Da Civitanova all'America's Cup, una vita a vele spiegate: la storia di Cristiana Monina
Ha unito l'etica sportiva all’esperienza acquisita proprio nel mondo dello sport, dalla gestione dei tempi all’ambito comunicativo relazionale. Cristiana Monina è una velista e manager d’azienda originaria di Civitanova Marche ma con uno spirito cosmopolita, figlio della sua passione di una vita, il mare.
Dopo la carriera sportiva ha deciso di utilizzare la sua esperienza per essere di supporto a team aziendali e sportivi, soprattutto nell’ambito del team building, della gestione dei tempi di lavoro e dell’organizzazione. Con la sua azienda, la Monina Corporate Sailing, organizza eventi, corsi di formazione, meeting aziendali e esperienze di vela per collegare quel modo di fare, rigoroso ma libero, al mondo aziendale.
L’abbiamo intervistata per chiedergli delle sue esperienze e per parlare un po’ di America's Cup, che inizia oggi, giovedì 29 agosto, con la prima fase, la Louis Vuitton Cup, e che la vede impegnata come fornitore del team francese Orient Express Racing Team.
Come sei entrata nel mondo della vela?
"Sono cresciuta a Civitanova e al circolo velico di Civitanova. Tutta la mia famiglia abita lì e la mia carriera è iniziata in quel mare. Sono molto legata a quel Club Vela. Ho iniziato a 9 anni. È un circolo che ha sfornato tantissimi velisti di alto livello. Sono ormai più di 40 anni che vado per mare. Ho iniziato con l'Optimist, il 420, poi sono passata al Laser, con il quale ho vinto un campionato europeo femminile. Sono cresciuta poi sempre di più di classe e categoria. Ho fatto varie esperienze di match race, di regate in altura fino ad arrivare a due traversate oceaniche".
Quando si è trasformata la tua attività da sportiva a comunicativo-gestionale?
"Quando sono stata scelta come testimonial della Tim, ho vissuto dall’interno grandi eventi. Da lì l’idea di fondare questa società, Monina Corporate Sailing e di organizzare attività aziendali e di comunicazione nel mondo della vela. Ho iniziato nel 2007 le prime attività comunicative. Mentre facevo le campagne olimpiche pensavo a come poter mettere a disposizione di team aziendali e professionisti la mia esperienza. Un’esperienza che avevo acquisito non solo nello sport ma anche nella gestione di tempi e spazi e nell’organizzazione di una stagione sportiva. Come si può immaginare in tanti anni di regate ci sono stati tanti successi ma anche tante sconfitte. Sconfitte anche nel cercare uno sponsor o nel comunicare un messaggio, nell’interagire con la squadra, nel preparare una stagione, nella logistica. È un mix vasto di conoscenze che è applicabile sia a livello sportivo che aziendale. Ho cercato di creare la metafora tra vela, mondo sportivo e azienda. Sono un po’ uscita dal solo corpo di sportiva e attraverso esperienze di coaching e di formazione, ho appreso come un mondo può essere di supporto all’altro".
Hai parlato di campagne olimpiche, raccontaci questa esperienza.
"Ho vinto le selezioni italiane per le olimpiadi. Questo ti dà accesso alla campagna olimpica. Sono varie gare preliminari di accesso all’Olimpiade che si svolgono durante gli anni precedenti in giro per il mondo. Per otto anni ho partecipato a questi eventi, ragionando su come gestire le forze e programmare un susseguirsi di gare così importanti. Nella mia categoria accedevano 14 nazioni. Purtroppo non sono riuscita ad accedere alla fase finale. Ma è stata comunque un’esperienza enorme. Non è facile gestire un percorso del genere. Convivere con la "sconfitta" di non essere arrivata alle Olimpiadi all’ultimo gradino, per me è stata una grande fonte di insegnamento, perché ho fatto molti errori e ho capito come dosare le forze, ho capito soprattutto che bisogna chiedere aiuto e lavorare di squadra".
Arriviamo all’America’s Cup. L’impegno di Monina Corporate Sailing nell’evento qual è?
"Come Monina Corporate Sailing, abbiamo due compiti. Siamo fornitori del team francese, l’Orient Express Racing Team, di un grande catamarano per ospitare fino a 75 persone al giorno. Quindi tutte le loro aziende e tutti i loro sponsor saliranno sul catamarano che gli abbiamo fornito per seguire le regate da vicino. In più abbiamo altre barche che ospitano i gruppi aziendali che vogliono vedere le gare. È un modo unico per fortificare le relazioni con i propri dipendenti e clienti e vivere da vicino questa grande metafora tra il mondo dello sport e l’azienda, perché l’America’s Cup è innovazione, progettazione e raggiungimento dell’obiettivo attraverso l’adattamento e il cambiamento".
Tornando ad indossare le lenti sportive, un tuo commento sulle regate preliminari e su questa 37esima America’s Cup.
"Noi che abbiamo una certa età, siamo abituati a vedere delle barche più lente e tradizionali. Facciamo ancora spesso fatica ad abituarci a questo nuovo mondo velico. Anche gli equipaggi si sono adattati per seguire questa innovazione. Prima erano formati da 17 persone, ora solo 8, di cui solo 4 velisti, gli altri sono ciclisti o canoisti. Il lavoro per creare un equipaggio competitivo e diverso. Se prima cercavi il miglior timoniere e il miglior prodiere, ora tutto è legato alla velocità. Questa è davvero la formula uno del mondo della vela".
Questo nuovo modo di intendere la vela può allontanare o avvicinare più persone al mondo della vela?
"Credo che sia una competizione che segue anche le generazioni. Ci una suddivisione, c’è chi ama la velocità e chi ama l’avventura. La generazione di giovani d’oggi predilige la velocità. È molto coinvolgente vedere queste barche che sfrecciano e volano a 50 nodi. Ovviamente la velocità non è tutto. Queste sono barche che rischiano costantemente di rompersi. Infatti i nuovi timonieri devono essere bravi a capire quali sono i loro limiti".
Una figura che ha saputo quindi ampliare e adattare il suo bagaglio esperienziale ad un nuovo contesto, senza abbandonare la sua passione per il mare e per la vela.
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