Da Tolentino all'Ucraina, Mercuri racconta tre mesi di guerra. “Futuro incerto, informazioni manipolate”
Oltre tre mesi, circa 96 giorni, il tempo trascorso dall’inizio della guerra russo-ucraina. Una guerra ad oggi dall'esito incerto, non fosse altro che per le deboli trattative finora condotte e gli interessi geopolitici in ballo che già hanno annunciato di riscrivere la storia dei “rapporti fra Blocco Occidentale e Blocco Orientale”. Nel frattempo – secondo l’Alto Commissario delle Nazioni Unire per i diritti umani – è salito a 4000 il numero dei civili morti (260 bambini), e a quasi 5000 quello dei feriti.
Se è vero che il generale interesse dell’opinione pubblica per un conflitto “lontano da noi eppure così vicino” stia sempre più scemando, è altresì vero che presso le figure politiche di spicco dell’Ue l’attenzione si è progressivamente concentrata sui temi della crisi energetica e sull’importanza (o “il dovere”) di intervenire – con sanzioni e invio di armi – per contenere i danni e costringere Putin alla resa.
“Le forze armate da noi ci comunicano che il presidente russo ha utilizzato finora solo il 10% della propria forza”, spiega il tolentinate Stefano Mercuri, ex Confindustria trasferitosi 22 anni fa a Chișinău, in Moldavia (leggi qui). Anche qui, la Repubblica indipendente (ex URSS fino al 1991) poteva fino a poco tempo fa chiamarsi fuori in un certo senso dalle dinamiche del conflitto. Ma oggi la situazione si è fatta più delicata e incerta, soprattutto se si considera la presenza intestina della Transnistria: regione anch’essa indipendente e, in più, filorussa.
Cosa è cambiato dall’ultima volta che ci siamo sentiti, tre mesi fa? La vita qui è rimasta un po’ la stessa dall’inizio della guerra, fatta eccezione per l’aumento dell’inflazione al 30% (la più alta d’Europa) e il rincaro dei carburanti al 50%. Stiamo subendo anche gli effetti del blocco navale sul Mar Nero da parte di Mosca. “Le bombe” per ora sembrano ancora distanti e non preoccupano: ci si limita a rispettare il coprifuoco e a convivere con il suono delle sirene di allarme.
È vero che Putin vuole Odessa, per poi puntare alla Transnistria? Molti qui hanno questo timore: infatti stanno già lasciando la Moldavia. Io sono ancora scettico a riguardo, sebbene alcuni miei amici (ex militari dell’Unione Sovietica) sostengono che nessuno sa cosa si agiti realmente nella testa di Putin. Nemmeno i generali dello Stato Maggiore che gli sono più vicino.
Oltretutto, la Russia potrebbe ancora contare sul sostegno militare cinese. Ora come ora, anche la Cina sta pagando a caro prezzo le conseguenze legate a sanzioni e blocchi navali. Le trattative saranno decisive nelle prossime settimane: se a Putin verrà permesso di capitolare su Odessa la guerra diventerà davvero infinita.
E i transnistriani come si stanno comportando nel frattempo? Loro sono tranquilli, non credono che le truppe russe arriveranno: avrebbero già fatto la voce grossa e mosso rivendicazioni nazionaliste. E poi, la regione ha poco da offrire a livello economico: non ci sono materie prime come in Donbass (terreni e miniere). Non è utile nemmeno dal punto strategico.
Come mai? Il contingente militare è esiguo: 1500 soldati appena. Inoltre, persino il magazzino di armi a Cobasna, che tanto spaventa gli ucraini, è irrilevante. Per 25 anni ha retto il traffico di armi dirette poi verso i paesi arabi o quelli africani, ma ad oggi ci sarà rimasta poca roba e anche vecchia.
È cambiata anche la percezione che si aveva del popolo ucraino? L’esodo di profughi non riguarda solo i più bisognosi, ma anche i benestanti e (spesso) gente poco raccomandabile. Il problema è che i documenti non vengono controllati in maniera adeguata, al confine. Questo fatto ha inciso molto sul pregiudizio. Aggiungi anche che in Ucraina sono state aperte le carceri, dove i prigionieri russi vengono torturati e/o uccisi.
Come fa a saperlo? In Italia molti servizi e filmati non giungono agli organi d’informazione, oppure vengono filtrati. La verità è che non tutti gli ucraini sono buoni e non tutti i russi sono cattivi. C’è molta propaganda da entrambe le parti, ciascuno per sostenere la propria causa: le informazioni vengono manipolate all’occorrenza.
Qui in Italia sembra che l’attenzione mediatica sulla guerra si stia esaurendo. In realtà sta succedendo anche in Moldavia: all’inizio c’era allarmismo, oggi a preoccupare di più è l’inflazione. C’è da dire anche che la maggioranza della popolazione qui è filorussa, rispetto a un governo di stampo europeista. Si sta rischiando la spaccatura politica: le contestazioni del 9 maggio scorso dirette a Maia Sandu e all’Onu ne sono la testimonianza evidente. In più, l’opinione pubblica si sta dividendo anche sull’arresto nelle ultime ore dell’ex presidente Igor Dodon (seguace di Putin)
Odessa, le trattative, buoni e cattivi, emergenza profughi: le opinioni su questa guerra sono molto cambiate? Per qualcuno, l’importante è mantenere alta l’attenzione mediatica. Nel frattempo, a Odessa sono caduti 15 giorni fa due missili ipersonici – forse abbattuti dalla contraerea ucraina – e tramite un decreto sono state rimosse tutte le antenne paraboliche che intercettavano la propaganda russa. I profughi, invece, sono ridotti a semplice "affare di Stato": circa 100mila persone sono state ospitate finora dalle famiglie moldave, mentre i centri di accoglienza statali sono vuoti. Dall’Ue sono arrivati quasi 15mln di euro per sostenere questi rifugiati, ma nessuno sa che fine abbiano fatto questi soldi.
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