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Economia

Prezzo del grano, la Cia Marche: "Stiamo perdendo 700 euro per ogni ettaro coltivato"

Prezzo del grano, la Cia Marche: "Stiamo perdendo 700 euro per ogni ettaro coltivato"

Ad oggi, specie sui cereali, "stiamo lavorando in rimessa. Abbiamo perso anche 6-700 euro l'ettaro, a seconda delle zone". È il dato allarmante segnalato dal presidente Cia Marche Alessandro Taddei, che confida nella ripartenza, avvenuta lo scorso 13 ottobre, la Cun (Commissione unica nazionale, ndr). 

Il ministro dell’agricoltura Lollobrigida ha accolto la richiesta della Cia perché venisse messa in campo la commissione unica nazionale sul grano - ha annunciato Taddei - un organo di vigilanza che opera al fine di formulare in modo regolamentato e trasparente i prezzi indicativi e la relativa tendenza di mercato, e assicura la trasparenza del processo di formazione dello stesso, rispondendo alle esigenze degli operatori di mercato di avere punti di riferimento sui quali basarsi per le proprie contrattazioni".

Per chi produce grano, la vigilanza della Cun (Commissione unica nazionale, ndr) è molto importante, perché il prezzo si decide nelle borse merci a livello nazionale e internazionale, spesso distanti dai reali problemi delle campagne. "Va ricordato che nel caso della farina di grano - spiega il Presidente Cia Marche - per fare un chilo di pane, il costo della materia prima dell'agricoltore incide solo per il 7% circa. Ovvero, per ogni euro l'agricoltore prende solo 7 cent: a queste cifre non riusciamo più a starci dentro".

Ecco perché la Cia Marche confida molto nella ripartenza della Cun, avvenuta due settimane: "Senza questa forma di vigilanza, il prezzo sul mercato era calato costantemente. Ora che la Commissione è tornata operativa, il prezzo ha già ripreso a crescere, anche se di poco, un segno di buon auspicio".

Tutto questo però non basta. Un esempio delle difficoltà di oggi per gli agricoltori "viene dal cosiddetto trimestre tricolore, che per gli agricoltori - spiega il presidente Taddei - non è di giovamento, anzi peggiora la situazione, perché lo sconto lo assorbono e lo subiscono le nostre aziende, non la grande distribuzione. Peggio: le grandi catene incassano di più, hanno pure la pubblicità del Governo, perché sul sito Ministeriale ci sono i nomi dei grandi marchi che aderiscono, poi però ai produttori come noi dicono: 'lo sconto, se volete restare nello scaffale del supermercato, ve lo accollate voi, se no andiamo da un altro'. Anche su questi aspetti “confidiamo che il Governo intervenga - conclude Taddei - la filiera così non è più sostenibile".

                                                                                   

 

 

 

 

 

 

 

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