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Cultura Macerata

“Ho perso il brand”, la folle estate della promozione turistica

“Ho perso il brand”, la folle estate della promozione turistica

Sarà forse per l’overdose di webinair (nel solo mese di marzo, 32 milioni di italiani sono stati appiccicati ai telefonini per più di 4 ore al giorno - Dati Audiweb); sarà forse per la naturale predisposizione di politici e amministratori ad improvvisarsi “esperti” e promuovere con il classico “fai-da-te” la sagra della patata viola in internet; sarà anche perché, dopo i flop dei vari Arcuri, Colao & C. - frutto della bulimia da task force del Premier Conte - è meglio non fidarsi ciecamente dei curricula degli pseudo-esperti, se non per la celerità con cui somministrano le parcelle al Committente Pubblico (in pratica, a noi).

Sarà … ma la prima estate post Covid, tra cali di presenze, alberghi mezzi chiusi, cuochi, baristi e camerieri a spasso, con mezza Europa che apre e noi italiani ancora a gareggiare tra chi porta più iella e la spara più grossa sulla seconda ondata del virus, registriamo con stupore una crescita esponenziale di proposte creative sulla promozione turistica di regioni e comuni.

Questo proliferare di spot e testimonial la dice lunga sull’assenza totale di una programmazione seria sul Turismo, tipica del nostro procedere attraverso la non-strategia del “tutti separati appassionatamente”, dove i viaggi inutili per promuovere nel mondo le nostre bellezze sono l’emblema degli sprechi, come i biglietti aerei in business class per funzionari italiani a Dubai stanziati negli 11 milioni di euro del Decreto Rilancio.

Turismo, la prima industria italiana (senza un Ministero).

Il turismo è la prima industria del Paese, ma non ha neanche un Ministero dedicato, considerato che il Ministero del Turismo, istituito nel 1959, fu soppresso con il Referendum del 1993 su proposta di 10 regioni, tra cui le Marche.

Ora, mentre si può capire perché le Regioni volessero “decentrare” una competenza chiave come la promozione turistica dei propri territori, meno si capiscono le lamentele italiche sul flop di strategie efficaci, quando quel referendum fu un autogol pazzesco provocato da ben 28 milioni di italiani che votarono per il “Sì”.

Cancellare un Ministero chiave per la nostra economia, delegando agli Enti locali la programmazione, la promozione, la ricerca di risorse, ha fatto sì che oggi parliamo solo di “turismi” e non di turismo italiano: una ricchezza di proposte disarticolate - e in alcuni casi demenziali - che impoverisce tutti gli operatori economici, senza per altro soddisfare appieno chi va in vacanza prenotando su Booking o acquistando biglietti su Ryanair.

E così, noi orfani di una strategia nazionale che non c’è, anche per colpa nostra, allora ci muoviamo in ordine sparso, mettendo in campo tutto il meglio (e il peggio) della creatività improvvisata.

Il bonus vacanze, buona l’idea, un pò meno l’applicabilità.

Creativi, ad esempio, gli ideatori del bonus vacanze, che già il primo giorno ha fatto registrare un boom di domande, con 150mila nuclei famigliari che hanno richiesto il contributo fino a 500 euro per soggiornare in alberghi, campeggi, villaggi turistici, agriturismi e bed & breakfast in Italia.

Soddisfatto il Ministro Dario Franceschini (sì, perché, nonostante la sua soppressione, il Turismo ha un suo Dipartimento al MIBACT), un pò meno i diretti interessati: italiani alle prese con app e isee, albergatori che dovranno anticipare lo “sconto” dell’80% per vederselo riconosciuto in credito d’imposta, Booking & C. vietati, quando oggi le prenotazioni viaggiano solo grazie a questi colossi del web (non sarebbe stato meglio farci un accordo?).

Procedure complesse che mettono in fibrillazione anche i commercialisti, ma tant’è, il bazooka di questo Governo non ha una grande mira e sulle tasche degli italiani arriva poco e tardi.

Domanda: se il bonus vacanze avrebbe dovuto rilanciare il turismo italico, perché gli alberghi nei loro siti internet e nelle loro campagne di comunicazione non lo citano come leva attrattiva, almeno quanto un ingresso gratuito in piscina o nella spa?

Forse perché, sostanzialmente, non lo è?

Sembrerebbe così, visto che se cerchi una camera doppia nel periodo dall’1 al 15 agosto nel portale www.italyhotels.it di Federalberghi, solo 900 strutture ricettive su 28mila accettano il bonus.

Ma se il flop s’annida a Roma, anche in periferia non si scherza.

I nostri talenti sprecati.

Nelle Marche ancora ci crogioliamo per gli encomi della “Bibbia dei viaggiatori”, la rivista Lonely Travel che indica la regione adriatica tra i luoghi più belli da visitare al mondo; ci appassioniamo per la ricerca del testimonial più trendy, per cui in pochi anni passiamo dallo sport allo spettacolo in un “batter di spot”, da Mancini a Nibali, da Dustin Hoffmann a Neri Marcorè.

Aspettando la prima testimonial donna (richiesta formulata in diretta durante “Giù la maschera” all’Assessore Regionale Moreno Pieroni che si è detto disponibile a valutarla, ndr), ci accontentiamo con il turismo di prossimità e i “mini-bonus” a famiglie marchigiane che decidono di trascorrere un weekend in strutture ricettive fuori dalla propria provincia.

In verità, le risorse messe in campo sono notevoli, e la loro efficacia avrà più peso nel brevissimo che nel medio-lungo periodo: sui 22 milioni di euro, ben 6 sono andati a 3mila operatori del settore, quello che è stato denominato un “tesoretto anti-Covid”, ma i nodi verranno al pettine già da settembre.

Il coraggio che manca.

Preoccupano, soprattutto, la mancanza di coraggio e l’assenza di coordinamento con le altre regioni dell’Adriatico che hanno isolato le Marche con la loro politica di promozione turistica.

“Con Luca Zaia e la Regione Veneto, Massimiliano Fedriga e la Regione Friuli-Venezia Giulia (entrami leghisti, ndr), abbiamo presentato la campagna di promozione dell’alto Adriatico e delle nostre bellissime spiagge sul mercato tedesco. Proponiamo le nostre eccellenze e i servizi di straordinaria qualità che possiamo offrire. Al via accordo triennale perché il comparto turistico non conosce differenza geografiche, ne’ politiche. Le nostre regioni unite per rilanciare il settore turistico, tra i più colpiti durante la pandemia, assieme ai nostri imprenditori e operatori”.

Il post è del Governatore dell’Emilia Romagna Stefano Bonaccini, stesso partito di Luca Ceriscioli (PD), che ha deciso di accordarsi con la Lega veneta e friulana facendo affogare le Marche nel Basso Adriatico, e ridisegnando la geografia “declassandoci” a prima regione del Nord del Sud.

L’accordo Friuli-Veneto-Emilia Romagna prevede tre cose semplici: uno spot di 20 secondi sul portale seguitissimo del meteo tedesco, wetter.com, passaggi sul network di canali TV locali, treni carichi di tedeschi che scenderanno (ahimè per i marchigiani) a Rimini.

Totale: 900mila euro diviso tre, in 3 anni. Una briciola rispetto ai nostri 22 milioni, una parte dei quali poteva anche essere dirottata verso una iniziativa congiunta con le regioni adriatiche “del nord”.

Chissà cosa ne pensa il candidato Governatore del centro sinistra, Maurizio Mangialardi, su questo accordo “nordista” promosso dal suo compagno di partito Bonaccini?

Alla ricerca del brand perduto.

Di iniziative mancate, però, ce ne sono state anche altre, specie quelle che si sono distinte per una “mancanza” di buonsenso.

Prendiamo lo spot della Regione Calabria.

E’ quanto di meglio ci si potesse aspettare da chi ama la discriminazione territoriale: il video invita i turisti a venire in Calabria perché, in pratica, non ci si ammala come nelle spiagge affollate del Nord, come Jesolo, Rimini e Rapallo, dove “il distanziamento sociale è una chimera”.

Ma anche in Sardegna non si scherza, con il Governatore che invita tutti a registrarsi per ottenere il “patentino sanitario” d’ingresso all’isola, o il Sindaco di Bari che in pieno lockdown si è trasformato in drone umano per cacciare le persone che passeggiavano in spiaggia.

La creatività, piuttosto, è mancata anche a chi si limita al “copia e incolla” di campagne viste e riviste, anche a costo zero: è il caso delle regioni che amano presentarsi con le scritte multicolori che denotano l’appiattimento totale di fantasia da chi dovrebbe attrarre per le bellezze naturalistiche e storiche e non per gli scarabocchi dei pennarelli Carioca.

Quando si confonde lo scopo con il mezzo (e viceversa).

Infine, i Comuni che si misurano con il fascino del “particulare” modello Guicciardini, tentando di valorizzare le tipicità confondendo il mezzo con lo scopo, facendo della comunicazione una scienza poco esatta.

E’ il caso dell’iniziativa promozionale “Lo Vello de Macerata”, più facile a pronunciarsi che a capirsi se finalizzata ad attrarre turisti italiani amanti del trekking urbano e non una commedia dialettale, per di più con assonanze civitanovesi (per questo lo scopo è confuso col mezzo utilizzato).

E gli stranieri che ne pensano?

Chimere, ma anche sporadici eroi post Covid se si azzardano a visitare i luoghi più belli di noi “untori” italiani.

Passeggiando, circondato da manifesti con su la scritta “Vello”, un turista tedesco ha digitato il termine su Google traduttore per capire cosa significasse nella sua lingua, scoprendo che il “vello” altro non è che “manto lanoso che ricopre il corpo di un animale”.

Incuriosito, il malcapitato teutonico, mi chiedeva dove si potesse visitare questa “coperta di peli” praticando il trekking urbano.

Sorridendo, l’ho invitato a leggere la Divina Commedia, il passo del Canto XXXIV in cui Dante descrive il suo passaggio al centro della terra mentre striscia sul corpo peloso di Lucifero: “di vello in vello giù discese poscia tra il folto pelo e le gelate croste”.

Poi però, fortunatamente, il Canto si conclude con il bene augurante “e quindi uscimmo a riveder le stelle”.

Ma per il Paradiso, dobbiamo ancora attendere.

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