EDITORIALE - Forza Ricci, succedi a Letta. Così le Marche, dopo Meloni e Acquaroli, fanno cappotto
Gli avvoltoi, si sa, si fiondano voraci sulle carcasse in decomposizione di animali moribondi o morti. Li individuano dall’altissimo del loro incedere attraverso uno svolazzamento maldestro, tipico di quei pochi volatili che del volo non ne fanno un dono eletto, ma quasi un accessorio della loro natura più autentica.
Poi, questi straordinari uccellacci di rara bruttezza, atterrano sui resti informi di corpi già in preda a batteri voraci e semi-invisibili, minuscoli esserini pronti a restituire alla natura ciò che rimane di una vita.
Il Matteo Ricci di Pesaro, ben distante dalle gigantesche qualità del suo (purtroppo) omonimo, il nostro maceratese Ricci Padre Matteo, non ha perso un secondo per gonfiare i polmoni e promuoversi sul campo “segretario post Enrico Letta”, quest’ultimo noto ai più come “mister eterna disfatta”.
Il Matteo perenne ospite di talk TV da “infotainment”, presentandosi come l’unico in grado di nascondere sotto il tappeto della storia le ceneri di un glorioso partito, si palesa pronto ad archiviare la gestione suicida di un povero segretario, già al gate di Fiumicino destinazione Parigi.
Siamo tutti con te. Forza Matteo (Ricci e non quello più celebre dell’Enrico stai sereno), guida pure il partito (si fa per dire) degli eterni “perdenti di successo” (quelli che governano anche quando non vincono).
Lascia al loro splendido destino i tuoi concittadini della seconda città delle Marche, futura “capitalissima” della cultura, sempre in bilico tra una marchigianità repressa ed una altrettanto repressa romagnolità, insensibile al fatto che quella tua cadenza da ballerino di liscio, al ritmo della musica del compianto Casadei, non può scaldare gli animi di una regione come le Marche.
Il Ricci concittadino di Rossini (chiedo scusa al Maestro per questo azzardato accostamento) è l’emblema del caos che regna sul terreno degli pseudo-riformisti/progressisti. Il Matteo rossiniano dice che, per risollevare le sorti di un Pd allo stremo, sia necessario partire dalla politica di prossimità, emblematizzata da quei sindaci che sono più a contatto con la “gente”, categoria che l’Istat non ha mai individuato.
Dal canto suo la sindaca Pd del ”capoluogo-mai-capoluogo” Ancona, la Valeria Mancinelli d’Europa, lo azzittisce, facendo notare, neanche tanto sommessamente, che in memoria della cinquestelliana memoria del pippone “uno vale uno”, non esiste un “partito” dei sindaci, ma che tutti – amministratori, dirigenti, iscritti – sono persone in carne ed ossa e non esponenti di una categoria eletta ad uso e consumo delle ambizioni del Matteo di cui sopra.
Fa anche senso, nel senso di rabbrividire fino alla pelle d’oca, che il Matteo delirante sia stato appoggiato dal suo omologo De Caro, sindaco di Bari, che più per la buona amministrazione si è distinto per le sue maratone contro chi infrangeva il lockdown 2020 di Contiana memoria, azzannando i propri concittadini che, comprensibilmente esausti delle restrizioni, avevano intentato una delinquenziale passeggiata al mare, in spiaggia e lontano da tutti e soprattutto dalle quattro mura di casa.
Infine, la Morani, la Dea mancata del Pd del Terzo Millennio, una esponente di quelle demenziali quote rosa che non ce l’ha fatta, una macchietta che ci mancherà. Non gliene ha mandate a dire al Ricci Matteo la primatista mondiale delle griffe (tra borse e tacco 12) e delle gaffe (memorabile quella che invitava i pensionati ad ipotecare la propria casa se non avessero i soldi per arrivare a fine mese).
L’Alessia senza peli sulla lingua vuole da sempre spennare il Ricci-avvoltoio capace di presentarsi come il “nuovo” dopo, a detta della politica di Macerata Feltria, aver presenziato in prima fila le esequie di ben 4, diconsi quattro, capi del partito erede di tale Enrico Berlinguer. Per questo gli ha mandato a dire: “Matteo-Enrico stai sereno”. Eppure noi non siamo d’accordo con questo astio motivato.
Caro Matteo-Enrico Ricci, urliamo a bassa voce: tira diritto e non ti curare di queste critiche gratuite e velenose, che sanno di vendetta personale e non rendono merito al tuo spessore di politico ambizioso, egocentrico e individualista a cui hai abituato i tuoi concittadini ed i marchigiani tutti. Facci il miracolo di andartene a scorrazzare per le viuzze romane, a ricucire gli strappi di una stoffa pregiata che era un partito fatto, tra gli altri, di marchigiani veri, quelli che facevano gli interessi reali di questa regione e non si genuflettevano a quelli degli altri territori.
Un partito che ci ha lasciato a bocca asciutta su tutto ora merita un Governo romano amico di Ancona, un segretario di una opposizione da rimettere sui binari giusti, che sia amante e difensore di noi marchigiani, per non cadere nelle trappole di chi, oltre alla propria ZTL, pensa non ci sia vita in Italia. Meloni al Governo nazionale, Ricci segretario del primo partito di opposizione, Acquaroli al Governo delle Marche: un vero allineamento di pianeti. Verrebbe da dire: “What else?”.
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