Esce per i tipi di BraviEdizioni un libro singolare, a metà strada tra monografia e catalogo pittorico, Il pittore della scrittura-Dipinti, Storie, Poesie. Un volume di ben 328 pagine che raccolgono l’esperienza artistica ed umana di Marcello Mogno , classe 1936, percorrendo la sua avventurosa biografia , fatta di viaggi parigini, di soste con Orfeo Tamburi, del qual e è stato allievo, di soggiorni romani, di incontri, più in particolare, dalle nostre parti con il “nostro” Peschi. Una giovinezza “nomadica” , si potrebbe dire erratica ed erotica, e persino visionaria, forse, si fa per dire-ardire, per l’aria “alta” delle sue origini: Mogno nasce ad Aosta. Una adolescenza di studi matti e disperati, dicotomica, con due lauree, una in Legge e l’altra in Lettere ed una padre, Tullio, a sua volta geniale, amico e “confessore epistolare” di Umberto Saba. Il carteggio tra i due è intenso e lunghissimo, si blocca solo per un breve periodo ( Saba non poteva-voleva rispondere perché sotto l’occhio del fascismo, così come Tullio). Ma i due, subito dopo, riprendono a scriversi, e fittamente.
Marcello conserva ben 136 lettere del grande poeta ( il libro ne presenta una).Tullio è anche e soprattutto un pensatore, un filosofo e di filosofia scrive saggi, aggirando e planando su Croce e i filosofi greci. Il figlio Marcello “assorbe” un clima, annusa il colore che c’è in casa. Il suo desiderio è, comunque, “fare il pittore”, nonostante le indicazioni diverse del “paterno ostello”. Ed ecco che, in qualche modo, realizza entrambe: insegnerà molti anni a Scuola e dipingerà, nel frattempo, mettendo a frutto quanto quel nomadismo culturale gli aveva consegnato. Ma non solo. Scrive, in un linguaggio aforismatico, zibaldonesco, su un materiale “sensibile” che è ancora una sorta di riflessionie di ordine e carattere filosofico, si sposta su tragitti di interpretazione pittorica ma, soprattutto, tenta la via letteraria. E qui, una prima sorpresa. Se si legge, ad esempio, il suo pararomanzo, Pelle,palla, pollo, si ha come l’idea di un linguaggio volutamente frantumato, schizomorfo, simile ai suoi coetanei del Gruppo ’63, con particolare riferimento a Elio Pagliarani o ai flussi di coscienza di Gadda. Tale frantumazione e voluta “scissione” è simmetrica nell’ opera pittorica, vasta e fluviale. Nel libro affrontano tale versante, fra gli altri, Edilio Venanzoni e Donatella Donati, Guido Garufi si riserva una nota relativa al Mogno “scriba”. Il libro è un bel “tomo”, arricchito da qualche centinaio di quadri e foto che tutte, nell’insieme, hanno la funzione di presentare una “storia unitaria”, quella che Ungaretti chiama, addirittura scegliendola come ultimo titolo di una sua raccolta, Vita di un uomo.
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