"C'è un anfiteatro romano sepolto sotto Villa Potenza": intervista al parroco "Sherlock Holmes"
Vincenzo Galiè è l'abate parroco della parrocchia di S. Bartolomeo di Campofilone, ma soprattutto è una sorta di Sherlock Holmes dell'archeologia. Cultore di storia locale marchigiana, soprattutto dei periodi romano e medievale, attraverso documenti di archivio, testimonianze di storici, ricerca di testi archeologici ed uso del georadar ha cercato di ubicare città, villaggi, anfiteatri romani e castelli medievali. Ha individuato per primo l'esatta localizzazione della città romana di Truentum, successivamente certificata dagli scavi della Soprintendenza di Chieti, ed ha all'attivo 83 pubblicazioni riguardanti tali argomenti. Nonostante ciò, in pochi conoscono i suoi studi e le sue intuizioni: l'ambiente accademico ed il mondo dell'archeologia locale, in particolare, sembrano volersi disinteressare degli appelli di Don Vincenzo. "Come ricercatore - afferma l'abate - sono circondato dal silenzio, dall'indifferenza, dalla noncuranza del mondo scientifico preposto alla ricerca e alla diffusione del sapere. Forse, la paura che i miei studi possano fare centro motiva tali deprecabili trascuratezze, ma il danno non è per me. Il danno è per la collettività che non vede tutelata la propria memoria storica per piccoli motivi di poltrone, di interessi personali".
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"Da anni, ormai - continua Don Vincenzo Galiè - mi sono accorto che manca uno studio serio e completo del territorio: uno studio approfondito sulla continuità del mondo romano fino ai giorni nostri attraverso lo studio dei catasti, dei documenti, degli atti di donazione, dei toponimi, delle strade e dei nomi antichi". Gli studi di Galiè, invece, si basano su un metodo di ricerca che trova la sua essenza proprio nel rigoroso e corretto esame di documenti ufficiali, atti notarili, mappe catastali e toponimi: "connetto le varie informazioni tra loro, incrocio i dati, disegno un territorio caratterizzandolo con dettagli che viaggiano in ambiti diversi: dalla curia vescovile del '500, alla strada disegnata dagli agrimensori romani, agli atti di donazione medievali, ai manoscritti di un abate del '600, agli atti di donazione delle suore dell'XI secolo". Con il controllo del georadar, poi, si ottiene la prova madre definitiva in grado di dare, anche senza che lo scavo venga effettuato, l'esatta ubicazione della città o di un monumento: "utilizzo tale macchinario d'indagine su decine e decine di località, sono in grado di affermare di non essere mai rimasto deluso: nascosti magari fino a cinque metri di profondità, sono apparsi molteplici insediamenti rivelando presenze di vici e città a forma di reticolato romano o di scacchiera. Ho individuato tre grandi forme ellittiche che hanno rilevato la presenza sotterranea di tre anfiteatri romani al Girfalco di Fermo e nelle città romane di Pausulae ed Helvia Ricina".
Tra le intuizioni più eclatanti avute da Don Vincenzo Galiè, sono almeno da nominare quelle riferite a Truentum, la città romana descritta da Sillio Italico, a Novana, sepolta e citata da Plinio il Vecchio, alla romana Helvia Ricina con il relativo anfiteatro. Non solo: l'abate si è anche occupato di Interamnia Picena, una città romana completamente sconosciuta agli studiosi, che doveva sorgere presso l'attuale Comunanza; ha dedicato degli studi alla storia della città di Potentia, nella zona tra Recanati e Potenza Picena; ha effettuato ricerche sulla probabile derivazione dell'attuale Civitanova da Cluentum.
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