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Allarme della Commissione Grandi Rischi: "Il terremoto può propagarsi in altre aree"

Allarme della Commissione Grandi Rischi: "Il terremoto può propagarsi in altre aree"

Il centro Italia trema ancora, è di stamattina l'ultima scossa, di grado 6.1 che ha colpito una zona già devastata e una popolazione ridotta allo stremo. Alla luce della storia sismica degli Appennini non si può escludere che le sequenze possano propagarsi in zone vicine. È quanto si legge in una nota la Commissione Grandi Rischi, in seguito alla riunione tecnica nella quale ieri sera sono stati analizzati dati e modelli forniti dai sismologi.

"Un aspetto della sismicità di questa regione è la possibilità che le sequenze possano avere una ripresa e propagarsi alle aree limitrofe, come già avvenuto ad esempio per gli eventi del 1703 (con due eventi di magnitudo circa 7 a distanza di un mese), del 1639 (almeno due eventi comparabili a distanza di una settimana), di Colfiorito (1997, magnitudo 6.0, con una sequenza di sei eventi di magnitudo oltre 5.2 su una durata di sei mesi) e ora nella zona di Amatrice, con due eventi di magnitudo 6.0 e 5.9 a distanza di due mesi», spiega la nota. Nella sua riunione a seguito dell’evento di agosto, la Commissione aveva identificato tre aree contigue alla faglia responsabile della sismicità allora in corso, che non avevano registrato terremoti recenti di grandi dimensioni e con il potenziale di produrre terremoti di elevata magnitudo (magnitudo 6-7).

La sismicità del 26 ottobre ha attivato uno dei segmenti individuati dalla Commissione, a nord dell’evento di agosto, mentre gli altri due segmenti non si sono mossi. «In considerazione della contiguità con la sismicità in corso, questi due segmenti rappresentano possibili sorgenti di futuri terremoti nella regione già colpita dagli eventi degli ultimi anni. Non si può inoltre escludere la prosecuzione della sismicità a Nord del sistema del Vettore-Bove. Ad oggi non ci sono evidenze che la sequenza in corso sia in esaurimento", spiega ancora la nota.

"Come emerge dalle risultanze del terremoto del 24 agosto e dalle prime evidenze dell’evento del 26 ottobre, le criticità sono legate alle vulnerabilità tipiche delle varie tipologie edilizie storiche presenti non solo in questa zona, ma anche in buona parte d’Italia. Si tratta di vulnerabilità ben note, collegate in gran parte a carenze costruttive originarie ma anche a scarsa manutenzione ed alla trasformazione degli edifici nell’arco del tempo. L’esperienza dei terremoti passati ha dimostrato che è possibile aumentare considerevolmente la sicurezza, in particolare per quanto riguarda la salvaguardia delle vite umane, anche con interventi di miglioramento sismico limitati e localizzati, accompagnati da una adeguata manutenzione. Nella sequenza in corso, in generale, gli edifici che hanno ricevuto interventi di miglioria strutturale dopo i terremoti del 1979 e del 1997, non hanno subito danni significativi nonostante siano stati sottoposti a livelli di scuotimento comparabili a quelli dei comuni più colpiti", prosegue la Commissione Grandi rischi.

La Commissione, quindi, al contrario di quanto fece nella riunione dell'aprile 2009 a L'Aquila, lancia l'allarme, e raccomanda «di intensificare l’azione delle amministrazioni pubbliche al fine di proseguire ed accelerare i programmi di valutazione della vulnerabilità e riduzione del rischio sismico con particolare attenzione agli edifici strategici e rilevanti, già avviati dagli enti competenti, secondo quanto previsto dalla Legge n. 77/2009. Si raccomanda comunque lo sviluppo di una cultura di prevenzione che incoraggi i cittadini a valutare la vulnerabilità sismica delle proprie abitazioni e ad intraprendere le azioni migliorative conseguenti». La Commissione esprime la propria vicinanza alle popolazioni colpite da questo nuovo terremoto e al contempo si complimenta con il Dipartimento della Protezione civile per l’efficacia e la competenza con cui sta affrontando la complessa emergenza.

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