Macerata città universitaria, ma non offre nulla ai suoi studenti: "Solo ristoranti e poco divertimento"
Si sa, tutte le città universitarie, o quasi, vivono due scenari paralleli. La mattina si lavora, o si studia, mentre la sera l'atmosfera cambia e gli stessi studenti animano le vie della città frequentando in maniera assidua i vari locali presenti. Ma per ogni buona regola che si rispetti, c’è un'eccezione a darne conferma. L'eccezione in questione è quella della nostra città, Macerata.
Un capoluogo di provincia che, da sempre, ha fatto della presenza dell’università il suo punto di forza, da qualche anno ha iniziato a "zoppicare" in materia di movida. "Dovremmo tornare a prima del Covid" e "i giovani non sanno più divertirsi" sono solo due delle frasi che più si sentono quando si ascoltano i "grandi" parlare; come se a doversi far carico della microeconomia locale, circoscritta all’interno delle mura, dovessero essere gli studenti.
Prima della pandemia, è vero, il mondo intero (e non solo Macerata), funzionava diversamente. Nella città erano presenti una serie di locali di riferimento, dei "porti sicuri" per la movida, che non hanno retto alla pressione e, nell'abbassare la serranda definitivamente, hanno visto l'unica soluzione; come dargli torto.
Il centro storico, e tutta la zona all'interno delle mura, pullula di ‘giovani dormienti' a causa dei pochi stimoli che ricevono. Dedicare solo un giorno della settimana al loro svago, il tanto rinomato "giovedì universitario", non basta; a chi dovrebbe muovere l’economia, va dato modo di farlo quasi quotidianamente.
"Qualche anno fa con la mia compagna e nostro figlio abbiamo deciso di cambiare casa, muovendoci fuori dal centro - ci dice Matteo, un giovane papà - ormai lì si è trasformato in un dormitorio a cielo aperto". Per una famiglia non c'è più così tanto spazio". Argomento che va a riaprire la questione degli affitti, offerta ormai satura a causa della richiesta degli studenti (leggi l'articolo).
Matteo, come altri, ha lamentato una targettizzazione dell'offerta ludica. "Ormai ci sono solo locali dove mangiare e bere, con offerte per gli studenti. E per noi famiglie?" ci dice Francesca, mamma di due bambini che durante l’estate ha abbandonato la vita dentro le mura. Questa è una faccia della medaglia. L'altra, rappresentata dagli studenti, non è pienamente d’accordo.
"Noi ragazzi vorremmo mangiare meno e ballare di più. Amiamo la musica, amiamo fare festa. Questi sono gli anni più importanti della nostra vita, ma qui nessuno sembra accorgersene", afferma Luca, studente universitario: "È vero anche che le iniziative vengono proposte, ma con questa cadenza, definirla ‘città universitaria’ mi sembra eccessivo".
Il grido di malcontento è forte e arriva da entrambe le parti. Studenti e cittadini si rivolgono a una amministrazione che ormai non sa più che campana sentire e, nel tentativo di accontentare tutti, ignora le lamentele e provvede a creare soluzioni che altro non sono che palliativi.
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