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“Legge regionale n. 145 privatizzazione della sanità nelle Marche”

“Legge regionale n. 145 privatizzazione della sanità nelle Marche”

Riceviamo e pubblichiamo da Cesare Procaccini, ex consigliere regionale

 

"Una scelta del Pd regionale dannosa, incomprensibile ed ingiustificabile che mina dall’interno il sistema sanitario pubblico regionale in gran parte virtuoso, classificato fino al 2010 tra i migliori d’Europa per qualità’ di presta- zioni e diffusione di presidi sanitari su tutto il territorio regionale. L’accreditamento con cliniche e strutture private era presente, ma limitato a supporto del sistema pubblico (ad esempio come i laboratori analisi) e quando si è tentato di estendere l’affidamento alle cliniche private della diagnostica della prevenzione le liste di attesa si sono accorciate di pochissimo con costi enormi per il sistema sanitario pubblico, quindi per tutti i cittadini. Una “mobilità passiva” mostruosa che questo anno 2018 sfiora i 70 milioni di euro.

Nella legislatura 2005 /2010, l’ultima con la presenza dei comunisti in maggioranza e in giunta regionale, la mobilità passiva era di 26 milioni di euro! La giunta Ceriscioli e la maggioranza, che si regge tutta sul Pd, con questa legge porta a compimento una costante privatizzazione della sanità pubblica regionale.

Dal 2016 la regione ha aumentato di 2 milioni di euro il budget per la sanità privata! Gli ospedali pubblici di rete e di polo sono stati chiusi, il 16% dei posti letto ospedalieri è stato privatizzato, la lungo degenza e la riabilitazione pubblica sono state spazzate via, il 60% complessivo è in mano privata.

Su un totale di circa 900 (novecento) strutture pubbliche socio sanitarie (tipo casa di riposo o similare) il 41% è stato privatizzato (il 77% di posti letto). Dopo la fine delle giunte di centro-sinistra (2010), con gli “strateghi” Spacca e Ucchielli, la privatizzazione della sanità è stata lenta ma inesorabile, ed è passata quasi senza colpo ferire se non fosse stato per le critiche del sindacato, in particolare della Cgil.

La privatizzazione nelle Marche ha assunto una vera e propria forma di “Cartello”! Infatti si è creata una rete di impresa denominata “Casa di cura delle Marche”, che raggruppa le principali cliniche private e che ha già percepito tra Stato e Regione 54 milioni di euro (più 2 milioni di euro rispetto al 2014) ai quali vanno aggiunti 37 milioni di euro per un “progetto” che doveva attrarre mobilità attiva e ridurre quella passiva. Ma abbiamo visto con quali risultati.

Sono stati chiusi gran parte dei piccoli e medi ospedali, comprese strutture socio sanitarie con il pretesto dei costi eccessivi per il sistema pubblico, e contestualmente, sono stati erogati a privati circa 93 milioni di euro! Si badi bene, questo è un punto delicato e gravissimo; la privatizzazione non ha dato continuità al servizio che prima garantiva il pubblico, ma è finita nel profitto e nelle aree più popolate e gran parte dell’entroterra regionale è stato spogliato dei presidi sanitari pubblici.

Sprechi, spese improprie e cattiva gestione esistono ma non devono essere, come dicevo, pretesti. Vanno eliminati gli sprechi e i problemi risolti!

Occorre una proposta seria e realizzabile da parte della “politica”, in particolare della sinistra. L’attuale PCI (che si rifà alla politica del Partito Comunista Italiano di Enrico Berlinguer) accetta la sfida. In primo luogo si debbono abbattere le spese improprie eliminando quelle che sono diventate sovrastrutture dannose. Bisogna chiudere l’Asur (Azienda sanitaria unica regionale) e far coincidere le Asl (Aziende sanitarie locali) con le attuali Aree vaste in modo da passare dalle attuali 13 Asl a 5 una per ogni provincia. In secondo luogo integrare sanità e sociale e passare da 23 attuali ambiti territoriali per il sociale a 5, con meno dispersione e più soldi per le politiche sociali che debbono utilizzare i comuni. In terzo luogo chiudere l’Agenzia sanitaria regionale (Ars), una sorta di mega ufficio di comunicazione che con l’attuale sistema informatico diffuso non serve più.Va detto che tutto il personale dirigenziale di detti organismi è esterno, e costituito da liberi professionisti che hanno già un loro lavoro. Ridurre al massimo le “aziende ospedaliere” che sono Asl nelle Asl e portano via risorse al territorio. In una regione piccola come la nostra solo gli “ospedali riuniti di Ancona” hanno le caratteristiche di Azienda ospedaliera ed hanno fatto un percorso virtuoso di unificazione. Poi l’Istituto di Ricerca Geriatrica (Inrca) che dovrebbe relazionarsi con le lungo degenze territoriali al servizio di una popolazione anziana che aumenta, altrimenti che ricerca fa se rimane un corpo separato dalle criticità della salute del territorio. Come pure andrebbe sciolta l’Azienda ospedaliera “Marche Nord” Pesaro-Fano a favore di un unico ospedale visto che quell’Azienda è stata costituita ad uso clientelare, indebolendo e chiudendo i poli ospedalieri di tutta la provincia di P.U..

In questo contesto già è in atto la richiesta delle Province di Macerata, Fermo e Ascoli Piceno per altre aziende ospedaliere pur sapendo che sarà un suicidio per la sanità pubblica rimasta in quei territori. Occorre la riqualificazione e non la chiusura dei cosiddetti “piccoli ospedali” con un sistema di poliambulatori e posti di lunga degenza e riabilitazione per la popolazione anziana,nessuno chiede chirurgie o policlinici, ma presidi dotati di un punto di primo intervento almeno h 12/h24; sono esempi e proposte di risparmio che da sole bastano a smontare uno dei moventi della “legge Ceriscioli” sul poco utilizzo dei macchinari per la tac, risonanza magnetica, ecc.

Infatti se si potesse attuare quanto esposto, da subito, attraverso un accordo sindacale si potrebbero utilizzare tutti gli strumenti e macchinari della diagnostica della prevenzione pubblica (cosa decisiva per la salute) su tre turni (mattino pomeriggio e sera) con assunzioni di personale medico, infermieristico e tecnico, con una previsione che in 5 anni ciò porterebbe, attraverso la riduzione drastica della mobilità passiva, ad autofinanziare l’investimento fatto con la consapevolezza che “la salute non è merce di scambio”

Non serve “regalare” a società private strumenti delicatissimi e strutture pubbliche, realizzate con lotte e sacrifici di intere generazioni, per una sanità pubblica e di qualità, sull’altare di un mix di ideologia e di pressioni da parte dei poteri forti.

Il disastro elettorale sembra non essere servito al Pd che continua con scelte neo liberiste; ma deve servire a noi che non dobbiamo inseguire scorciatoie liberiste. Dobbiamo avanzare le nostre proposte, sapendo che ci sono giusti rapporti di forza, senza per questo rinunciare a battersi per una società di tipo socialista".

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