EDITORIALE - Che rivoluzionari questi maceratesi! Vincitori e vinti non deludano la voglia di cambiamento
Una battaglia vinta? Di più: una rivoluzione.
Marche e Macerata al centro destra (non facciamo gli schizzinosi distinguendo Lega e centro destra, altrimenti questi ricominciano a bisticciare e si ritorna a votare a febbraio), il PD e molta parte della sua galassia frantumata, polverizzata, in ginocchio.
Eserciti di candidati lasciano il terreno per ritornare alle proprie faccende, ma per chi resta “dentro” la politica è giunto il momento di fare un paio di conti, e questo vale sia per i vincitori che per i vinti.
“Vae victis”, guai ai vinti, diremmo.
Vero, ma solo se non facciano subito autocritica e non comprendano che dalle nostre parti siamo davvero entrati nell’era del “niente sarà più come prima”.
Si parte dalla disfatta di Ancona.
Maurizio Mangialardi ha poco da recriminare.
Forse s’è troppo fidato dei guru della comunicazione che avevano contribuito alla vittoria di Bonaccini in Emilia Romagna, senza considerare che nelle Marche è meglio gustare una fumante porchetta nostrana che una piadina riscaldata.
Le belle narrazioni su Sanità, infrastrutture e sulla ricostruzione post sisma, non potevano celare gli errori dei Governi precedenti, per quanto si potessero raccontare con un modernissimo quanto subdolo marketing politico, una tecnica che ha fatto poca breccia nel cuore solido e concreto dei marchigiani.
Mangialardi ha coinvolto Sindaci, s’è speso in lungo e in largo, c’ha messo la faccia ed ha recuperato un gap notevole in partenza, frutto di errori ripetuti in serie dal PD, non ultimo quello di non ricandidare il Governatore uscente, il Professor Luca Ceriscioli, oggi unico vincitore morale della compagine di centro sinistra e che pertanto meriterebbe la Segreteria del partito come risarcimento per non aver avuto la possibilità del bis, una prassi che ha ripagato tutti gli altri Governatori italiani, da De Luca a Zaia, passando per Emiliano e Toti.
Autocritica? Ancora poca, in realtà.
Ci diranno che si riuniranno, che è troppo presto per analizzare con precisione il voto, che ci si deve rimboccare le maniche, e così via.
Ma non se ne andranno.
E allora ci ritorna ancora in mente la battuta di Nanni Moretti, il regista di “Ecce Bombo” che a Piazza Navona nel 2002 piena di “girotondini” tuonava contro l’Ulivo: “Con questa classe dirigente non vinceremo mai”.
E via con il solito sport di dare la colpa agli altri, una moda diffusa, dalla Cina per Trump, alla pioggia per Mazzarri quando allenava l’Inter, alle mezze stagioni che non ci sono più.
Accusare il Movimento Cinquestelle regionale di “narcisismo” - come ha detto lo stesso Mangialardi - per non aver stilato un accordo fotocopia del Governo Conte, è sembrato ai più un pò ingeneroso: primo perché, la somma dei due elettorati non sarebbe stata così “matematica”, e poi perché neanche questa mossa last minute avrebbe colmato i quasi 100mila voti di distanza dal neo Governatore Francesco Acquaroli.
Perché, invece, non averci provato in tempo con il Professor Sauro Longhi, che forse avrebbe rassicurato i grillini e garantito un accordo più equilibrato con il PD?
Per questo, più che narcisismo direi proprio “voto d’espressione”, quello del M5S, voto il cui risultato non può aver soddisfatto i pentastellati, che hanno registrato l’ennesima picchiata rispetto alle passate consultazioni elettorali.
A proposito di narcisismo, parliamo del nostro Narciso, il maceratese Ricotta che, a capo della coalizione di centro sinistra, s’è fermato al 32% circa di consensi, spianando la strada alla storica vittoria di Sandro Parcaroli, l’outsider imprenditore, sognatore, persona perbene e chi-più-ne-ha-più-ne-metta, il quale in meno di due mesi ha squassato il panorama politico di una cittadina gattopardesca.
Lo skyline politica della città capoluogo non sarà più lo stessa di prima: il cambiamento ha vinto.
Non era facile: perché un conto che si abbia la voglia di cambiare, un altro è che si abbia il coraggio per cambiare, facendo davvero voltare pagina a ciò che si considera vecchio ma che ancora permane inossidabile e insostituibile.
I cittadini hanno espresso la voglia di cambiare ed hanno quindi fatto il primo passo per una “nuova Macerata”.
Ma attenzione: questa voglia non ha schieramento politico e va coltivata giorno dopo giorno.
Perché, se il neo Sindaco è una figura nuova e la coalizione che guida governerà per la prima volta dopo 20 anni il Comune, anche tra i “vinti” abbiamo registrato una gran voglia di novità.
Basti solo citare due nomi: Cicarè e Sigona.
Il candidato Sindaco Alberto Cicarè ha sfiorato il 5% concentrandosi su green e sostenibilità, due tematiche che anche in altre compagini sono state premiate dai maceratesi e che, quindi, il neo eletto Sindaco non può non tenerne conto.
L’altra novità riguarda il risultato di Macerata Rinnova, la lista a supporto di Ricotta più votata in assoluto e plasticamente rappresentata da Marco Sigona, che ha saputo offrire “a sinistra” l’espressione chiara di ciò che chiedevano i cittadini: discontinuità nell’essere rappresentati da persone lontane dai partiti e che abbiano maturato, attraverso la loro vita professionale, una profonda passione civile da condividere.
Sarebbe un peccato davvero se questi elementi di novità, questi segni concreti di voglia di cambiamento, proveniente dall’elettorato di entrambi gli schieramenti, andassero dispersi solo perché hanno fallito solo nei numeri la loro prima competizione politica.
Il campionato è lungo e ritirarsi dopo la prima giornata sarebbe davvero sciocco, perché la vera sfida ora è un’altra: essere all’altezza dell’esito rivoluzionario delle urne, dato che l’unica certezza per il futuro di Macerata e delle Marche è che si cambia sempre, e anche il cambiamento voluto oggi sarà da cambiare domani.
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