Da Giorgio Salustri, presidente provinciale di Macerata dell'Unione nazionale Enalcaccia P.T.
In conseguenza di Ordinanza del Consiglio di Stato, n. 5165/2018, pubblicata il 22.10.2018, immediatamente esecutiva, è stata sospesa, in via cautelare, ogni forma di attività venatoria nella aree della Rete Natura 2000 denominate Sic (Siti di Importanza Comunitaria) e ZPS (Zone di Protezione Speciale).
Tale provvedimento è stato emesso a seguito di ulteriore ricorso del Wwf e della LAC ( Lega per l’abolizione della Caccia), i quali, non paghi della reiezione da parte del Tar Marche al ricorso presentato contro il Calendario Venatorio Regionale 2018/19, si sono appellati al Consiglio di Stato, che ha riformato il provvedimento dell’assise regionale, rimandando ad esso ogni definitiva decisione, in sede di merito. Quando verrà fissata l’udienza? A Febbraio 2019, a caccia chiusa?
A subire tutte le conseguenze di tale provvedimento sono tutte le aree montane e i cacciatori che vi risiedono, in quanto sono li che sono nella maggior parte presenti tutte le 28 ZPS, le 44 SIC e le 32 ZSC presenti nel territorio regionale.
La principale motivazione sulla quale si fonda il provvedimento del Consiglio di Stato e quindi l’accusa rivolta alla Regione Marche, è quella di non avere un adeguato Piano Faunistico Venatorio approvato, in considerazione del fatto che il precedente è scaduto nell’anno 2015.
Sono tre anni che le associazione venatorie, così come quelle agricole, lamentano l’inadempienza ed il lassismo dell’ente regionale, ed ecco che alla fine il nodo è venuto al pettine, causando l’emanazione di un provvedimento, per certi versi storico e che può creare un pericoloso precedente di diritto, in danno dell’attività venatoria e dell’economia che genera.
In qualità di Presidente Provinciale di un’associazione venatoria ( Unione Nazionale Enalcaccia P.T.) esprimo tutta la mia più profonda amarezza per quanto sta accadendo e per la mancanza di adeguata tutela ricevuta dell’ente regionale, che pure incamera lautissimi introiti dalla tasse di concessione di noi cacciatori.
La Regione Marche si è cullata sul fatto che il Tar aveva respinto, in prima battuta, il ricorso presentato al calendario venatorio, ma doveva essere cosciente e consapevole che già il Consiglio di Stato, con ordinanza n. 4242 dell’8 settembre 2018, aveva emanato identico provvedimento contro la Regione Umbria, colpevole anch’essa di non aver rinnovato il piano faunistico a partire dal 2014.
Ed allora, nel mese e mezzo, che è intercorso da quella data, la Regione Marche avrebbe dovuto porre in essere tutto ciò che era possibile fare per scongiurare un identico provvedimento, che invece c’è stato.
Richiedo ora a nome di tutti i cacciatori delle aree montane un pronto intervento dell’esecutivo regionale, totalmente responsabile di quanto accaduto, in tempi brevissimi, in quanto non si potrà certo attendere che il TAR fissi l’udienza di discussione e sperare in una sentenza favorevole, dopo che la stagione venatoria 2018/2019 sarà già chiusa.
Non voglio nemmeno pensare a come si sentiranno oggi le centinaia di cacciatori, titolari di appostamenti fissi ricadenti in ZPS, che già in passato hanno subito, anche a livello economico, la colpa regionale di non avere un piano faunistico, ed hanno dovuto pagare una valutazione di incidenza ambientale, per vedersi rinnovare la concessione e che, da domani non potranno più andare a caccia.
Se così sarà, invito sin d’ora i tesserati della mia associazione ed anche delle altre a rivolgere istanza di rimborso della tassa di concessione regionale versata e richiesta di risarcimento danni.
Da qui alla risoluzione del problema, se risoluzione del problema ci sarà, auspico inoltre una corretta e responsabile gestione della vigilanza venatoria, da parte degli organi preposti, in considerazione del fatto che le aree, oggetto del provvedimento, non sono tabellate ed i confini sono estremamente frastagliati e non coincidenti, in nessun caso, con strade, fossi, confini amministrativi e quant’altro agevolmente individuabili; il tutto sopratutto in considerazione del fatto che l’eventuale violazione potrebbe essere di rilevanza penale.
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