Per una settimana Monte San Martino si è popolata di giovani provenienti da tutta Italia. Attraverso la rete studentesca dell’Università di Macerata, si sono dati appuntamento nel piccolo borgo maceratese per portare a termine il progetto Terminalia che prese avvio all’indomani del sisma. A ricordare le prime mosse dell’iniziativa sono Luigi, Emanuele e Jacopo.
“La finalità - per dirla alla Marcoré - è quella di fare qualcosa per i territori colpiti dal terremoto, colpiti non solo nel patrimonio edilizio ma anche nel loro tessuto sociale”.
L’idea iniziale prevedeva una propedeutica ricerca documentale sui territori al fine di realizzare uno spettacolo teatrale dai contenuti originali. Sono studenti di filosofia e vogliono immergersi nelle comunità, conoscerle, e trarne spunti significativi per la loro rappresentazione. Ortezzano, Amandola, Smerillo e Monte San Martino sono le prime cavie. I progetti di ricerca, però, si sa dove iniziano ma non dove ti porteranno; il tempo passato a stretto contatto con la gente di questi Comuni arricchisce e sposta mezzi e fini. Alla dimensione antropologica si aggiunge prepotente quella più sociale; l’interazione è sempre più profonda e coinvolgente ed i ragazzi vogliono lasciare in cambio dell’accoglienza ricevuta qualcosa di concreto e tangibile. Cercano spazi ed angoli marginali dei paesini e li riqualificano, con un muretto a secco nel caso di Smerillo, con un forno sociale nel caso di Monte San Martino. Qui, però, le competenze degli aspiranti filosofi si fermano e arrivano in soccorso architetti dell’Università di Napoli e artisti dell’Accademia di Brera; la rete universitaria dà il meglio di sé e riesce a coinvolgere nuove competenze che arrivano da ogni parte d’Italia e d’Europa.
La spinta propulsiva iniziale ha bisogno ora di risorse anche economiche, per arrivare al “budget” ci si rivolge alla comunità di appartenenza del nucleo dei fondatori. Ostra sposa la causa e dopo una cena sociale con amici e famiglie il progetto può finalmente partire. Aziende e amministratori locali destinatari degli interventi, mettono a disposizione materie prime, logistica e mezzi.
Capita così che nel pieno dell’estate 40 ragazzi animino la piazza ed i giardini di Monte San Martino; qualcuno lo trovi a giocare con i bambini, qualcun altro organizza tornei di biliardino con i più grandicelli, l’esperto di cinema improvvisa la proiezione di film per gli anziani. Non prima però di aver murato, impastato e modellato il forno. Solo in serata fermano i cantieri per dar vita a quella che è diventata in itinere la finalità più importante del progetto: riallacciare la socialità dei luoghi, animare i superstiti non tanto del terremoto quanto della burocrazia della ricostruzione. Feste, balli e allegria coinvolgono l’intera comunità e tutte le generazioni che si alternano nelle diverse fasce orarie; loro col sorriso e a braccia aperte ci sono sempre. Arrivati in punta di piedi con le loro tende, diventano presto parte integrante della comunità, il primo pane uscito dal forno e spezzato insieme con tutti assume connotati simbolici non scontati e affatto banali. Chi nell’intesa settimana aveva portato all’accampamento/cantiere un ciambellone, una teglia di vincisgrassi o un barattolino di prelibati tartufi viene ripagato con un saporito pezzo di pane e un abbraccio. Qualcuno non nasconde occhi lucidi sia tra gli ospiti che tra gli ospitati ma il confine di questa distinzione non esiste più, la comunità li ha fatti propri e possono oramai ripartire. Resta una nuova area di socializzazione, discorsi e progetti che solo le prime luci dell’alba riusciva ad interrompere, resta la convinzione per tutti di aver appena trascorso un’estate veramente eccezionale. Grazie ragazzi ci rivedremo presto, la prossima estate o magari, come si dice da queste parti, “alla festa della mela rosa”.
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