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Estate e gambe gonfie, la salute delle vene: intervista al medico flebologo Daniele Travaglini

Estate e gambe gonfie, la salute delle vene: intervista al medico flebologo Daniele Travaglini

Gambe stanche e pesanti, formicolii, piedi e caviglie gonfi: sono disturbi che accomunano molte persone, soprattutto donne, principalmente durante l’estate.

Ciò è dovuto a un malfunzionamento più o meno serio dell’apparato circolatorio, la rete di vasi sanguigni entro cui il sangue fluisce per raccogliere l’ossigeno immesso attraverso la respirazione e trasportarlo a tutte le cellule del nostro corpo.

Nello specifico, questo compito è assolto dalle arterie, che, partendo dal cuore, portano sangue carico di ossigeno e nutrimento alle periferie del corpo. Da qui, il sangue deossigenato ritorna al cuore attraverso le vene.

Se le arterie possono contare sull’azione del cuore, che pompa il sangue al loro interno, le vene si affidano ad un proprio “impianto idraulico” per ricondurre il sangue dalle zone periferiche del corpo a quelle centrali.

Va da sé che, soprattutto a livello degli arti inferiori, la risalita del sangue può risultare difficoltosa a causa della forza di gravità. In molti casi ciò dà luogo a fastidi transitori, magari legati a una postura eretta protratta per troppo tempo, a calzature scomode o alle alte temperature che, dilatando le vene, ne ostacolano ulteriormente il lavoro. 

Problemi seri sorgono invece quando si innescano delle vere e proprie flebopatie, come insufficienza venosa, flebite e tromboflebite profonda. La prima è una patologia cronica abbastanza frequente che ha luogo proprio nel momento in cui una vena importante (ad esempio la vena grande safena) diviene incontinente, cioè incapace di far risalire il sangue verso il cuore, determinandone il ristagno o la circolazione inversa.

La vena in questione assume inoltre un antiestetico aspetto rigonfio e contorto, dando origine ad una varice, o vena varicosa. Chi presenta questa problematica rischia inoltre la formazione di trombi; essi possono originarsi in una vena superficiale, dando luogo ad una flebite, o nelle vene profonde.

In quest’ultimo caso si parla di tromboflebite profonda, una condizione estremamente pericolosa dal momento che il trombo potrebbe staccarsi e, seguendo il ritorno venoso, giungere ai polmoni formando un embolo potenzialmente mortale. 

Ad occuparsi di queste dinamiche è il medico flebologo, perciò abbiamo chiesto delucidazioni al dottor Daniele Travaglini, medico flebologo di lunga esperienza e rappresentante SIF (Società Italiana di Flebologia) nella regione Marche.

Dott. Travaglini, quali sono i fattori di rischio per lo sviluppo di flebopatie?  

"I fattori di rischio dovuti essenzialmente a stili di vita sono l’obesità, la sedentarietà, il fumo e l’uso eccessivo di sale. Altro fattore di rischio importante è connesso alla genetica; la familiarità nelle flebopatie è da tenere in gran conto essendoci un riscontro molto frequente.

È da considerare per osservazioni obiettive e studi epidemiologici che le donne hanno una predisposizione maggiore per questo tipo di patologie. Si calcola che il rapporto donna/uomo sia di 3 a 1. Particolarmente frequenti soprattutto nelle donne in gravidanza e in quelle che fanno uso di contracettivi orali". 

Come prevenire l’insorgenza di una flebopatia?

"Esaminando i fattori di rischio, possono essere facilmente individuati gli elementi della prevenzione: una corretta alimentazione con uso moderato del sale, un’attività fisica misurata e costante, non fumare ed esaminare la casistica specifica nell’ambito familiare per sentirsi pronti ad ogni piccolo indizio sintomatico. L’eccessiva esposizione al sole nei mesi estivi con alta temperatura può essere un altro elemento aggravante". 

Come curare queste patologie e quali sono i rischi se vengono trascurate?

"L’esame da effettuare per analizzare lo stato delle nostre vene e controllare l’evoluzione di eventuali stati della patologia e i risultati della terapia e l’ecocolordoppler. Il rischio maggiore è la formazione di trombi che avviene soprattutto nelle flebopatie profonde.

Quando è riscontrata una flebopatia è compito del medico flebologo ridurre sia il rischio suddetto ,sia il peggioramento dello stato iniziale che può riservare disagi funzionali ed anche estetici. La terapia per eliminare il trombo della vena è prevalentemente farmacologica, per mezzo di farmaci anticoagulanti. 

È inoltre indispensabile usare dei tutori (calze) elastici, che velocizzano il flusso sanguigno, supplendo all'ostruzione del vaso e ripristinando una corretta circolazione. Il farmaco di prima linea per combattere la Trombosi Venosa Profonda è l'eparina, con i suoi derivati di base e di uso comune.

La moderna medicina ha sviluppato già da anni farmaci anticoagulanti comodamente assumibili per via orale da prendersi però sotto stretto controllo medico.

In ambito chirurgico per le varici ci sono trattamenti endovascolari, che mirano a chiudere i vasi senza eliminarli fisicamente. Essi si dividono in trattamento con radiofrequenza e trattamento laser.

Entrambe le tecniche, termoablative, sono mirate all’occlusione del tronco safenico. Sono procedure mini-invasive, cioè non prevedono ferite chirurgiche. Possono essere eseguite in anestesia locale con/senza tumescenza, praticata dallo stesso operatore che esegue la termoablazione, risultando molto adatte a un trattamento realmente ambulatoriale”. 

Quali sono le nuove frontiere della riabilitazione vascolare? 

"Una delle pratiche riabilitative vascolari e soprattutto flebologiche era ed è ancora la passeggiata lungo la riva del mare con acqua salata ed ondulata che arriva fino al bacino. Da sempre anche la terapia termale ha avuto attenzione al trattamento vascolare con camminamenti in acqua minerale.

I principi riabilitativi sono gli stessi della passeggiata in riva al mare, ma in questo caso è tutto più mirato ed organizzato e l’acqua può offrire l’azione di più minerali.

Negli ultimi anni un bel percorso di studio e ricerca è stato fatto tra la SIF (Società Italiana di Flebologia) e Federterme per arrivare a degli ulteriori protocolli sperimentali. Qui nelle Marche vi sono stati  il primo confronto  di collaborazione e la prima applicazione dei principi della ricerca".

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