Le artigiane della CNA si sono date appuntamento sul web per analizzare insieme i dati emersi dall’indagine del Centro Studi dell’Associazione sull’imprenditoria femminile.
Federica Carosi, coordinatrice del Comitato Impresa Donna CNA Macerata, ha introdotto i primi risultati dello studio: “Più di una imprenditrice o lavoratrice autonoma su due non si è fatta travolgere, nemmeno psicologicamente, dall’annus horribilis 2020. Addirittura quasi il 40% di questa platea in rosa l’anno scorso si è impegnato in maniera proattiva, a esempio riorganizzando la propria attività, o ha continuato a lavorare registrando a fine anno risultati economici positivi. Viceversa, il 47% circa assicura che, se l’emergenza non sarà superata in breve tempo, potrebbe ridimensionare fortemente la propria attività (39,1%) o addirittura chiudere i battenti (8,3%)”.
Giovanni Dini, Direttore del Centro Studi CNA Marche, si è addentrato sulle caratteristiche delle dinamiche regionali dell’imprenditoria in generale, sottolineando come le Marche stanno perdendo imprese in modo sistematico dal 2017: “da noi le imprese che cessano l’attività sono da anni un numero maggiore rispetto a quelle che nascono. L’apice del disastro economico portato dalla pandemia c’è stato nel secondo trimestre del 2020 quando i ricavi medi per una impresa sono scesi da 30.700 euro a 19.400 e anche se è poi risalito nel terzo trimestre (25.800), comunque non si è recuperato quanto perso”.
In queste dinamiche negative, le donne risultano più colpite rispetto ai maschi: “Le donne marchigiane – sottolinea Dini - soffrono particolarmente la dinamica decrescente, non solo delle imprese ma anche degli occupati e quella crescente dei disoccupati, pagando un prezzo molto più alto alla crisi rispetto agli uomini”.
Sul versante delle imprese, il Direttore del Centro Studi porta all’attenzione il trend storico fortemente negativo delle Marche: “la nostra regione negli ultimi 16 anni ha perso ben il 4,3% delle imprese femminili mentre nelle altre regioni, simili per struttura produttiva alla nostra, sono in aumento. Più 3% in Veneto, + 1% in Toscana, + 0,2% in Emilia Romagna, con una media nazionale che segna un + 2,3%, le Marche sono invece di segno negativo e anche di molto. Questa è una vera emergenza che chiede un intervento rapido da parte delle istituzioni. Nella nostra regione stiamo perdendo pezzi in tutti i settori produttivi ma in modo particolare nelle imprese condotte da donne che calano molto più velocemente rispetto alle altre”.
Il professor Dini dettaglia questa voragine a livello provinciale: “Solo nella provincia di Ascoli abbiamo un recupero nell’ultimo anno con 18 imprese femminili in più rispetto al 2019. Macerata, in proporzione, è la peggiore con 123 imprese rosa in meno; -170 per Ancona, -66 Pesaro e -14 Fermo per una complessiva riduzione delle imprese condotte da donne di 355 unità in tutta la regione”.
Si chiede quindi a Dini se ci sia almeno un dato positivo o che faccia ben sperare le donne marchigiane che intendono avventurarsi nell’apertura di una partita iva: “In controtendenza, possiamo dire che tra le imprese più recenti, quelle femminili sono più presenti rispetto a quelle più anziane. C’è quindi un dinamismo maggiore nelle imprese femminili rispetto a quelle maschili e questo già da una decina d’anni”.
Nella distinzione tra settori si ripiomba però nella drammaticità della situazione: “Le imprese femminili sono soprattutto nel settore della moda; costituiscono il 34,6% del totale rispetto alle 14,6% a guida maschile nell’abbigliamento e il 30,3% rispetto al 18,5% nel calzaturiero. Purtroppo entrambi questi settori tra quelli che soffrono di più la congiuntura economica sfavorevole”.
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