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Violenza di genere: nelle Marche fondi per centri e case rifugio ma in Parlamento si discute ancora sul consenso

Violenza di genere: nelle Marche fondi per centri e case rifugio ma in Parlamento si discute ancora sul consenso

Con 227 voti favorevoli, all'unanimità, il 19 novembre l’aula della Camera ha approvato in via definitiva e all’unanimità il ddl che istituisce il reato di femminicidio. Il provvedimento, che aveva già ottenuto il via libera anche dal Senato, diventerà ora legge e introduce nel Codice penale l’articolo 577-bis, il delitto di femminicidio, prevedendo l’ergastolo quando l’omicidio di una donna sia commesso per discriminazione di genere, odio o per reprimere la libertà della vittima. Un passaggio che ha segnato un momento di rara compattezza parlamentare su uno dei temi più drammatici dell’attualità.

Diverso, invece, il destino dell’altro provvedimento che nelle stesse ore era finito al centro del dibattito politico: il ddl sulla violenza alle donne che introduce il principio del consenso informato, già approvato all’unanimità alla Camera. Questo testo, giornalisticamente noto come "Ddl consenso", non è infatti arrivato all’esame dell’Aula del Senato, dove era atteso per il via libera definitivo, a causa dei dubbi sollevati da alcuni rappresentanti dei partiti di maggioranza in Commissione. Uno stop che ha riaperto tensioni e fratture.

A giustificare la frenata sono arrivate le parole di Matteo Salvini, secondo cui la legge è importante ma va scritta con attenzione “perché non diventi un’arma di chi si vuole vendicare”. Sulla stessa linea la senatrice leghista Giovanna Bongiorno, da sempre impegnata sul tema e fondatrice di Doppia Difesa, che ha parlato della necessità di migliorare il testo: "Ci sono due Camere. È stata rilevata dai rappresentanti del centrodestra l’esigenza di migliorare il testo. Ho accolto la richiesta perché presenta ottimi spunti, ma merita un approfondimento. Il 25 era una data simbolo. Avremmo potuto celebrarla con uno spot su due leggi a favore delle donne, sarebbe stato bello… Ma il senso di responsabilità ha prevalso".

Le opposizioni, che avevano accolto con entusiasmo l’unanimità della Camera sul ddl consenso e il clima di collaborazione tra Schlein e Meloni, hanno parlato apertamente di un regolamento di conti interno alla maggioranza, in particolare tra Lega e Fratelli d’Italia.  La premier, dal canto suo, ha cercato di rassicurare, ribadendo che la norma sul consenso si farà, ma che deve essere scritta nel modo giusto, e che tutte le forze politiche concordano sulla necessità di superare l’attuale disciplina.

Mentre a Roma il confronto è passato rapidamente dal dialogo allo scontro, lo stesso tema è stato al centro anche del dibattito nelle Marche, durante la seduta aperta del Consiglio regionale dedicata alla Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne. Il presidente della Regione Francesco Acquaroli ha parlato di una “piaga sociale che richiede un impegno concreto e condiviso”, ricordando come la violenza assuma molteplici forme e spesso si consumi per anni tra le mura domestiche, a opera di persone considerate vicine alla vittima e spesso alla presenza di minori.

I numeri del Rapporto regionale 2024 confermano una situazione allarmante: le donne che si sono rivolte ai servizi sono state 663 nel 2021, 705 nel 2022, 748 nel 2023 e 841 nel 2024. Un aumento che, da un lato, segnala una crescita del fenomeno e, dall’altro, è anche frutto di una maggiore sensibilizzazione. “Come istituzioni – ha concluso Acquaroli – dobbiamo proseguire nel rafforzamento delle misure di tutela, attraverso politiche integrate, investimenti economici e normativi e il consolidamento della rete territoriale”.

Durante la stessa seduta è intervenuta anche l’assessora regionale alle Pari Opportunità Francesca Pantaloni, che ha ribadito: “La violenza contro le donne non è un fatto privato né una fatalità, ma una ferita alla dignità di tutta la nostra comunità”. Il Rapporto 2024 mostra che le 841 donne che hanno chiesto aiuto ai centri antiviolenza segnano un aumento del 12,4% rispetto all’anno precedente; il 71,9% sono italiane, il 28,1% straniere. I consultori femminili hanno registrato 971 accessi, con un incremento del 44,1%, mentre i casi di violenza sui minori sono cresciuti del 78,9% dal 2020. Anche le Procure marchigiane hanno fatto registrare aumenti significativi dei procedimenti penali per violenza di genere.

Per affrontare l’emergenza, la giunta regionale ha stanziato 1,65 milioni di euro per il biennio 2024-2025 destinati alla prevenzione e al contrasto della violenza di genere nelle cinque province. I fondi finanziano i centri antiviolenza, le case rifugio, i consultori, i programmi per uomini autori di violenza e le attività di formazione. È stata inoltre potenziata la rete dei Pronto soccorso, dove nel 2024 si sono registrati 224 accessi correlati a episodi di violenza.

Forse in queste settimane si è persa un’occasione per lanciare un messaggio davvero unitario sul tema del contrasto alla violenza di genere. Da una parte, nei territori come le Marche, si investe in modo concreto su prevenzione, protezione e servizi; dall’altra, a livello nazionale, il confronto politico sul consenso "libero e attuale" continua a dividersi tra timori, veti incrociati e calcoli politici. La legge sul femminicidio è ormai realtà, ma la partita sul consenso resta aperta. E quello che sembrava un percorso lineare verso un ulteriore avanzamento dei diritti si è trasformato, ancora una volta, in un terreno di scontro che rischia di allontanare la politica dalle esigenze reali delle vittime.

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