I non studiosi dell’arte hanno sicuramente sentito parlare per la prima volta di Christo, pseudonimo di Christo Vladimirov Tavacheff (1930-2020), quando nel luglio del 2016 venne inaugurato nel lago d’Iseo un pontile proprio ideato e realizzato dall’artista bulgaro, che poi abbiamo appreso essere uno dei rappresentanti, forse il maggiore, degli artisti della “land art”, l’arte della terra, una forma di arte contemporanea sorta negli anni sessanta negli Stati Uniti.
Christo poi era divenuto famoso in quanto aveva “impacchettato” tanti luoghi e strutture artistiche in base a quella che è una filosofia artistica, profondamente diversa da quella che un po’ tutti conosciamo, secondo la quale l’oggetto nascosto diventa più straordinariamente immaginato e apprezzato.
Un modesto accenno a quello che è stato il profondo contenuto dell’incontro del “Martedì dell’Arte” scorso, che Anna Donati porta affettuosamente avanti da anni, nel corso del quale il relatore, prof. Andrea Viozzi, ha appunto parlato della “land art”, dedicando la parte conclusiva alle opere maggiori di Christo, alla sua bella vita coniugale a quello che è stato l’ultimo progetto dell’artista bulgaro, che poi è diventato un cittadino del mondo, quello di impacchettare l’"Arco di Trionfo” di Parigi.
Il suo progetto rimane valido seppure lui non potrà vederlo per via della morte sopraggiunta. Sarà quella l’ultima testimonianza di un grande artista che dovrebbe avvenire nell’autunno di quest’anno.
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