Clima e salute: un rapporto sempre più intenso e variegato
La fine dell’estate è un periodo di malinconia; chi ha goduto di ferie e vacanze torna alla solita routine con un po’ di tristezza per il bel tempo ormai passato, chi ha lavorato durante i mesi estivi prospetta magari un periodo di riposo ma senza poter vivere a pieno lo splendore del mare e dei monti.
Tutti ci prepariamo all’imminente arrivo dell’autunno, preannunciato dal clima e i suoi fenomeni con un sensibile calo della temperatura –e questo può andar bene dopo le settimane di grande afa- ma anche con precipitazioni imprevedibili, molto violente in certe zone. Con la pioggia, ormai sempre copiosa, in pochissimo tempo fiumi, torrenti e perfino ruscelli possono passare da una secca evidente alla rottura degli argini, con danni ingenti per campi, strade e, a volte, abitazioni. Una descrizione apocalittica ma reale, che si presenta continuamente ad ogni perturbazione e non più come fenomeno eccezionale ed isolato, circoscritto in poco tempo.
Il riscaldamento climatico, l’accumulo di grande energia negli strati atmosferici sono alla base dell’insofferenza del nostro pianeta, dell’incertezza a cui tutti dobbiamo sottostare, dei pericoli per cose e persone che all’improvviso bisogna fronteggiare.
È ancora poco osservato e studiato, ma il legame tra la nostra salute e la violenza della natura quando si intersecano forze dirompenti deve ormai richiamare la nostra attenzione. Occorre stilare protocolli di prevenzione intervenendo anzitutto sulle cause dei cambiamenti climatici e tenendo conto dei possibili effetti. Case distrutte da ondate di fango, alberi sradicati, strade allagate, “chicchi” di grandine grandi come palline da tennis e duri come sassi, sono tutti elementi che feriscono e possono uccidere. Davanti ad una panoramica di questo tipo la gran parte di noi tende a rimanere inerte, quasi fatalista, confidando in un destino favorevole. Ma ci sono anche persone che vivono questa situazione con grande disagio, spesso associato a veri e propri attacchi di panico, sviluppando nuove forme di disturbi psicologici riconducibili alla cosiddetta “ecoansia”.
È ora (o forse è già tardi) di individuare precisamente ciò che nuoce alla nostra Terra fino ad indurla a farci del male. Se siamo ormai organizzati per combattere virus e batteri, dovremmo essere anche pronti a fronteggiare l’inquinamento da CO₂ ,nella convinzione che esso può provocare enormi danni alla nostra salute. Se qualcuno si impegna e dedica la vita alla ricerca e allo studio va ascoltato, ognuno di noi, nel suo piccolo, ha l’obbligo di seguirne i consigli e, soprattutto, occorre investire perché la ricerca di fonti energetiche alternative sia più idonea e veloce.
Il principio è sempre quello: la salute è il bene più grande, forse l’unico che abbiamo; una lunga vita di buona qualità l’obiettivo per tutti. Ne parliamo con il Professor Marco Materazzi professore associato alla Scuola di Scienze e Tecnologie (Sezione di Geologia) dell’Università di Camerino. Docente di Geomorfologia applicata e Idrogeologia.
Professor Materazzi esiste una relazione fra cambiamenti climatici e salute?
Sicuramente sì. I cambiamenti climatici incidono su alcuni “indicatori” importanti come temperatura, umidità tipologia ed intensità delle precipitazioni e velocità del vento. Ognuno di noi sa, per esperienza personale, che per risolvere problemi di salute più o meno gravi viene ad esempio richiesto di trascorrere periodi in luoghi con clima più “asciutto” piuttosto che in altri caratterizzati da ridotte escursioni termiche diurne o stagionali. Pertanto è evidente che il trend climatico che stiamo osservando in questi ultimi decenni, fortemente orientato all’estremizzazione di queste condizioni (incremento delle temperature medie, marcate escursioni termiche diurne e stagionali, temporali di forte intensità spesso associati a intense raffiche di vento, aumento dell’umidità in relazione alla sempre più frequente presenza di masse d’aria di origine tropicale…), costituisce un fattore di rischio per la salute umana.
Quali sono i rischi per la salute umana legati ai cambiamenti climatici?
In realtà esistono rischi diretti e indiretti. I rischi diretti sono quelli legati agli eventi atmosferici. Colpi di calore o condizioni di afa, sono ricorrenti quando associati a masse d’aria di origine tropicale mentre il fenomeno della grandine, sempre più frequente, mette a rischio l’incolumità delle persone sia che si muovano a piedi o anche in auto. Anche il vento diventa un fattore di alto rischio. Le forti raffiche possono provocare incidenti ai pedoni o agli automobilisti ma possono provocare anche pericolose cadute di alberi; inoltre, quando associato a lunghi periodi di siccità, il forte vento può alimentare gli incendi boschivi che, spesso originati anche per cause (dolo o mancanza di attenzione) legate all’uomo, mettono a rischio la salute umana anche solamente per il peggioramento della qualità dell’aria. Su più ampia scala, fra l’altro, il fenomeno delle tempeste di vento (wind storms) sta diventando sempre più frequente; tutti ricordiamo il ciclone Vaia che nel 2018 colpì i territori del Veneto, Trentino, Alto Adige, Friuli Venezia Giulia, coinvolgendo oltre 40,000 ha di territorio con la caduta di moltissimi alberi, ed è solo di qualche giorno fa la notizia di un fenomeno, simile, però su scala ridotta, in Liguria.
Poi ci sono le conseguenze indirette dei fenomeni atmosferici. Le piogge intense e/o prolungate possono innescare fenomeni franosi, come le colate di detrito che, essendo processi veloci e che si attivano senza evidenza alcuna, possono essere estremamente pericolosi; tali fenomeni fra l’altro si attivano spesso in aree precedentemente degradate proprio dagli incendi che distruggono la vegetazione di copertura. Eventi pluviometrici estremi come i “temporali autorigeneranti”, anch’essi sempre più frequenti provocano fenomeni alluvionali con corsi d’acqua che, anche per una gestione non corretta, non sono in grado di “sopportare” le enormi masse d’acqua prodotte; l’alluvione di Senigallia del 2022 e gli ultimi eventi che hanno coinvolto l’Emilia Romagna, che hanno causato vittime e disagi anche di carattere psicologico e sociale (quindi comunque legati alla salute della persona) sono solamente gli ultimi di una lunga serie.
Quali azioni possono essere messe in campo per mitigare questi effetti sulla salute umana?
Anche in questo caso bisogna parlare di azioni specifiche per le persone e di azioni dirette a mitigare gli impatti. Per quanto riguarda gli effetti diretti sulle persone, sta al personale medico suggerire comportamenti e rimedi volti a mitigare questo rischio, come organizzare le attività quotidiane per tener conto di condizioni climatiche sfavorevoli e tutelare le persone più fragili. Per quanto riguarda le conseguenze indirette si parla da anni di prevenzione per ridurre il rischio idrogeologico, con interventi sia strutturali (opere di difesa idrauliche o di sistemazione dei versanti) sia non strutturali (cambiamento delle tecniche agricole, manutenzione ordinaria e straordinaria dei corsi d’acqua, corretta pianificazione territoriale (ridurre la presenza stabile nelle aree a rischio elevato). Si parla però anche di “adattamento” ai cambiamenti climatici; una corretta informazione sui rischi e sulle norme comportamentali da osservare in caso di eventi catastrofici (al pari di quanto si fa per il rischio sismico) sarebbe sicuramente da prevedere ed incentivare.
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