Quello strano ottimismo sul credito che stride con la cruda realtà...
L’amministratore delegato di Nuova Banca Marche ha annunciato, così come previsto dal decreto, l’inizio della procedura di vendita dell’istituto bancario. Entro lunedì prossimo dovranno pervenire le manifestazioni di interesse all’acquisto. Un tempismo straordinario.
Ad occhio e croce, stando ai mercati, le banche stanno perdendo quasi il 25% del loro valore. Ciò significa che, allo stato attuale, guadagnerebbe molto di più un venditore di stufe a pellets all’equatore che non chi, di questi tempi, dovesse vendere una banca. Figuriamoci se essa banca è stata sottoposta, poco più di un mesa fa, ad un provvedimento di risoluzione. Qui ci sono in ballo quasi tremila posti di lavoro e trecento filiali da piazzare su un mercato che giorno dopo giorno sta andando letteralmente a picco. Noi però stiamo tranquilli. Proprio ieri, quando il Monte dei Paschi, valeva sul mercato un miliardo e mezzo (giusto la metà dell’ultima ricapitalizzazione da tre miliardi) il ministro Padoan dichiarava alla Reuters che non c’era nessuna specifica preoccupazione sulle banche italiane. Il sistema è solido e non c’è motivo di generare inutili allarmismi. Lo stesso fanno i grandi giornali di cui le banche – ma è solo una bizzarra coincidenza – detengono significative quote di maggioranza di questi. Quindi ne sono gli editori. Fonti dell’Unione europea hanno fatto trapelare ieri la notizia che sono pronti dei piani di risoluzione (la medesima procedura che ha colpito le quattro banche italiane) per ben quaranta banche del continente e che per altrettante si stanno studiando i medesimi piani. A noi ci continuano a dire di stare sereni e di non preoccuparci. Bankitalia e CONSOB hanno attentamente vigilato e continueranno indefessamente a farlo per salvare i nostri risparmi.
Un dettaglio significativo è che per la risoluzione di queste quaranta banche si sono consultate pure le autorità di vigilanza nazionali. Delle due una: o in Italia non è coinvolta nessuna banca, o in gran segreto ci rifileranno un altro, improvviso decreto domenicale con annesso azzeramento di azioni ed obbligazioni. Staremo a vedere. Il punto vero è che la vicenda di Banca Marche è stata solo la punta di un iceberg. Il sommerso era ed è molto più grave e preoccupante. E non è bastata la procedura di risoluzione di quattro piccole banche a mettere a tacere o a nascondere il mastodontico problema di tutte le altre. Soprattutto di quelle più grandi e cioè l’esorbitante cifra di crediti deteriorati che hanno in pancia. Questa dunque è la cornice entro la quale si muove pure la vicenda di Nuova Banca Marche. Benché questo giornale sia molto giovane, a differenza di altre testate, ha sempre guardato con occhio molto critico, da questa mia rubrica, tutti i passaggi sin qui avvenuti ed i protagonisti principali, Bankitalia in primis. Che con notevole ritardo ha condotto la situazione al doloroso epilogo della storia.
Mi hanno colpito, inoltre la leggerezza e la somma approssimazione delle dichiarazioni entusiastiche di politici di primissimo piano. Primo tra tutti il presidente Ceriscioli che ancora solo qualche giorno fa sprizzava entusiasmo da tutti i pori. Sosteneva Ceriscioli, il 12 gennaio, che “Nuova Banca Marche ora, senza più il carico dell’indebitamento, è nelle condizioni di ripartire e di sostenere il tessuto produttivo marchigiano.” Il punto che tuttavia gli sfugge è che qui ci sono quasi tremila dipendenti da salvaguardare e trecento filiali da tenere in piedi. Quale istituto di credito potrebbe ad oggi – ed in queste condizioni – farsi carico di questo onere? Oppure c’è la volontà di svenderle in blocco a qualche fondo sovrano estero che si farà carico di tagliare tutti i costi (personale e sedi comprese) e poi rivenderla dopo tre, quattro anni lucrando sulle plusvalenze? Vallo a sapere. Di sicuro tutto questo ottimismo stride terribilmente con la realtà vera.
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