Camerino, una conferenza online celebra la figura di Leonardo Sciascia: a 100 anni dalla nascita
A cento anni dalla nascita, i licei Costanza Varano di Camerino hanno organizzato ieri un incontro sulla figura di Leonardo Sciascia, scrittore, giornalista, insegnante, politico, poeta e critico d’arte, nel progetto di approfondimento curato dal dipartimento di lettere della scuola, con referente la docente Maria Pierandrei. A tenere in collegamento online con le quinte classi il seminario è stata la professoressa e scrittrice Lucia Tancredi, docente di materie letterarie nei licei. Il secondo appuntamento si terrà il prossimo 27 febbraio.
La docente ha ricordato il centenario dalla nascita di Sciascia, l’importanza di una figura da riscoprire nel mondo della scuola: «Un centenario importante di questi tempi, manca Sciascia come scrittore impegnato, scrittore civile, uomo capace di grande coraggio. Un uomo che ha insegnato a non essere ostaggio di nessun tipo di ideologia e soprattutto di avere il coraggio di scendere dove si trova la verità che costa molto. Secondo me i tempi sono maturi per studiare Sciascia e non ridurlo, lui non è solo il “mafiologo”, come amava definirsi, ma uno studioso raffinato, estremamente rigoroso, un uomo complesso. Ho cercato di spiegarlo in questo senso: da una parte un ammiratore dell’illuminismo di Manzoni, che vuole portare le cose alla luce, dall’altra l’irrazionale di Pirandello, ama la chiarezza di Stendhal dei francesi, si addentra nei gerghi specialistici, nei linguaggi oscuri». La docente ha ricordato anche il profondo amore per la verità, che ha portato Sciascia ad occuparsi di mafia e del caso Moro: «Lo dico anche da meridionale, un uomo che ama la luce, portare la verità alla luce ma che dice che non bisogna essere schiavi della verità, perché in nome della verità si fanno cose pessime.
Lui è come il Vate, lo scrittore antico, quello che si chiude gli occhi perchè bisogna avere uno sguardo capace di entrare nelle tenebre, di accompagnarci nella discesa agli Inferi, quella di trovarci di fronte ai misteri d’Italia, si parla del caso Moro, del cavaliere della morte. Non solo i misteri della mafia, ma anche i misteri della politica, ma anche i misteri umani, la malattia, la morte. Alla base di tutto c’è il suo pessimismo progressivo, un pessimismo lucido che ci aiuta a crescere, ad essere maturi, a non essere vittime della minorazione civile che in questo momento c’è in molti ambiti, nella politica, nel linguaggio, nelle mediazioni umane e sociali, in quello che siamo costretti a vivere, in questo tempo di Coronacene. Ma dall’altra parte c’è il pessimismo progressivo, vale a dire l’ottimismo di chi come lui scrive, perchè scrivere è un atto ottimistico ed è prospettare il fatto che il bene ha comunque delle radici».
A trentadue anni dalla morte di Sciascia resta il progetto dell’archivio che si sta portando avanti in Puglia, ricorda Lucia Tancredi: «Sciascia sorprende sempre. Io vengo da un paese del Gargano, San Marco in Lamis, dove un grande amico di Sciascia, Antonio Motta ha fondato l’archivio di Sciascia. Un’altra cosa che mi piace di lui è che non amava stare nei salotti, in televisione, dove doveva ricavarne un’immagine buona solo a soddisfare il suo ego. Viveva in campagna alla Noce. E’ stato un intellettuale volutamente periferico, generosissimo. Il suo archivio è custodito in un paese, Motta ha difficoltà a raccogliere tutto quello che Sciascia ha prodotto, perchè nella sua grande generosità soccorreva chiunque gli chiedesse qualcosa, il pittore sconosciuto, il piccolo giornale di provincia. Lo dico come lo direbbe Gramsci lui è stato un raffinatissimo e grandissimo scrittore nazional popolare, che la scuola deve imparare a riscoprire in tutta la sua grandezza, senza ridurre». Quarant’anni dopo le riflessioni dello scrittore e giornalista siciliano, sono ancora di sorprendente attualità, ricorda la docente: «Alcune situazioni endemiche non sono state ancora sanate, il problema è quello.
Quello che sta a cuore a Sciascia è la libertà nella legge. Questo è l’anno di Dante ed è l’anno di Sciascia, cerchiamo questo parallelismo, questo punto in comune: questo bellissimo personaggio di Catone l’Uticense guardiano del Purgatorio, uno che preferisce darsi la morte e scomparire, un po’ come Maiorana, piuttosto che essere complice del male o di qualcosa che può fare del male. Il problema della Sicilia è iniziare a capire che la libertà è nella legge, però lo Sciascia scomodo è stato in qualche modo ostracizzato, da parte di tanti che adesso salgono sul carrozzone delle celebrazioni. Quando Sciascia scrisse con grande coraggio l’articolo sul pool dell’antimafia e contro quelli che disse sono i cani baduggeddu, Sciascia era per la libertà nella legge, a patto che non fossero le leggi speciali che poi provocarono torture come quelle del caso Tortora, di boss mafiosi che improvvisamente si trovavano a piede libero, semplicemente per il fatto di aver collaborato con la legge». Per Lucia Tancredi l’insegnamento più grande di Sciascia rimane la consapevolezza della libertà: «Sciascia ancora oggi ha da insegnarci nel suo grande coraggio e nel suo grande rigore, che la libertà è il bene più grande che abbiamo. Mi sarebbe piaciuto chiedergli oggi, a proposito delle tante leggi speciali che abbiamo e limitano la nostra libertà, per cui abbiamo delle priorità riguardo alla salute, ma su cui il dibattito è aperto, laddove finisce ed inizia la nostra libertà. Dico Leonardo Sciascia ci manchi, perchè il suo coraggio, la sua vigilanza ci sarebbe stata utile per capire che quello che noi chiediamo alla politica ed allo Stato ed a tutte le mediazioni che ci rappresentano, che la libertà dell’individuo, viene prima di ogni cosa».
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