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Alluvioni, cosa rischia il Maceratese? Materazzi: "Possiamo aspettarci piene ogni 5/10 anni" (VIDEO)

Alluvioni, cosa rischia il Maceratese? Materazzi: "Possiamo aspettarci piene ogni 5/10 anni" (VIDEO)

A pochi giorni dalla devastante alluvione che ha colpito l'Emilia Romagna, la situazione è ancora lontana dall'essere rientrata sotto controllo. La commovente stretta di aiuti attorno alla popolazione in ginocchio prosegue, fra volontari accorsi da tutta Italia per spalare fango e donazioni per le persone colpite.  

"Quello che appare dai social o dalla televisione non rende l’idea – racconta emozionato Mattia Morganti, di ritorno da Forlì con il gruppo di soccorritori partito da Pesaro (leggi qui) - macchine distrutte, case e strade allagate, ci vorranno anni per sistemare tutto. La situazione è drammatica, soprattutto se si pensa che tutta l’acqua si sta spostando verso il mare, con altre inondazioni in arrivo nelle zone di Ravenna. C’è ancora tanto bisogno di aiuto”. 

Per cercare di comprendere la questione da un punto di vista più tecnico, dalle cause antropiche alle soluzioni nel breve e lungo termine, abbiamo raggiunto il professor Marco Materazzi, docente di idrogeologia all’Università di Camerino.

"L’alluvione in Emilia è diversa da quella di Senigallia dello scorso settembre: se la seconda era stata provocata da una grande quantità d’acqua caduta in poco tempo al termine di un lungo periodo di siccità, la prima è stata causata da diverse settimane di pioggia consecutive. Un evento più lungo e dal risultato comunque devastante: quando è arrivata la pioggia più forte ha trovato i terreni già saturati e i danni sono stati perfino maggiori". 

"Si consideri poi che quelle aree, a livello di altitudine, si trovano al di sotto del livello del mare e che dunque l’acqua fa più fatica a defluire in mare- prosegue Materazzi - Per quanto riguarda le cause antropiche molto pare essere avvenuto per via del cedimento della rete di canali artificiali, non adeguatamente manutenuti o comunque inadeguati a reggere quella portata d’acqua".

"Il fatto che ci siano stati due eventi di questa entità in meno di un anno significa che la frequenza sarà sempre più alta: l’innalzamento delle temperature porterà sempre più fenomeni naturali violenti e dovremo imparare ad adattarci ad essi - spiega il docente -. La correlazione con il riscaldamento globale è ovvia, specialmente ora per i Paesi che affacciano sul Mediterraneo, un mare chiuso che si è surriscaldato di più rispetto agli oceani negli ultimi anni". 

"Per quanto riguarda le soluzioni, nel breve termine si parla come al solito di pulizia e manutenzione dei corsi d’acqua, lavori che richiederebbero non più di qualche mese - continua -. Nel lungo periodo si sta discutendo di 'vasche di laminazione', naturali o artificiali, per far defluire le future piene. Si tratterebbe di riconsegnare alcune aree di naturale espansione al fiume, dove può fuoriuscire senza far danni, oppure di vere e proprie vasche di espansione costruite artificialmente con entrate modulate e argini. Questi interventi richiedono anni per essere praticati".

"Nella provincia di Macerata le aree a rischio sono quelle prossime ai fiumi Chienti e Potenza e ai corsi d’acqua in generale, soprattutto nei tratti medio bassi dei corsi d’acqua. Anche le zone interne non sono al sicuro in caso di forte pioggia. Le criticità sono uguali più o meno ovunque: se prima le piene erano ogni 50 anni, oggi possiamo aspettarcele ogni 5/10 anni - conclude Materazzi - Dobbiamo imparare a convivere con questa realtà, il problema non sparirà e rimarrà sempre un certo rischio residuo a prescindere dagli interventi preventivi".

 

 

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