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Politica Camerino

Camerino, Tapanelli sul discorso di Pasqui: "Solito piagnisteo e sterile campanilismo"

Camerino, Tapanelli sul discorso di Pasqui: "Solito piagnisteo e sterile campanilismo"

Dal consigliere comunale di Camerino Pietro Tapanelli riceviamo una nota sulla relazione del sindaco Gianluca Pasqui a Montecitorio

 

Mi collego sul sito della Rai e vado alla ricerca del canale dedicato alle trasmissioni parlamentari. Trovo il video che fa al caso mio e mi metto comodo, aspettando con una certa trepidazione, e con sano ottimismo, l’intervento del mio sindaco Gianluca Pasqui all’incontro "Le città del futuro" tenutosi oggi presso l’emiciclo di Montecitorio. Una sorta di rendez-vous annuale, tra circa seicento sindaci, in cui si mettono sul tavolo istituzionale della Presidenza della Camera dei Deputati le migliori best practices che i comuni italiani cercano di portare avanti.

Attendevo, come dicevo, con positiva agitazione la relazione del sindaco di Camerino perché auspicavo, probabilmente con una ingenuità che non dovrebbe più appartenermi dopo anni di politica, una seria denuncia delle inefficienze politiche ed amministrative che caratterizzano l’attuale cratere sismico, accompagnata da una circostanziata proposta di rilancio del territorio. 

Invece, da consigliere comunale di Camerino, mi sono trovato costretto a constatare che non è stato affrontato nessuno dei due punti essenziali citati. Non solo il passaggio sulla burocrazia asfissiante è stato indolore, quasi di contorno ma, cosa ben più grave, non è stata spesa neanche mezza parola sul territorio maceratese devastato dal terremoto. Forse, come sindaco di Camerino, la sua attenzione è rimasta focalizzata sulla sola città ducale. Sicuramente è una strategia che consentirà all’amico Gianluca di governare Camerino per altri cinque o sei lustri e, glielo auguro sinceramente, di fare anche un salto di qualità politico verso cariche più blasonate. Altrettanto certamente, però, questa politica di quartiere porterà alla definitiva débâcle di tutto un territorio montano che non può più tollerare egocentrismi politici ed isolamenti campanilistici. Mors tua vita mea, oggi, si sta trasformando in un Titanic dove nessuno riuscirà a trovare riparo sulle poche scialuppe alla deriva.

Avrei voluto sentire: “Sono il sindaco di Camerino, ma anche di Pieve Torina, di Visso, di Castelraimondo e di tutti comuni che oggi, qui, non possono parlare. Certo, non tutti i comuni hanno gli stessi danni e, quindi, gli stessi problemi, ma il nostro territorio è un territorio unito che necessita di aiuto. Il terremoto non ha fatto altro che acuire, velocizzandoli, i mali, e i relativi processi di spopolamento e di spoliazione di servizi, che da anni attanagliano i nostri comuni. Mi sono confrontato con i colleghi sindaci terremotati e oggi, in questa sede, vorrei chiedere investimenti seri sul terziario avanzato, sul turismo, sulla cultura e sulle tecnologie dell’innovazione. Abbiamo l’Università di Camerino, non del Comune di Camerino, che da anni lavora in questa direzione e anche noi, con il vostro aiuto, vogliamo seguirla. Camerino da solo non ce la farà e per questo, oggi, indosso la fascia di sindaco dell’entroterra maceratese. Ill.mo Presidente, mi permetto di proporre una correzione al titolo di questa bellissima iniziativa: non più Le città del futuro ma I territori del futuro”. Applausi a scena aperta. Politicamente inattaccabile. Con ovvia necessità, poi, di perseguire quella linea anche a livello regionale e nazionale. 

Invece ho assistito al solito piagnisteo avente ad oggetto, tra le altre cose, il carcere, il centro storico più grande del cratere e Camerino come centro di riferimento (come sempre, per grazia ricevuta). La declamazione, ormai proverbiale, della litania della sindrome di Calimero che dovrebbe far risorgere Camerino come capitale amministrativa di un territorio che, all'opposto, seguirà inevitabilmente logiche policentriche e di territorio. La nostra realtà dell’entroterra non dovrebbe avere più confini amministrativi, mentre invece, costantemente, si scontra con politiche da condomino che tentano pietosamente di far leva sui vecchi fasti di una nobiltà decaduta. Politiche pericolose e dannose, fatte sicuramente in buona fede, ma che devono essere stigmatizzate per il bene delle prossime generazioni.

Mi dispiace, perché per il futuro riecheggia nella mia mente solo ‘A livella di Antonio de Curtis. Sono anni che i comuni vicini ci dicono: “Ma chi te cride d’essere, nu ddio? Cca dinto, ‘o vvuò capì ca simmo eguale? Muorto si’ tu e muorto so’ pur’io, ognuno comme a n’ato è tale e qquale. ‘A morte ‘o ssaje ched’è? E’ ‘na livella.”

Il fatto che il paziente sia stabilizzato, come ha detto in aula il Sindaco, non corrisponde al vero e, se continuiamo così, ‘A livella di Totò sarà l’inevitabile profezia per il nostro territorio.

 

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