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Questioni di Sharm

Questioni di Sharm

Nove giorni per arrivare al tragico punto di partenza. Il 31 ottobre l’airbus A321 russo appena decollato da Sharm el Sheick fu distrutto con un ordigno da un gruppo legato all’Isis. Insomma, per nove giorni abbiamo assistito a un pasticcio di silenzi, bugie e rinvii nell’ammettere clamorose evidenze. E non solo da parte dell’Egitto, impegnato a difendere la propria gallina dalle uova d’oro del turismo sul Mar Rosso, ma da quasi tutti i paesi in causa. Come dimostrano le tensioni diplomatiche fino allo scontro aperto tra Londra e Mosca, quando al quinto giorno, mentre gli egiziani si ostinavano ancora a smentire possibili falle nella sicurezza, e quindi l’attentato, il governo britannico ha annunciato il blocco dei voli da Sharm spiegando che la decisione era dovuta a "nuove informazioni venute alla luce" secondo le quali l'aereo russo "potrebbe essere stato colpito da un dispositivo esplosivo".

La notizia che ha fatto insorgere Mosca: Londra, dunque, dispone di elementi che non mette a disposizione degli altri paesi –ha protestato ufficialmente il Cremlino- e, in particolare, della Russia, la vera parte offesa che nel disastro ha perso 224 cittadini e un aereo. Come giustificare un silenzio di questo tipo quando le informazioni in questione avvalorano l’ipotesi di una ritorsione del Califfato contro la Russia per i bombardamenti in Siria.

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Oggi finalmente abbiamo appreso dalla stampa britannica cosa gli 007 di sua maestà avevano riferito al primo ministro Cameron, che reagì con il blocco precauzionale dei voli, e fu poi costretto a rivelare ai russi, che a loro volta corsero ai ripari. L’Mi6, i servizi segreti di Londra, aveva intercettato le conversazioni di diversi jihadisti che ridevano e commentavano il disastro aereo. E, in particolare, di colui che è indicato come l'organizzatore dell'attentato, l’egiziano Abu Osama al-Masri, il leader dei miliziani che da anni infestano il Sinai, Ansar al Beyt al Maqdis, formazione che lo scorso anno si è legata ad Isis, facendo il rituale atto di sottomissione al sedicente califfo Abu Bakr al Baghdadi. Gli agenti britannici avrebbero riconosciuto la sua voce come quella del primo a rivendicare l'attentato sul web. Proprio un uomo di al-Masri, ritengono gli 007, avrebbe approfittato di un complice tra i dipendenti dell'aeroporto di Sharm el Sheick per far imbarcare un bagaglio con dentro un ordigno.

Tutto tornerebbe: il licenziamento in tronco del capo della sicurezza dell’aeroporto, la ricerca dei complici fra i dipendenti, la procedura di far volare su aerei diversi i turisti e i loro bagagli, nell’impossibilità di stabilire un clima di reale sicurezza nello scalo assediato da migliaia di persone a termine vacanza e migliaia che continuano comunque ad arrivare: Telecamere rotte o che nessuno sorveglia, controlli sommari e pochissimi metal detector in funzione. E in più, l’immancabile piaga della corruzione, rivelata da dirigenti della sorveglianza che puntano il dito contro agenti di polizia addetti al controllo dei bagagli ai raggi x. “Non posso dire quante volte ho scoperto una borsa piena di droga o di armi lasciata passare per pochi euro”, ha raccontato uno di loro.

Sta di fatto che alla fine, di fronte a questa situazione della sicurezza, identificata la minaccia in al-Masri e nello stesso Califfato che lo appoggia, funzionari del governo britannico hanno stretto un patto con russi ed egiziani per eliminare il leader dei jihadisti nel Sinai. Presto le teste di cuoio del Sas, lo Special Air Service britannico, entreranno in azione in un inedito intreccio con corpi speciali russi ed egiziani. Nella speranza di ridare la serenità perduta al paradiso della vacanza a basso costo sul Mar Rosso.

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