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Zuckerberg cambia rotta: via i fact-checkers da Facebook

Zuckerberg cambia rotta: via i fact-checkers da Facebook

Ebbene, Mark Zuckerberg ha deciso in questi giorni di porre fine al demenziale sistema del cosiddetto fact-checking, nome pudico, rigorosamente in lingua inglese, per non dire censura.

Il patron di Meta sceglie dunque di seguire la via di X di Elon Musk, rete sociale sulla quale non esiste di fatto la censura ed è ancora possibile parlare liberamente. Che cosa ha indotto in concreto Mark Zuckerberg a prendere questa decisione e a cambiare traiettoria?

Due le possibili interpretazioni, non necessariamente alternative tra loro: in primo luogo, il modello della libera espressione di X premia, laddove quello con censura di Facebook evidentemente alla lunga non dà buoni risultati in termini di utenze. La censura generalmente non piace e non stupisce dunque che le persone preferiscano utilizzare X rispetto a Facebook.

Zuckerberg deve essersene accorto e su queste basi deve aver scelto, meglio tardi che mai, di cambiare direzione. In secondo luogo, a determinare la scelta può essere stata anche l'elezione di Donald Trump, il codino biondo che fa impazzire il mondo: in passato, Zuckerberg aveva candidamente ammesso di aver eseguito gli ordini di Biden e della Casa Bianca in tema di censura relativa all'emergenza epidemica.

Ora il vento è cambiato e Zuckerberg si adegua. Sia quel che sia, non possiamo non rilevare come il sistema del fact-checking sia stolto e pericoloso: finisce per censurare come fake news o come violazione delle norme della community ogni interpretazione non aderente all'ordine simbolico dominante, facendo appunto trionfare la censura.

Tanto più che, come non ci stanchiamo di sottolineare, le idee false si combattono con le idee vere, non con la censura. Il silenziamento apriorico di certe opinioni con l'etichetta di fake news e di complottismo rappresenta l'antitesi dello spirito socratico, che invece si determina nella discussione con tutti senza preclusioni: non certo per accettare relativisticamente ogni opinione, bensì per far trionfare la verità contro le idee false.

Complottismo e lotta alle fake news sono le due categorie fondamentali con cui l'ordine discorsivo neoliberale prova a silenziare ogni prospettiva dissenziente, subito accostandola alle fandonie di chi dice che la Terra è piatta o che due più due fa cinque (tesi evidentemente deliranti ma che devono essere combattute e vinte con le idee non certo con la mordacchia). Il contrario di falsità è verità e non censura.

Lotta al complottismo e alle fake news diventa con estrema facilità sinonimo di persecuzione di ogni pensiero diverso da quello che qualcuno ha deciso essere il solo possibile. La categoria di fake news presuppone una sorta di scientificità assoluta del mondo dello spirito che in realtà non esiste.

Se è evidentemente una fake news dire che Re Luigi non morì nel 1793 (e anche in questo caso, perché non confutare la menzogna anziché silenziarla preventivamente?), come fare a classificare una fake news in relazione alla interpretazione degli eventi storici? Su che base silenziare come fake news la tesi di chi dice che Re Luigi fu giustiziato da degli eroi o, viceversa, quella di chi dice che fu assassinato da dei barbari?

La posta in palio coincide con la liquidazione della possibilità di pensare criticamente la realtà sociale, politica ed economica nella quale siamo immersi e che già da tempo, non per caso, viene programmaticamente dichiarata senza alternative (there is no alternative).

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