E' stata consegnata al consulente, l'ing. Luigino Dezi, docente dell'Università Politecnica delle Marche, tutta la documentazione sul crollo del ponte in A14. La Procura di Ancona ha infatti completato oggi l'acquisizione dei documenti e li ha trasmessi a Dezi, che ha 60 giorni di tempo per consegnare la sua relazione. Da qui alla conclusione degli accertamenti ci saranno degli step, in base ai quali il pm Irene Bilotta potrà mettere un primo punto fermo con l'iscrizione di una o più persone nel registro degli indagati. Il fascicolo aperto per omicidio colposo plurimo è ad oggi a carico di ignoti. In base all'andamento delle verifiche Bilotta deciderà poi se contestare anche il reato di disastro colposo.
Tra i quesiti posti al consulente, la corrispondenza dei lavori ai progetti. Quanto all'aspetto della sicurezza, e cioè se l'autostrada dovesse essere chiusa oppure no, il perito dovrà valutare a livello probabilistico quale rischio vi fosse in relazione all'eventuale specificità dei lavori su quel ponte.
Il Tribunale amministrativo regionale per le Marche ha scelto quest'anno di celebrare l'apertura dell'Anno giudiziario a Macerata, in segno di solidarietà verso le popolazioni colpite dal terremoto. La cerimonia, che si svolgerà il 15 marzo dalle 11, sarà ospitata dall'Università di Macerata, nella sede del Polo didattico Pantaleoni.
Alla relazione del presidente del Tar Maddalena Filippi seguiranno il saluto del presidente del Consiglio di Stato Alessandro Pajno, del rettore Francesco Adornato e di alcuni rappresentanti delle istituzioni del territorio.
Giovedì 16 marzo, proprio nel giorno del 15° anniversario dalla morte di Carmelo Bene, Philosofarte di Montegranaro e Minimo Teatro di Macerata presentano “Lezione su Carmelo Bene”, un saggio da stampare di Maurizio Boldrini, che all’inizio della sua lezione così introduce: “L’insieme degli studi su Carmelo Bene è tanto ricco di considerazioni e implicazioni filosofiche, estetiche, antropologiche, quanto generico in merito alle sue tecniche operatorie, che invece esemplificherò in questa lezione. Tradurrò solo alcuni reperti dell’enorme campionario della sua opera, quel tanto o poco che basti perché gli esempi possano risultare indicativi per prossime operazioni. Muoverò il più possibile da manovale e secondo istinto, in considerazione che poco o nulla ha potuto la dimostrazione organica in Opere. In Autobiografia d'un ritratto c'è una sorta di nota spese, sintesi delle cose fatte da Carmelo Bene. Proverò a rivisitarla e a tradurla nel come dei materiali.”
Boldrini è l’unico artefice che, per il complesso delle sue esperienze, per i suoi affilati strumenti operatori, può permettersi di analizzare con competenza le alchimie di Carmelo Bene fino a ricavarne essenze distintive e soprattutto strategie che potrebbero essere indicative in diversi ambiti scientifici.
Quindi Carmelo Bene sottratto all’ambito specifico del teatro?
Sarebbe un peccato destinare il tesoro sommerso di Carmelo Bene allo spaccio teatrale. Nelle dinamiche del suo lavorio ci sono preziosi semi da far fruttificare in altri orti. Altrimenti sarebbe come ridurre le “Lezioni americane” di Italo Calvino al solo ambito letterario, sarebbe un’idiozia. Ci sono artefici e opere che trascendono il genere, Carmelo Bene è uno di questi.
Come si potrebbe portare l’opera di Carmelo Bene all’attenzione di scienziati al di là delle loro rispettive discipline?
Sarebbe semplice, basterebbe che singoli studiosi destinassero un po’ del loro tempo a disorientarsi rispetto alle loro specializzazioni ed avessero il coraggio di “perdersi” nell’ingegneria umanistica dei suoi materiali, chissà che non trovino risposte a problemi che le loro specializzazioni non sono in grado di fornire. D’altra parte è necessario che i suoi “amici” se la smettano di seppellirlo sotto pagine e pagine di filosofia e di esaltazione celebrativa. Continuare a ripetere la genialità di Bene è una sciocca ovvietà che rimanda lo studio vero. A che serve dire che Michelangelo era un genio? Ci vuole che la sua “Pietà” sia letta obbligatoriamente in Giurisprudenza perché gli avvocati abbiano una misura di giudizio. Certo, ci vuole che qualcuno intraprenda questo percorso, chiamiamolo interdisciplinare per capirci, ma per me è la vera disciplina della conoscenza, quella che non ha paura dei limiti di settore.
Maurizio Boldrini “Lezione su Carmelo Bene” presso Philosofarte, Montegranaro, corso Matteotti 7, Giovedì 16 marzo 2017, ore 21.30. Informazioni e prenotazioni: 3476890974.
Alla presenza di un migliaio di persone, il vescovo di Ascoli Piceno Giovanni D'Ercole ha celebrato nella chiesa di San Paolo a Pagliare del Tronto i funerali di Emidio Diomede e Antonella Viviani, i coniugi morti giovedì scorso nel crollo del ponte sull'A14.
"Non dimenticherete mai il dolore per aver perso tragicamente mamma e papà, ma se guarderete la luce della fede potrete scorgere quell'umile fiammella che vi permetterà di andare avanti insieme" ha detto mons. D'Ercole rivolgendosi ai figli dei coniugi Diomede, Daniele e Daniela. Il vescovo, rompendo il cerimoniale, ha voluto che a fine cerimonia funebre fossero i figli a incensare le due bare (ANSA).
Nella settimana appena trascorsa l'unità di crisi del segretariato dei beni culturali ha diretto il recupero di oltre 500 beni culturali che si trovavano all'interno di strutture gravemente danneggiate dal sisma.Le squadre composte da storici dell'arte, archeologi e restauratori del Mibact, carabinieri, vigili del fuoco, volontari della protezione civile e funzionari delle Diocesi, hanno operato in provincia di Macerata e Fermo, dove hanno prelevato i beni che dopo un primo intervento di messa in sicurezza sul posto sono stati catalogati imballati e trasportati in depositi sicuri.
Diversi gli interventi nelle chiese, dove sono stati portati in salvo molti dipinti, mentre a Castelsantangelo sul Nera (Macerata), nella Chiesa di Santo Stefano, è stato recuperato il prezioso archivio parrocchiale. A Falerone (Fermo), nel Museo Archeologico Bonvincini, gli archeologi della soprintendenza di Ancona con carabinieri e vigili del fuoco hanno messo in sicurezza e recuperato 141 reperti archeologici (ANSA).
Sono morti sul colpo per un politrauma complesso da decelerazione, con lesioni da schiacciamento in particolare su torace e addome, i coniugi Emidio Diomede e Antonella Viviani, vittime del crollo del ponte sull'A14. L'autopsia è stata eseguita dal medico legale incaricato dalla Procura di Ancona Mauro Pesaresi. Tra i quesiti posti dalla Procura anche se i coniugi indossassero o meno le cinture di sicurezza, che sarà approfondito con esami istologici e controlli sull'auto.
In ogni caso l'esito dell'incidente sarebbe stato comunque mortale. "Al momento non ci sono persone iscritte nel registro degli indagati, perché stiamo aspettando il resto della documentazione. La situazione è da esaminare sotto diversi punti di vista". Così il pm Irene Bilotta, titolare dell'inchiesta sul crollo del cavalcavia in A14. "Importante - ha aggiunto - sarà vedere cosa c'è sotto i monconi rimasti in piedi", per avere elementi in più utili alla ricostruzione della dinamica dell'incidente. "Ma non escludo di poter individuare, prima, responsabilità a carico delle ditte e dei vari soggetti coinvolti". Bilotta sta aspettando anche la relazione degli ispettori dell'Asur.
Ma, anche se è presto per fare valutazione, per l'avv. Vincenzo Maccarone, legale dei familiari dei Diomede, "non è stata una fatalità: un fatto così eclatante si poteva prevenire ed evitare". (Ansa)
Ammettetelo, ci volete prendere per stanchezza... Non tornavo a Visso da mesi, tanti mesi. Da quando il terremoto ha devastato il paese, rendendolo una sorta di città fantasma, come tutto l'entroterra maceratese. E mai avrei pensato che tutto fosse rimasto come allora. In cinque mesi non è cambiato assolutamente nulla, a parte il ponte realizzato dai vigili del fuoco per l'accesso alla zona rossa e inaugurato stamattina.
Non solo ancora non c'è neanche una parvenza di ricostruzione, ma addirittura le macerie sono tutte esattamente nello stesso posto in cui si trovavano cinque mesi fa, dopo essere crollate dagli edifici. Nella zona rossa di Visso (ma come a Visso in tutti gli altri Comuni devastati dal sisma), il tempo si è fermato ad ottobre. Da allora non è successo più niente. Niente. Quando sono entrato stamattina in centro, attraversando quel breve tunnel costruito dagli encomiabili e infaticabili vigili del fuoco, non ho saputo trattenere un moto di rabbia, una profonda incazzatura che mi ha portato a filmare tutto e a trasmetterlo in diretta. Qui non solo non si parla di ricostruzione, ma non si è stati capaci neanche di togliere le macerie, di dare almeno una parvenza di voler far tornare questi posti meravigliosi com'erano un tempo.
Scrive un amico su Facebook: "Ottobre 2001 / maggio 2002, 7 mesi per portar via le macerie delle torri gemelle, circa 5 milioni di tonnellate dal centro di New York. Qui da noi ancora devono portare via tutto. Con queste premesse mettiamoci l'anima in pace, non ce la faremo mai". Parole sante.
All'indomani del sisma, scrissi che niente sarebbe stato più come prima. Ma intendevo che le nostre vite sarebbero state segnate indelebilmente dal terremoto. Ora invece quelle parole assumono un valore diverso, purtroppo quasi di profezia: niente sarà più come prima, perchè queste meravigliose perle incastonate nei Sibillini rischiano di restare solo un ricordo da tramandare nei libri di storia. Avete presente Pompei? Ecco, un qualcosa del genere. Di questo passo, fra cinquant'anni arriveranno (allora sì) frotte di turisti a farsi la foto ricordo sulle macerie di Visso, Ussita, Castelsantangelo, Pieve Torina e via dicendo. "Qui un tempo c'erano dei bellissimi paesi che nell'ottobre del 2016 vennero distrutti da un forte terremoto. La gente fu costretta ad andarsene e non tornò più": voi che comandate, voi che prendete le decisioni, voi che scegliete il nostro futuro, sì dico a voi. Noi non vogliamo fare questa fine. La gente vuole tornare nelle proprie case, vuole tornare alla propria vita, alle proprie abitudini, alla propria quotidianità.
In cinque mesi (quasi sette, se partiamo dal sisma di agosto), non si sta neanche ipotizzando una bozza di ricostruzione, mentre si spendono vagonate di soldi per tenere le persone negli alberghi e in autonoma sistemazione Vagonate: oltre trenta milioni di euro da quando è iniziata l'emergenza. Vogliamo dire che con trenta milioni non si poteva almeno iniziare la ricostruzione leggera e riportare a casa migliaia e migliaia di sfollati? Invece no. Qui non arrivano neanche le casette di legno. Pare che si speri (pare e speri... verbi da cui già traspare la certezza in cui ci si sta muovendo, ndr) di averle prima del prossimo inverno. No vabbè, dai, state scherzando, no? Ma sì, perchè poi vediamo che a Norcia le casette (per quanto assegnate col tribale metodo dell'estrazione a sorte) sono arrivate. L'ex premier a Porta a Porta afferma "È fondamentale far ripartire il turismo perché Norcia se non riparte il turismo è morta. Io vorrei che si facesse tutti quanti insieme, senza far polemica su questi argomenti". Ma certo. Per par condicio bisogna aggiungere che ha anche detto "Io vorrei fare un appello: quest’anno andiamo in vacanza nelle Marche, in Umbria, in Abruzzo, andiamo in quei territori che sono stati colpiti dal terremoto". E qui, francamente, come marchigiano terremotato, mi sento decisamente preso per il culo. Signor Renzi, dove dovrebbero andare a fare turismo le persone a Visso, a Ussita, a Camerino, a Pieve Torina, a Muccia? Dove? In quali strutture ricettive, visto che sono tutte crollate o, quando è andata bene, inagibili?
La sensazione che noi marchigiani (del sud della regione, per essere precisi) siamo visti come cittadini di serie B, arriva anche dalla bozza di ordinanza che il commissario Errani ha presentato ai sindaci terremotati, con tariffe per la ricostruzione che non consentiranno neanche di coprire i costi di riparazione delle abitazioni. Pare che ci sia stato un intervento dei parlamentari marchigiani per far rientrare la vergognosa bozza preparata. Ma resta il fatto che qualcuno l'aveva pensata così. Magari immaginando che nelle Marche avessimo ancora l'anello al naso. No. Fatevene una ragione. "Qui non tornerà più nessuno. Ti fanno andare via anche la voglia di ricostruire" mi diceva stamattina un sindaco, mentre raggiungevamo la zona rossa di Visso. E un altro sindaco terremotato, di un piccolo Comune, faceva presente all'assessore Sciapichetti "ho fatto anticipazioni di cassa per 480mila euro. Se non arrivano i soldi, non riusciremo più neanche a pagare i dipendenti". Capite in quale situazione ci stiamo muovendo? Capite che con le vagonate di soldi che si spendono ogni mese per l'emergenza (non per la ricostruzione!) non si andrà molto lontano, perchè si tratta di cifre talmente ingenti che difficilmente potranno essere coperte ancora per molto tempo dallo Stato? E i sindaci, poveri cristi, devono metterci la faccia tutti i giorni di fronte ai loro cittadini. A cui non sanno e non possono dare risposte.
A questo punto, non ci si può più nascondere. È ora di giocare a carte scoperte. Dietro questa lentezza disarmante, capace di portare la gente allo sfinimento fisico e morale, c'è una volontà politica di portare via la gente da un entroterra che non rappresenta un bacino elettorale particolarmente allettante? Si è deciso che la gente dovrà spostarsi tutta verso la costa? In tanti questa decisione, sotto certi aspetti inevitabile, l'hanno già presa. Soprattutto le famiglie più giovani. E ogni giorno che passa, quest'idea sale nella testa di un numero sempre maggiore di persone. Se, perchè a questo punto il dubitativo è d'obbligo, dovesse iniziare la famigerata ricostruzione, quanti anni durerà? Cinque? Sei? Dieci? Venti? E a quel punto saranno ricostruiti dei bei paeselli nuovi di zecca, fatti di tutte seconde e terze case di chi in quei posti andrà a passarci qualche giorno di ferie. Mentre la popolazione indigena non esisterà più. Vogliamo questo? I marchigiani, testardi e incazzosi, vogliono lasciarsi fare questo o hanno intenzione di reagire in qualche modo? Purtroppo vediamo rassegnazione, scoramento, anche qualche figlio di buona donna che cerca di approfittare della situazione. Sì, per carità, ci staranno anche questi. Ma la stragrande maggioranza vorrebbe solo tornare a casa. Una semplice, banale, ovvia richiesta che, di fronte a una gestione dell'emergenza come quella che stiamo vivendo, si sta trasformando in una montagna insormontabile. È necessario reagire. Adesso o mai più.
"Ora è il momento del dolore, che non finirà mai: dovrò abituarmi a conviverci". Così Daniele Diomede, figlio dei coniugi morti in autostrada per il crollo del cavalcavia.
"Abbiamo perso due persone eccezionali - ha aggiunto -, che facevano solo del bene". "Sapere le cause della morte - ha detto ancora, al termine dell'autopsia sui corpi dei genitori - cambia poco. Se fosse stato per un loro errore allora saprei con chi prendermela, invece così non lo so". "Avrei voluto che vivessero per conoscere mio figlio, che dovrebbe nascere il 21 maggio. Mio padre era nato il 28 maggio; spero che la gravidanza vada avanti qualche giorno in più perché possa nascere lo stesso giorno di papà", ha detto ancora il giovane.
Intanto è terminata l'autopsia sui corpi dei coniugi Emidio Diomede e Antonella Viviani. L'esame autoptico è stato eseguito dal medico legale Mauro Pesaresi. A breve dovrebbe essere dato il nulla osta per la restituzione delle salme ai familiari. Ad attendere fuori dall'obitorio dell'ospedale di Torrette, ad Ancona, c'erano il figlio, il cognato e altri parenti. (ANSA).
Si svolge stamani nell'ospedale di Torrette di Ancona l'autopsia sui corpi di Emidio Diomede e Antonella Viviani, la coppia morta nel crollo del ponte 167 avvenuto il 9 marzo lungo l'A14, all'altezza di Camerano. La procura di Ancona, che conduce l'inchiesta, procede contro ignoti per il reato di omicidio colposo plurimo. Stando alle prime ipotesi di indagine, il crollo del cavalcavia sarebbe avvenuto per un errore, materiale o strumentale, durante i lavori di sollevamento e stabilizzazione del ponte, con un'errata distribuzione dei pesi che avrebbe poi provocato il cedimento. I tre operai della ditta appaltatrice, dei lavori, la Delabech srl di Roma, sentiti come gli ingegneri e i responsabili del cantiere a sommaria informazione dalla polizia stradale, hanno detto, fra molti ''non ricordo'', di aver sentito un forte rumore, come uno scricchiolio, e di essere scappati via dopo aver raccolto gli attrezzi. Verranno interrogati la prossima settimana (ANSA).
Riceviamo e pubblichiamo il comunicato stampa di Forza Italia sul Programma Sicurezza.
"Nell’ambito della campagna nazionale sulla Sicurezza, presentata ieri con una conferenza stampa alla Camera dei Deputati, Forza Italia, anche nelle Marche, con i Coordinatori provinciali di Pesaro, Ancona, Macerata e Fermo, rispettivamente Alessandro Bettini, Daniele Berardinelli, Lorena Polidori e Jessica Marcozzi, il capogruppo FI comune di Ascoli, Alessandro Bono, ed i club di Forza Italia-Marche guidati da Claudia Regoli, scende in piazza per presentare il suo programma. E lancia i “Security Day” utili anche a raccogliere le istanze degli amministratori locali e dei cittadini.
Gli esponenti locali di Forza Italia, domani e domenica, dalla mattina al pomeriggio, infatti saranno presenti in varie piazze marchigiane (100 in tutta Italia) con dei gazebo informativi ed in strada con unvolantinaggio per spiegare alla cittadinanza i dieci punti del programma, necessari per coprire le carenze dei decreti del Governo sulle tematiche, che prevedono interventi mirati e puntuali dalla parte dei cittadini e degli amministratori locali. L’iniziativa si svolgerà sabato ad Ancona ed Ascoli, domenica a Porto San Giorgio, Sant’Elpidio a Mare, per la provincia di Fermo, ed a Macerata (con la distribuzione di materiale informativo). A Pesaro, dove l’iniziativa si svolgerà sia domani che domenica con, anche qui, distribuzione di materiale informativo, il capogruppo FI in Consiglio comunale ha anchechiesto un Consiglio comunale aperto proprio sul tema sicurezza. Più poliziotti di quartiere e più militari nelle strade. Assunzione di altri agenti ed aumento delle tutele e delle risorse per il comparto sicurezza-difesa. Metal detector e più controlli in zone affollate, un numero maggiore di videocamere negli asili, nelle scuole e nella città. Più poteri ai sindaci ed alla polizia locale per la sicurezza. Leggi più chiare e più severe, pene più dure. Marina militare e guardia costiera contro gli scafisti, accordi internazionali per bloccare le partenze, espulsioni rapide per i clandestini. Italiani solo brava gente:cittadinanza revocabile ai fiancheggiatori. Separare Islam buono da cattivo: un albo per moschee e imam. Rifondare protezione civile e valorizzare i vigili del fuoco. La difesa è sempre legittima: riforma della legittima difesa. Forza Italia sarà impegnata sinergicamente per garantire ai Marchigiani e, più in generale, agli italiani la sicurezza a cui hanno diritto. Sarà svolto un attento lavoro in sede parlamentare, con proposte emendative concrete cosiddetti decreti Minniti, ed un lavoro sul territorio con i ‘Security day’".
La bozza di ordinanza per la ricostruzione cosiddetta pesante (vale a dire per gli edifici gravemente danneggiati) consegnata ai sindaci del cratere dal Commissario Errani e anticipata da Sibilla on line (qui), segna di nuovo un distinguo tra il trattamento riservato ai territori del Centro Italia colpiti dal recente sisma e quello invece previsto ed applicato nel 2012 nelle zone terremotate dell’Emilia Romagna.
Infatti i costi parametrici degli interventi di ricostruzione sono molto più bassi oggi di quelli previsti ben cinque anni fa in Emilia fino ad arrivare a un rapporto pari quasi alla metà.
Risultano poi maggiormente penalizzati gli interventi di rafforzamento locale dove si scende addirittura al di sotto della metà concessa nel 2012. Ridotto rispetto all’Emilia è anche il contributo per gli edifici di valore storico e culturale.
Complessivamente si tratta di costi datati e fuori mercato che non corrispondono alle reali esigenze ricostruttive locali e che potrebbero scoraggiare gli interventi con il rischio di un ulteriore abbandono dei territori.
Sia per il tempo trascorso, che per l’estensione notevole dell’area colpita dal sisma che infine per la cattiva gestione con gli enormi ritardi che ha portato ad uno spopolamento dei paesi terremotati, ci saremmo aspettati una virata consistente del Commissario nella direzione non di tagli ma di incrementi significativi del costi parametrici ai fini di una vera e propria partenza di una ricostruzione che ad oggi ancora è un fantasma.
Si ricorda che nel 1997 la gestione della fase post sisma è avvenuta completamente a livello locale tra Regione Marche, provincia e amministrazioni locali. E dall’esito positivo di quella esperienza se ne deduce che il Commissario per la Ricostruzione deve essere il Presidente della Regione colpita dal terremoto: su questo ormai non dovrebbero più esserci dubbi. Oltre alla conoscenza del territorio e delle sue esigenze ciò che fa la differenza è infatti l’amore per una terra dilaniata ma ricca che deve ripartire.
Ci spieghi ora Errani i motivi di un tale discrimine rispetto a un sisma di molto più piccolo quanto a danni ed estensione.
Autostrade per l'Italia "ha chiesto con estrema urgenza alle aziende che hanno progettato ed eseguito i lavori sul cavalcavia crollato in A14 una relazione dettagliata su quanto accaduto, per accertare eventuali errori umani e valutare possibili azioni a tutela". Il cantiere, dice una nota della società, "era stato avviato il 7 febbraio e si sarebbe dovuto concludere, per quanto riguarda le attività sulle pile finalizzate all'innalzamento del cavalcavia, il 31 marzo".
"E' andata in crisi la struttura dell'insieme dei sostegni provvisori del ponte". Così l'ing. Giovanni Scotto Lavina, responsabile del procedimento presso Autostrade per l'Italia, a proposito del ponte crollato ieri in A14 a Camerano (Ancona). Scotto Lavina parla con i giornalisti a margine di un sopralluogo lungo l'A14. "Stiamo facendo gli accertamenti del caso - ripete -: il ponte è andato in crisi per i motivi che dovremo appunto accertare. La struttura di sostegno provvisorio è rimasta integra, questo ci teniamo a dirlo. E' una struttura in calcestruzzo: non è andata in crisi la struttura di calcestruzzo che sosteneva le travi fino all'inizio delle operazioni di sollevamento del cavalcavia. E' andata in crisi la struttura dell'insieme dei sostegni provvisori".
Autostrade per l'Italia comunica che sull'A14 Bologna Taranto "è stato riaperto il tratto tra Ancona sud e Loreto chiuso ieri a causa del cedimento della struttura provvisoria di sostegno del cavalcavia dove erano in corso lavori di adeguamento dell'infrastruttura, in seguito all'ampliamento a tre corsie dell'autostrada".
Sul luogo dell'evento, dove per tutta la notte sono intervenute le squadre di Autostrade per l'Italia per ripristinare la viabilità in sicurezza, è stata inizialmente riaperta la corsia di sorpasso in direzione sud intorno alle ore 8:00, per poi riaprire alle 8:45 anche la direzione nord riducendo i disagi per la viabilità del tratto.
Fateci caso, ogni volta che qualcuno muore a causa di gravissime negligenze da parte di chi dovrebbe garantire in ogni occasione la massima sicurezza, c’è sempre un politico il quale opina che ora non è il momento di fare polemiche. Viceversa, adesso sarebbe il momento di piangere le vittime. Poi, con calma, si andrà alla ricerca delle responsabilità di ciascuno. Fateci caso, ogni volta che in episodi – indegni e rari pure nei Paesi del terzo mondo - perdono la vita delle persone, si ricorre sempre agli stessi termini: imprevedibile ed eccezionale. Le due circostanze assieme producono una miscela tragica, ma al tempo stesso comica. È come se, in altre parole, ci dicessero di prenderla con filosofia. Noi, a distanza di pochi mesi, stiamo ancora qui a scavare tra le macerie. A spalare per tirare fuori i nostri morti.
Che siano sepolti dalle rovine del terremoto di Arquata o dalla neve della slavina di Rigopiano, oppure dal cemento armato di un cavalcavia sull'autostrada vicino Osimo, sempre scavare ci tocca. In divisa da pompiere, con quella del soccorso alpino oppure con la pettorina fluorescente dell’ANAS, noi stiamo sempre con una pala in mano. E, poco più indietro, i carri funebri accesi che aspettano, silenziosi anche loro, un carico di morte. Ce ne stiamo zitti e non facciamo polemiche. Al massimo, tra una palata e l'altra, ci guardiamo l’un l’altro negli occhi, ma solo per pochi istanti. Ci scambiamo occhiate fugaci, cariche di interrogativi. Poi prevale il pudore e, lesti, riabbassiamo lo sguardo a terra attenti a dove scaviamo. Infine, dopo le cerimonie funebri, restituiamo alla terra, definitivamente seppellendoli, i corpi dei nostri cari che, solo poche ore prima, abbiamo faticosamente estratti dalle macerie.
Qualche volta nei funerali, in prima fila presenziano le massime autorità rappresentative dello Stato. Poi, silenziosamente e senza fare troppe storie, ognuno se ne ritorna nella propria casa. Rassegnato dopo aver seppellito un figlio, un genitore o un fratello. Se distrattamente accendiamo la Tv o sfogliamo un giornale, apprendiamo che non è questo il momento di fare polemiche. In verità non ne abbiamo più la forza. Siamo svuotati e arrendevoli. Non c’è più rabbia, ma solo disincanto difronte alle scuse accampate da chi non ha saputo gestire nemmeno banali emergenze. L’assuefazione ai drammatici eventi che ripetutamente si susseguono ci ha vinti. Non c’è più meraviglia e nemmeno indignazione nell’apprendere che una ditta stava sollevando un ponte sopra un’autostrada lasciando che le automobili circolassero sotto come se niente fosse. Non ci si stupisce e non ci si arrabbia nemmeno sapendo che un lavoro tanto delicato potesse essere eseguito da una manodopera dozzinale, però economicissima. E non ci manda nemmeno in collera l’ingegnere che, intervistato, dice che si trattava di normale amministrazione e che se è venuto giù una quarantina di metri di ponte uccidendo due persone, forse qualcosa deve essere andato storto. Non ci fanno più schifo nemmeno le scatole cinesi delle partecipazioni societarie e i ribassi d’asta. Figuriamoci lo sfruttamento sempre più feroce di una mano d’opera a buon mercato, proveniente da tutti i continenti. Oppure il risparmio sull’utilizzo di materiali che il più delle volte si rivelano scadenti.
Non c’è sdegno, né riprovazione davanti alla corsa alle dichiarazioni, per declinare ogni addebito e allontanare ogni responsabilità. Noi, ciclicamente traditi da una classe dirigente inetta e inefficace, pian piano, ci siamo assuefatti alle loro gigantesche incapacità. Ammorbati di inedia non riusciamo più, salvo rarissimi casi, a darci una scossa e reagire come dovremmo. Accettiamo da chiunque qualsiasi spiegazione. Ingoiamo come una medicina amara ogni scusa. Quasi piegati all’ineluttabilità di eventi che preferiamo catalogare come fatali. Non volendo riconoscere che dietro ogni accadimento, per quanto fatale possa sembrare, vi sono precise e distinte responsabilità. Personali o collettive. Una grandissima, comune responsabilità infatti è proprio questa: non essere più capaci di indignarsi, di polemizzare. Di essere contro. Di aver perso il senso critico che ogni diversa circostanza richiede. Quella di credere in un’autistica capacità dell’individuo, piuttosto che in quella della forza del collettivo. Di confidare singolarmente nell’infinita potenza dei social network invece di quella di un confronto in una assemblea serale, mettiamo il venerdì sera. Di assumere consapevolezza, una volta per tutte, che il potere sta tutto nelle nostre mani e che se solo volessimo, potremmo sbarazzarci di questa classe dirigente in un giorno solo con una semplice croce sulla scheda elettorale. Perché in democrazia responsabili lo siamo tutti. Anche chi abbassa deliberatamente la testa perché non ha più nessuna voglia di lottare.
Ma se non vogliamo passare il resto della nostra vita ad estrarre cadaveri dalle macerie oggi, per seppellirmi al camposanto domani, dobbiamo darci una scossa e ribellarci tutti. Prima di tutto a quelli che ci chiedono di non fare polemiche. Se non facciamo polemiche loro, in tutta la loro beata mediocrità, continueranno a restare ai posti di comando. A noi, sempre più avviliti, ci toccherà spalare rottami per tutta la vita.
La Procura di Ancona ha aperto un'inchiesta sul crollo del ponte sull'A14. Titolare è il pm Irene Bilotta, che ha aperto un fascicolo. L'ipotesi di reato è, per il momento, di omicidio colposo plurimo. L'area è stata posta sotto sequestro. Il ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti sta predisponendo l'istituzione di una commissione ispettiva di esperti del dicastero per analizzare e valutare quanto accaduto.
Il decreto di nomina verrà firmato dal Ministro Graziano Delrio. Piena volontà di collaborazione con la magistratura è stata espressa da Autostrade per l'Italia. ''Le strutture tecniche della Condirezione Generale Nuove Opere di Autostrade per l'Italia stanno acquisendo tutte le informazioni necessarie, che sono state prontamente richieste alla Delabech'', la ditta che eseguiva la manutenzione.
E’ una stagione difficile per le squadre marchigiane di Lega Pro. Il Fano è ultimo in classifica, la Maceratese attraversa una grave crisi societaria. La situazione non è affatto facile anche ad Ancona, dove l’avvicendamento in panchina di Fabio Brini con Giovanni Pagliari non ha portato i risultati sperati.
Questo pomeriggio al termine della seduta di allenamento una ventina di tifosi ha aspettato la squadra all’uscita dello stadio Del Conero. Sono volate parole grosse e anche qualche spintone. La gazzarra è durata pochi minuti, alla fine le forze dell’ordine presenti hanno riportato, anche se a fatica, la calma: gli ultras se ne sono andati ed i giocatori sono tornati negli spogliatoi visibilmente scossi per l’accaduto.
Sono una coppia, marito e moglie originari della provincia di Ascoli Piceno, le due vittime del crollo del ponte sull'A14 fra Ancona sud e Loreto. Lo ha confermato all'ANSA il dirigente della Polizia stradale delle Marche Alessio Cesareo.
Emidio Diomede e la moglie Antonella erano titolari dell'azienda Dnp Confezioni S.r.l. di Colli del Tronto.
La coppia viaggiava a bordo di una Nissan Qashqai, travolta dal crollo del ponte, lungo il quale erano in corso lavori di manutenzione, a cura di due diverse ditte. I feriti, ricoverati nell'ospedale di Ancona, sono due operai impegnati nei lavori.
I feriti sono due operai romeni di 56 e 46 anni. Sono precipitati da un'altezza di circa sei-sette metri: il più anziano si è fratturato un polso e ricorda tutto quanto è accaduto. L'altro invece apparentemente non avrebbe riportato fratture, ma non ricorda gli attimi dell' incidente.
( Fonte ANSA )
Articolo in aggiornamento
Emidio "Mimmo" Diomede e Antonella Viviani, morti nel crollo del ponte che ha travolto la loro auto mentre transitavano sull'A14, vivevano a Spinetoli (Ascoli Piceno), in un'abitazione nei pressi dell'ufficio postale. Sposati da 36 anni, gestivano insieme un'azienda di confezioni con sede a Colli del Tronto. La polizia ha informato nel pomeriggio i familiari della tragedia avvenuta. I coniugi Diomede lasciano due figli, Daniela e Daniele, quest'ultimo ex team manager della Sambenedettese calcio. I due coniugi stavano per diventare nonni.
Antonella era diretta all'ospedale di Ancona per una visita di controllo. ''La notizia della tragedia che ha colpito la famiglia Diomede rattrista immensamente non solo me, ma tutta la comunità di Spinetoli, città alla quale Emidio e Antonella erano legatissimi e noi tutti a loro" dice il sindaco Alessandro Luciani.
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Sono tre operai romeni i feriti nel crollo del ponte provvisorio lungo l'A14, avvenuto fra Ancona e Loreto. Il più anziano si è fratturato un polso e ricorda tutto quanto è accaduto; un altro invece apparentemente non avrebbe riportato fratture, ma non ricorda gli attimi dell'incidente. I primi due si trovano nel pronto soccorso dell'ospedale di Torrette ad Ancona, dove sono sottoposti ad accertamenti. Il terzo, ferito lieve, è stato portato nell'ospedale di Osimo. Sono dipendenti della Delabech, la società romana incaricata dei lavori di manutenzione del ponte. ''Le strutture tecniche della Condirezione Generale Nuove Opere di Autostrade per l'Italia stanno acquisendo tutte le informazioni necessarie, che sono state prontamente richieste alla Delabech'', fa sapere Autostrade per l'Italia.
E' apparsa, sul blog di Beppe Grillo, nel pomeriggio di mercoledì 8 marzo, una lettera aperta ai cittadini delle zone colpite dal terremoto a firma di tutto il Movimento 5 Stelle. La pubblichiamo qui di seguito.
Sono passati più di sei mesi dalla prima scossa di terremoto. Abbiamo assistito alla sofferenza per il dramma che avete vissuto e che continuate a vivere a causa dell’immobilismo dello Stato, e riteniamo che sia giunto il momento di scrivervi e di parlarvi direttamente. A voi, cittadini e amministratori delle zone colpite dal sisma, a voi che abitate nel cuore dell’Italia, un territorio bellissimo e ricco di storia, tradizioni, cultura che è stato abbandonato da ben due Governi inefficienti e colpevolmente lenti. Sì, perché alla fine i fari su di voi si sono spenti e se questo non è successo già nei mesi precedenti è soltanto perché purtroppo, si erano verificate altre, violente, scosse. A voi servono soluzioni, efficienza e organizzazione. Per ottenerli la visibilità, i fari accesi, sono necessari, perché purtroppo in Italia per ricevere quello che ci dovrebbe spettare di diritto è diventato indispensabile alzare la voce, battere i pugni. Avete già promosso varie iniziative e riteniamo che sia giusto continuare a farlo per rivendicare i vostri diritti . Per smuovere lo Stato dovete tiralo per la giacchetta e far sentire forte la vostra voce. Il MoVimento 5 Stelle è convintamente non violento, ma la non violenza non significa inerzia.
Le istituzioni non possono permettere che una porzione di paese resti in ginocchio, che ci siano zone a rischio spopolate, che ci vogliano anni, forse decenni, prima che nei vostri territori il tessuto sociale e imprenditoriale si rimetta davvero in moto. Non accettate questo senso di sconfitta fatalista.
La volontà è il motore più forte, quello che rende possibili anche le cose più difficili, ed è ciò che manca a chi sta gestendo questa emergenza: non c’è la feroce determinazione a investire su questa parte di Italia e sulla sua rinascita. Non è altrimenti credibile che dopo i terremoti del Belice, del Friuli, dell’Irpinia, dell’Umbria e dell’Abruzzo ci troviamo ancora gestire il post sisma in modo così lento, disorganizzato, approssimativo, caotico, incerto.
Da mesi cerchiamo di mantenere alta l’attenzione su questa drammatica situazione. Da mesi avanziamo proposte costruttive per trovare soluzioni efficaci e tendiamo la mano al governo, per ricevere in cambio solo risposte negative. Dopo aver lanciato già ad ottobre l’allarme sull’avvicinarsi dell’inverno, adesso ne lanciamo un altro: se non cambia tutto, subito, in meglio, ci ritroveremo in un batter di ciglia con il prossimo inverno alle porte. E avremo perso un anno. Non ce lo possiamo, non ve lo potete permettere di ritrovarci punto e a capo tra 12 mesi. Quei riflettori si devono riaccendere, lo Stato ci deve mettere la faccia e voi avete diritto di tornare nelle vostre case e nelle vostre terre.
Tutto quello che non va e non funziona lo sapete bene perché lo vivete tutti i giorni sulla vostra pelle. La realizzazione delle casette e l’individuazione dei terreni dove installarle vanno tremendamente a rilento: vogliamo evitare che questo ritardo possa finire con il giustificare la decisione di acquistare edifici privati individuati sull’intera superficie dei territori regionali, così come previsto nel nuovo decreto. Non essendo previsti vincoli di territorialità, i cittadini del cratere alla fine potrebbero essere costretti ad accettare una soluzione lontana dalle proprie terre: l’esodo.
Questa che sottolineiamo è solo la prima criticità, ma l’elenco dei fallimenti è quasi infinito: le stalle sono arrivate con il contagocce (e spesso hanno caratteristiche tali da rendere difficoltoso l'alloggiamento degli animali e da non garantire il loro benessere); la rimozione delle macerie va molto a rilento; i beni mobili giacciono all’interno degli immobili lesionati, motivo per cui non si è ancora provveduto né al recupero degli stessi e né tantomeno all’individuazione di edifici utili per la custodia provvisoria; i cittadini sono alloggiati negli alberghi sulla costa e soffrono di un comprensibile disagio psicologico; migliaia di case sono inagibili e altre sono in attesa delle verifiche; decine di cimiteri sono ancora inagibili, edifici storici e religiosi di inestimabile valore ancora adesso non sono messi in sicurezza; la maggior parte delle attività produttive inagibili non sono ancora state riattivate, mentre quelle che hanno subito danni indiretti dal terremoto stanno ancora aspettando un sostegno; strade comunali e provinciali attendono di essere messe in sicurezza e di tornare agibili e percorribili, molti sindaci - che in diversi casi non dispongono né del personale né del “know how” per gestire criticità così grandi - sono stati lasciati soli a gestire l’emergenza. La “No tax area” è necessaria, vitale, l’abbiamo chiesta in ogni modo, ma è evidente che il governo non è intenzionato a istituirla.
Il cratere che il terremoto ha lasciato è lo specchio di uno Stato e di un Governo che lascia il Paese alla deriva, ma il corso di questa storia non è ancora segnato: si può ancora cambiare quel corso, lottando. Noi ci crediamo e sappiamo che anche voi, malgrado la montagna da scalare sia altissima e nonostante i tanti timori e le già troppe delusioni subite, non siete disposti a gettare via la vostra vita, il vostro mondo. Fate sentire la vostra voce, la partita è persa solo quando ci si dichiara sconfitti.
Una nuova specie di ranuncolo è stata scoperta nel territorio di Amatrice da due ricercatori dell'Università di Camerino: il docente Fabio Conti e Fabrizio Bartolucci, assegnista di ricerca della Scuola di Bioscienze e Medicina Veterinaria. I ricercatori del Centro Ricerche Floristiche dell'Appennino, gestito dal Parco Nazionale del Gran Sasso e dei Monti della Laga in convenzione con Unicam, hanno rinvenuto la piantina nei prati umidi prossimi al centro abitato, poco prima del terremoto.
E' una specie endemica di questo territorio ed è quindi una pianta che in tutto il mondo vive solo in questa porzione dei Monti della Laga. La nuova specie è stata dedicata ad un bambino, figlio di uno degli autori della scoperta, con la denominazione di Ranunculus giordanoi, e simbolicamente dedicata a tutti i bambini di Amatrice, un segnale di speranza per un territorio così duramente colpito dagli ultimi eventi sismici. Il Ranuncolo porta a 2.643 il numero delle piante del Parco. (Ansa)
L’8 marzo è la festa della donna, la giornata internazionale in cui si pone l’accento sulla cosiddetta questione di genere, la parità dei sessi che stenta ad arrivare e che forse non ci sarà mai.
La donna: il genere debole e il sesso forte, già perché, se è pur vero che la storia non ha lasciato spazio alle femmine, non ha permesso loro di essere protagoniste, le donne sono il sesso forte: vivono più a lungo, mediamente sei anni in più di un coetaneo maschio e si ammalano di meno. Un dono della natura per coloro a cui è affidato il futuro della specie.
Senza bisogno di andare lontano e parlare dei luoghi nel mondo in cui i diritti delle donne non vengono riconosciuti e dove i soprusi sono all’ordine del giorno, basta analizzare i dati sul lavoro per constatare che neanche in Italia il gap tra uomo e donna è stato mai veramente colmato. Se è vero che le donne che fanno carriera aumentano è pur vero che più si sale di gerarchia più scompaiono le donne al potere. Nel territorio maceratese ci sono però delle eccezioni eccellenti che sottolineano come l’imprenditoria femminile seppur sia in quota minore raggiunge ottimi risultati, come ad esempio la Varnelli e la Roana.
Una delle ragioni per cui le donne fanno il loro ingresso nel mondo dell’imprenditoria è per eredità, o familiare o del marito, soprattutto nelle nostre zone in cui il fare impresa è strettamente legato al legame di sangue. Le grandi aziende maceratesi sono quasi tutte a conduzione familiare, nate dalla piccola bottega di casa e diventate poi pilastri dell’economia territoriale.
Se pensiamo alla politica, il territorio maceratese ha il primato della prima donna sindaco in italia, a Loro Piceno per la precisione: Ada Natali, di cui abbiamo già raccontato la storia (clicca qui) . Altra storia quella di Maria Assunta Lorenzoni, partigiana nata a Macerata e combattente nelle file di Giustizia e Libertà, nel quale si occupa dei collegamenti con il comando della Divisione. Svolge numerose missioni pericolose e organizza l'espatrio di cittadini d'origine ebraica e di perseguitati politici.
La nostra provincia racconta di donne tutti i giorni, è fatta di donne che portano “a casa il pane”, non è un caso che in dialetto la donna matrona si chiama “vergara”, colei che porta la verga, cioè chi comanda, un riconoscimento che vale la pena ricordare nel giorno dell’8 marzo.