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Morbo di Alzheimer: sintomi, diagnosi e cura. Parola al neurologo Aldo Paggi

Morbo di Alzheimer: sintomi, diagnosi e cura. Parola al neurologo Aldo Paggi

Somiglia ad una grossa noce racchiusa nella nostra testa che ci permette di elaborare pensieri ed idee, comprendere concetti, decodificare messaggi e stimoli esterni: si tratta del sistema più complesso esistente in natura e non solo, una macchina perfetta chiamata cervello.

Per la scienza, l’intero apparato cerebrale prende il nome di encefalo, di cui il cervello costituisce la parte più pesante e voluminosa, responsabile del pensiero, del linguaggio e, contrariamente a quanto si crede, anche delle emozioni.

L’encefalo comprende anche il tronco encefalico (che controlla funzioni vitali come la respirazione e la pressione sanguigna) e il cervelletto. Quest’ultimo si occupa del mantenimento della posizione nello spazio, dell’equilibrio e della coordinazione del movimento…non a caso è l’organo che, a breve termine, risente maggiormente dell’abuso di alcool!

Organo principale del sistema nervoso centrale, il cervello si suddivide in due emisferi (sinistro, che controlla le facoltà logiche e verbali, e destro, sede delle attività creative) e si presenta come una sorta di centralina formata da neuroni, cellule nervose collegate tra loro, e da fibre disposte in fasci, simili a cavi elettrici.

Se fino agli anni Novanta si è creduto che il numero massimo di neuroni posseduto da ogni neonato fosse destinato a diminuire con l’avanzare degli anni, recentemente si è invece evidenziato che nel cervello umano adulto nascono ogni giorno circa 1400 nuovi neuroni.

Una scoperta, questa, che ha aperto nuove strade nella cura delle malattie neurodegenerative. Ci riferiamo in particolar modo alle demenze senili, vera e propria piaga sociale in una popolazione che invecchia sempre più: si stima infatti che nel 2050 saranno almeno 114 milioni le persone nel mondo che presenteranno un deterioramento delle funzioni cognitive.

La forma più comune di demenza senile è il morbo di Alzheimer, descritto per la prima volta nel 1906 dall’omonimo psichiatra e neuropatologo tedesco. Il 21 settembre si è celebrata la Giornata Mondiale dedicata a questa patologia, ad oggi responsabile del 60-70% dei casi di demenza. 

Come è noto, l’esordio del morbo di Alzheimer avviene in età presenile (solitamente –ma non sempre- oltre i 65 anni) manifestandosi con la difficoltà nel ricordare eventi recenti.

Per approfondire l’argomento, abbiamo interpellato il dottor Aldo Paggi, medico consulente neurologo e psichiatra presso il centro medico "Associati Fisiomed" e già specialista presso gli Ospedali Riuniti di Torrette-Ancona.

Dott. Paggi, quali sono le cause dell’insorgenza del morbo di Alzheimer?

"L'Istituto Superiore di Sanità riporta che in Italia i malati di demenza sono circa 1 milione e che, di questi, circa 600 mila sono affetti da Alzheimer.

È la più comune forma di demenza, è primitiva e di origini ancora sconosciute, ma non è l’unica, perché c’è anche la malattia di Pick (o demenza fronto-temporale) più rara della prima forma ma altrettanto seria. Poi c’è la demenza vascolare o arteriosclerotica che è una conseguenza di una scarsa circolazione sanguigna a livello cerebrale.

Sono sindromi neurodegenerative tutte caratterizzate da una graduale e irreversibile perdita di neuroni e dei loro collegamenti interneuronali e con conseguente riduzione delle funzioni mnesiche (la memoria), cognitive e comportamentali.

Il morbo di Alzheimer è una malattia tipica dell'età avanzata: la maggior parte dei pazienti, infatti, ha più di 65 anni. Altri importanti cofattori sono la familiarità, la predisposizione genetica, il sesso, lo stile di vita e molti altri.

Benché non sia ancora del tutto nota la causa primaria che dà inizio al morbo di Alzheimer, è stato evidenziato che l'accumulo a livello cerebrale di particolari proteine anomale e, più precisamente, la proteina beta-amiloide (β-amiloide beta e Tau)  gioca un importante ruolo nella comparsa della malattia e nella neurodegenerazione che la caratterizza".

Cosa fare qualora un nostro caro manifestasse i sintomi tipici della malattia? Una diagnosi precoce può fare la differenza?

"Per l'individuo di età avanzata, manifestare qualche amnesia di troppo, riscontrare delle insolite difficoltà di calcolo e avere problemi di linguaggio e comprensione di nuovi concetti deve rappresentare un campanello d'allarme, tale da indurre a consultare un medico per capire se si tratti effettivamente di Alzheimer agli esordi o di un'altra condizione.

È consuetudine suddividere l'evoluzione dei sintomi connessi al morbo di Alzheimer in tre fasi (o stadi). La fase iniziale del morbo di Alzheimer è il momento della malattia in cui compaiono i primi sintomi.

Le manifestazioni di esordio dell'Alzheimer consistono tipicamente in:

- Piccoli problemi di memoria a breve termine (amnesia anterograda);

- Aprassia, cioè incapacità di compiere azioni comuni come fischiettare;

- Sporadici cambiamenti di personalità;

- Occasionale mancanza di giudizio;

- Ripetere più volte la stessa domanda;

- Lievi difficoltà di linguaggio (principio di afasia), di calcolo (principio di acalculia), di ragionamento e comprensione di nuovi concetti;

- Tendenza alla passività e alla mancanza d'iniziativa,

Il paziente dimentica eventi o conversazioni recenti a cui ha partecipato; smarrisce oggetti; non ricorda i nomi dei luoghi e delle cose (anomia); fatica a riconoscere oggetti e cose che prima erano note (agnosia); comincia a perdere le facoltà di scrittura e lettura.

La fase intermedia dell'Alzheimer si caratterizza per la comparsa di nuovi disturbi.

Tra questi figurano:

- Problemi di memoria a lungo termine;

- Instabilità emotiva, sbalzi d'umore, depressione, ansia e/o agitazione;

- Comportamenti ossessivi, ripetitivi e/o impulsivi;

- Episodi di delirio e comportamento paranoico (senza alcun motivo, il paziente è sospettoso delle persone che lo circondano, fino a dimostrarsi, talvolta, aggressivo);

- Confusione (o disorientamento) spazio-temporale, con il paziente che fatica a realizzare dove si trova, a dire con certezza il giorno della settimana ecc;

- Allucinazione uditive;

- Sonno disturbato.

A questo stadio dell'Alzheimer, è molto frequente che il paziente cominci ad aver bisogno del supporto di altre persone che lo aiutino nella vita quotidiana; per esempio, potrebbe aver bisogno di sostegno nel lavarsi, nel vestirsi o nell'utilizzare il bagno.

La fase finale dell'Alzheimer è il momento della malattia in cui il quadro sintomatologico ormai completo peggiora ulteriormente e diviene incompatibile con una vita normale. Le capacità cognitive sono ormai del tutto compromesse: lo dimostra il grado di severità estremo raggiunto dai deficit di memoria e dalle difficoltà di linguaggio.

Gli episodi di delirio e paranoia sono sempre più comuni, così come gli sbalzi d'umore. Inoltre, compaiono nuove problematiche, tra cui:

-  Difficoltà di deglutizione;

- Perdita di controllo della funzione intestinale e vescicale (incontinenza);

- Perdita del controllo motorio, con il paziente che si muove sempre meno;

- Perdita di peso.

A questo stadio della malattia, il soggetto con Alzheimer diviene completamente incapace di occuparsi di sé stesso, pertanto ha bisogno quotidianamente di qualcuno che lo aiuti nel mangiare, nel lavarsi, nel muoversi ecc.

Ci sono test ed esami specifici per una diagnosi precoce?

"In genere, la diagnosi di Alzheimer si fonda sulle informazioni provenienti da:

Anamnesi;

Esame obiettivo;

Esame neurologico;

Test cognitivo e neuropsicologico;

Esami di laboratorio;

Esami di diagnostica per immagini, riferiti al cervello.

Di questi esami è di estrema importanza il Bilancio Cognitivo, un esame semplice, non invasivo, non doloroso ma che è fonte di tantissime informazioni sullo stato mentale reale del soggetto. È un’indagine ancora poco praticata ma ricca di preziose informazioni utili anche per valutazioni comparative successive.

Si tratta del Mini-Mental Test, o Test di Folstein. È un questionario composto da 30 domande, che permettono di analizzare le capacità di calcolo, memoria, ragionamento, linguaggio, attenzione ecc. della persona".

Come procede il lavoro della ricerca in ambito terapeutico? Ci sono novità rilevanti?

"I farmaci attualmente disponibili per il morbo di Alzheimer sono piuttosto limitati e il loro impiego non è in grado di risolvere la malattia o bloccare la neuro-degenerazione, ma si limita ad alleviare alcuni dei sintomi manifestati dal paziente.

Per queste ragioni, la ricerca in questo campo continua ad andare avanti allo scopo di individuare nuovi principi attivi per tentare di contrastare l'avanzamento della patologia. 

Purtroppo la ricerca scientifica, molto costosa e complessa, è ancora distante dal traguardo risolutivo per questa malattia per cui molte case farmaceutiche stanno rallentando il loro impegno economico nella ricerca. Certo è che chi arriverà, prima o poi, al traguardo finale di un farmaco veramente efficace avrà apportato un beneficio immenso a tutta l’umanità". 

Ci ricordi qualche regola valida per prevenire questa e altre forme di demenza senile.  

"Far lavorare il corpo, evitare le cattive abitudini, prendersi cura del proprio cuore, seguire una dieta equilibrata, con speciale riferimento alla dieta mediterranea, stimolare la mente, mantenere rapporti sociali. Inoltre cessazione del fumo, il trattamento del diabete, dell'ipertensione e dell'ipercolesterolemia".

 

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