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Fascisti uccisi da partigiani, il Comune di San Severino li commemora e scoppia la polemica

Fascisti uccisi da partigiani, il Comune di San Severino li commemora e scoppia la polemica

Fascisti uccisi da partigiani, nell’ottantesimo anniversario il Comune di San Severino Marche li commemora e divampa la polemica. È stata organizzata per il prossimo lunedì, 25 marzo, un cerimonia per ricordare l’uccisione dei settempedani Camillo Fulvi, commerciante di 45 anni, e Alberto Sfrappini, studente di 25 anni, entrambi camicie nere fucilati da truppe partigiane in località Caprara il 25 marzo 1944, come rappresaglia, probabilmente, in seguito all’eccidio del ponte di Chiggiano del 24 marzo dello stesso anno dove persero la vita cinque giovanissimi partigiani.

L’iniziativa, patrocinata dallo stesso Comune di San Severino Marche e sostenuta dall’associazione combattenti e reduci della provincia di Macerata, è stata, però, mal digerita dall’Anpi e dal nipote di uno dei commemorati che ha spiegato come la stessa amministrazione comunale settempedana “non abbia minimamente interpellato i familiari”.

“Nel manifesto in cui si annuncia la celebrazione si fa riferimento alle famiglie delle vittime che dovrebbero radunarsi per partecipare all’evento - spiega Fulvio Fulvi, pronipote di Camillo Fulvi -  resta il fatto che nessun componente della nostra famiglia è stato mai interpellato prima di organizzare l’iniziativa, appresa peraltro da uno di noi, per caso, attraverso i social network e sui siti web, dove è stato pubblicato il manifesto”.

“E non ci è stato chiesto nemmeno se fosse opportuno organizzare un gesto pubblico per l'80esimo della morte del nostro congiunto - continua Fulvi -. Il Comune, organizzatore dell’evento, ce ne ha riferito solo dopo una richiesta di chiarimento da noi specificamente sollecitata lunedì 18 marzo.  A cose già fatte”.

"Lo riteniamo grave - sottolinea Fulvi -  anche per questo nessuno di noi parteciperà. Ci domandiamo inoltre perché sono state escluse dall’organizzazione dell’evento altre realtà associative implicate nella tragica vicenda di guerra civile che si vuole ricordare ma nella quale sono coinvolte parti diverse e con diverse responsabilità, anche umane”.

“Siamo infine preoccupati per le possibili strumentalizzazioni politiche o ideologiche di un avvenimento che ha ferito nell’intimo la nostra famiglia, come tante altre di San Severino. Da nostro nonno Silvio, fratello di Camillo, fino all’attuale generazione abbiamo sempre vissuto questa morte con la necessaria riservatezza”. "Abbiamo portato, e portiamo, fiori e preghiere sul luogo dove fu massacrato zio Camillo: non vogliamo clamori né esaltazioni. È questa, crediamo, una forma di rispetto per i nostri morti ma anche per quelli degli altri. E ci auguriamo che le vittime di quell’orrore, Camillo e Alberto - conclude Fulvi -  non diventino strumenti di propaganda, di qualsiasi genere, come purtroppo - in questi tempi di forti tensioni sociali - è accaduto altrove nel nostro Paese”.

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