluppo a misura d’uomo che ci avevano illuso di poter vivere nel cuore di una “grandezza perenne”.

Oggi, quella “grandezza” e quell’orgoglio di rappresentare un Capoluogo di una provincia attrattiva, dove valga la pena investire, lavorare e vivere, sono sentimenti nostalgici che inteneriscono gli over 40 anni, e rappresentano ben poca cosa per vincere le nostre disillusioni.

E questo declino fa ancora più male se paragonato alla situazione delle altre province della regione, una istituzione quest’ultima, sempre guidata dal centro - centro sinistra (dopo il democristiano Rodolfo Giampaoli ed il socialista Gaetano Recchi, dal 1995 ad oggi ha governato il trio Vito D’Ambrosio, Gian Mario Spacca e Luca Ceriscioli).

Fatta eccezione per Pesaro, passata da 39ma a 53ma, alle altre province delle Marche è andata, infatti, decisamente molto meglio: Ancona e Ascoli in 30 anni, tra alti e bassi, hanno fatto un balzo in avanti di ben 15 posizioni, attestandosi, rispettivamente, a quota 31 e 26.

Cosa è successo in questo trentennio per determinare un declino così marcato di Macerata?

Lo si capisce meglio se si analizza le singole aree che vanno a determinare i numeri della classifica generale.

Prendiamo quella più importante, “Ricchezza e consumi”, una voce che raduna dati significativi, quali, tra gli altri, il PIL pro capite, i depositi bancari, la spesa delle famiglie per beni durevoli e il reddito medio dei contribuenti.

Macerata era addirittura al primo posto nel 1990, mentre oggi è drasticamente scivolata al 60mo, ben al di sotto della media nazionale e invischiata a non “retrocedere” nelle retrovie, da sempre dominate dalle province del Sud.

Si peggiora alla voce “Ambiente e servizi” (dal 10mo al 22mo posto), mentre stabili sono i dati di “Giustizia e sicurezza”, anche se ce la battiamo sempre tra le ultime 30 posizioni, e “Affari e lavoro” (qui Macerata era 36ma nel 1990 e si trova 34ma oggi, in pratica “tempo nuvoloso, ma stabile, o viceversa”).

A quest’ultima voce ci sono dati in chiaroscuro: la disoccupazione è sotto all’8%, ma preoccupa il fatto che 1 individuo su 3, per lo più, under 30 anni, non lavora, non studia o si forma, e né cerca lavoro.

Quali prospettive, se non quelle di emigrare, possiamo offrire ad un giovane diplomato o laureato?

Le imprese non crescono come una volta (sono 12 ogni 100 abitanti), anzi il tasso di mortalità di quelle iscritte alla Camera di Commercio è sempre elevato, mentre anche il turismo, che ha fatto balzi in avanti in altre zone della regione, non si mantiene all’altezza delle aspettative: basti pensare che, nel nostro territorio abbiamo 12 posti letto ogni chilometro quadrato, contro, ad esempio, i 21 di Pesaro.

E le nuove tecnologie digitali?

Il 4.0 è realtà dentro le aziende più importanti, ma spesso è un sogno per le piccole imprese e per molti cittadini della provincia.

Solo lo 0,3% del totale delle imprese ha un portale e-commerce, le start up innovative sono pochissime (8 ogni 1000 società di capitale), mentre la copertura della banda larga non arriva al 41%.

Sono numeri preoccupanti, che dimostrano nella loro freddezza come Macerata e il suo territorio, abbiano perso quella spinta propulsiva che ci aveva affrancato dalla povertà post bellica, aperto al baby boom degli anni ’60 e alla crescita impetuosa dei distretti industriali diffusi, dall’entroterra alla costa, con il Capoluogo destinato ad arenarsi a poco più di 40mila abitanti, infrangendo i sogni visionari dei tifosi dei 100mila.

Macerata ha bisogno ancora di questi “visionari”, in grado di riaccendere, non solo le speranze, ma soprattutto il motore di una città che deve essere un alto valore aggiunto di rappresentanza, politica e istituzionale, a sostegno della crescita di un terziario realmente innovativo, di un commercio di qualità, di un’offerta culturale e di vita sociale adeguate alle esigenze di un mondo che sta cambiando ad una velocità supersonica.

In attesa di questa “visione”, confidiamo tutti che nelle prossime settimane i candidati alla guida dell’Atene delle Marche, ci “dicano qualcosa di sviluppo”, che non è né di destra e né di sinistra. Ma semplicemente “è”.

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